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Medici, previdenza: che cosa succede con il compimento del 65esimo anno d'età

Previdenza Redazione DottNet | 08/09/2024 17:35

Se il medico o l’odontoiatra dipendente, a 65 anni di età, ha raggiunto il diritto alla pensione (cioè ha 42 anni e 10 mesi di anzianità contributiva più tre mesi di finestra se uomo e 41 anni e 10 mesi se donna), deve essere collocato a riposo

Quello dei 65 anni di età è un limite che per l’immaginario dei lavoratori coincide con il raggiungimento dell’età pensionabile. Dopo i 65 anni, si diceva una volta, si va finalmente in pensione. Ma ormai sappiamo bene che non è più così: l’età per la pensione di vecchiaia è ormai di 67 anni, mentre (salvo canali di uscita eccezionali di solito poco convenienti), per la pensione anticipata occorrono 42 anni e 10 mesi di anzianità contributiva (più altri tre mesi di finestra), ed un anno in meno per le donne.

Il limite dei 65 anni mantiene però una sua valenza per i dipendenti pubblici a tutti gli effetti. Ciò avviene nel caso dei medici e degli odontoiatri dipendenti dei Ministeri (ad esempio della Salute, degli Interni, della Protezione Civile, ecc.), ovvero di enti del parastato (Inps ed Inail), con esclusione di tutti quelli che svolgono la loro attività in convenzione o come liberi professionisti puri.

Bando, però, agli entusiasmi. Il fatto è che l’articolo 12 della legge 20 marzo 1975, n. 70 (tuttora vigente) prevede appunto che il limite massimo d’età per la permanenza in servizio dei dipendenti degli enti pubblici è individuato dal compimento del 65° anno di età in quanto: "La cessazione del rapporto di impiego […] può avvenire: […] per collocamento a riposo dal primo del mese successivo a quello del compimento del 65° anno di età".

Su questa base, in un momento successivo, si è andato ad innestare l’articolo 2, comma 5, del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, convertito dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125, che ha fornito l’interpretazione autentica dell’articolo 24, comma 4, secondo periodo, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214. Tale ultima norma, dunque, va interpretata nel senso che per i lavoratori dipendenti delle pubbliche amministrazioni il limite ordinamentale, previsto dai singoli settori di appartenenza per il collocamento a riposo d'ufficio e vigente alla data di entrata in vigore del decreto-legge stesso, non è modificato dall'elevazione dei requisiti anagrafici previsti per la pensione di vecchiaia e costituisce il limite non superabile, se non per il trattenimento in servizio o per consentire all'interessato di conseguire la prima decorrenza utile della pensione ove essa non sia immediata, al raggiungimento del quale l'amministrazione deve far cessare il rapporto di lavoro o di impiego se il lavoratore ha conseguito, a qualsiasi titolo, i requisiti per il diritto a pensione."

Cosa significa tutto ciò? In parole povere, che se il medico o l’odontoiatra dipendente, a 65 anni di età, ha raggiunto il diritto a pensione (cioè ha 42 anni e 10 mesi di anzianità contributiva più tre mesi di finestra se uomo e 41 anni e 10 mesi se donna), deve essere obbligatoriamente collocato in pensione. In caso contrario (la quasi totalità delle situazioni), il rapporto di lavoro deve essere prolungato oltre tale età, al fine di consentire al dipendente di conseguire il diritto a pensione. Sulla base delle circolari ministeriali successive, si possono identificare quattro fattispecie:

    • il dipendente raggiunge il requisito minimo di anzianità contributiva per la pensione anticipata (42 anni e 10 mesi più tre mesi di finestra) prima del compimento dei 67 anni di età: il rapporto si conclude in quel momento;
    • il dipendente raggiunge i 20 anni di contribuzione (requisito minimo per la pensione di vecchiaia) dopo il compimento dei 65 anni e prima del compimento dei 67 anni: il rapporto va fatto proseguire, su richiesta, sino a 67 anni;
    • il dipendente raggiunge i 20 anni di contribuzione dopo il compimento dei 67 anni: il rapporto va fatto proseguire, su richiesta, sino a quel momento e non oltre i 70 anni di età;
    • il dipendente non raggiunge né il requisito minimo dei 42 anni e 10 mesi né quello dei 20 anni entro i 70 anni di età: a 65 anni l’amministrazione deve risolvere unilateralmente il rapporto di lavoro.

Queste sono le ipotesi che interessano i dipendenti in generale. Va comunque precisato che, con riguardo al solo personale medico ed odontoiatrico, i commi 164 e 165 dell’art.1 della legge 30 dicembre 2023, n.213 prevedono che, a decorrere dal 1° gennaio 2024, i medici di ruolo possano presentare domanda di autorizzazione per il trattenimento in servizio oltre il vigente limite ordinamentale di 65 anni di età e, comunque, non oltre il settantesimo anno di età. Quindi, anche nella quarta ipotesi (come ovviamente in tutte le altre), i medici possono scegliere di restare in servizio fino a 70 anni, a prescindere dal conseguimento del diritto a pensione. 

Tale diritto al trattenimento in servizio va comunque formalizzato dal medico con un’apposita domanda da presentare all’Amministrazione di appartenenza preferibilmente almeno sei mesi prima del raggiungimento del 65° anno di età.

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