Cumulo fra compensi derivanti da incarichi conferiti nell'emergenza Covid al personale sanitario in quiescenza e trattamento pensionistico: il punto sulla situazione
Su richiesta di molti interessati, rifacciamo il punto della normativa in tema di effetti sui trattamenti pensionistici derivanti dal conferimento di incarichi a medici in quiescenza, per fare fronte all’emergenza sanitaria da COVID-19. Dall’inizio della pandemia si è assistito all’introduzione di varie norme aventi l’obiettivo di aumentare le risorse di personale medico, attraverso forme di reclutamento più snelle, destinate anche a sanitari collocati in quiescenza.
Tali norme hanno consentito, in deroga alla disciplina vigente, il conferimento di incarichi, principalmente di lavoro autonomo o di collaborazione coordinata e continuativa, anche a soggetti che prima della diffusione del virus non avrebbero potuto ricoprirli.
E’ opportuno inoltre notare che l’art. 1, comma 461, della legge n. 178 del 30 dicembre 2020 (Legge di bilancio 2021), per garantire la piena attuazione del piano vaccinale straordinario della popolazione (art. 1, comma 457), ha previsto un’altra forma di reclutamento dei medici in quiescenza. A partire dal 1° gennaio 2021, infatti, per concorrere allo svolgimento dell’attività di profilassi vaccinale, i medici pensionati possono essere assunti dalle Agenzie di lavoro, con contratto di lavoro subordinato a tempo determinato in somministrazione. In questo caso, dunque, i relativi contributi sono corrisposti all’INPS. Tenendo conto anche dell’interpretazione fornita dall’Istituto con circolare n. 70 del 26 aprile 2021, per tale tipologia di incarichi non è prevista alcuna incumulabilità con il trattamento pensionistico (di vecchiaia o anticipato anche presso l’Enpam).
Fattispecie diversa è quella prevista all’art. 2-bis, comma 5, del decreto-legge n. 18 del 17 marzo 2020 (inserito dalla legge di conversione 24 aprile 2020, n. 27), la cui efficacia, in ragione del perdurare dello stato di emergenza, è stata prorogata, ex art. 4, comma 7, del decreto-legge 30 dicembre 2021, n. 228, sino al 31 marzo 2022. In particolare, la disposizione dell’art. 2-bis, comma 5, consente anch’essa alle Regioni, una volta esaurite tutte le opportunità di utilizzo di personale in servizio, di conferire, soltanto sino a che perduri lo stato di emergenza, incarichi di durata non superiore a sei mesi di lavoro autonomo, anche di collaborazione coordinata e continuativa a dirigenti medici, veterinari e sanitari nonché al personale del ruolo sanitario del comparto sanità, collocati in quiescenza.
In virtù della norma di interpretazione autentica di cui all’articolo 34, comma 9, del decreto-legge 25 maggio 2021, n. 73, in combinato disposto con l’art. 4, comma 8, del decreto-legge n. 228/2021 citato, la remunerazione dell’incarico di lavoro autonomo, anche di collaborazione coordinata e continuativa, conferito ai sensi dell’art. 2-bis, comma 5, è cumulabile con il trattamento pensionistico anche per il primo trimestre dell’anno 2022. Pertanto, qualora al professionista in pensione sia conferito un incarico ai sensi dell’art. 2-bis, comma 5, sopra citato, i relativi compensi e il trattamento pensionistico possono essere cumulati, allo stato attuale, sino al 31 marzo 2022.
Resta fermo, al contrario, che il conferimento di incarichi - con scadenza non oltre il 31 dicembre 2022 - ai sensi dell’art. 3-bis del decreto-legge n. 2/2021, impone al pensionato di scegliere se mantenere il trattamento pensionistico oppure la remunerazione per l’incarico medesimo. In merito l’Inps, a seguito dell’introduzione della possibilità di optare per il mantenimento del trattamento pensionistico o per l’erogazione dei compensi per incarichi legati all’emergenza COVID-19 (art. 3-bis del decreto-legge n. 2/2021 come novellato dall’art. 34, comma 8 del decreto-legge n. 73/2021), già prima, quindi, della proroga sino al 31 marzo 2022, con la circolare n. 172 del 15 novembre 2021, ha chiarito che le aziende sanitarie e socio-sanitarie sono tenute a trasmettere il contratto di lavoro che riporti la decorrenza e la durata dello stesso, l’opzione effettuata dall’interessato ed eventualmente i mesi a partire dai quali viene corrisposta la retribuzione.
Pertanto, laddove il sanitario abbia optato per la retribuzione derivante dall’incarico, l’Istituto provvede a sospendere la pensione di vecchiaia a decorrere dal mese in cui è stata corrisposta la retribuzione e fino alla scadenza dell’incarico e verosimilmente lo stesso sarà costretto a fare anche l’Enpam, su indicazione del medesimo Istituto. Ma cosa sta accadendo sul territorio in questi giorni? Diverse Asl, visto che lo stato di emergenza cesserà definitivamente il 31 marzo, si stanno affrettando a stipulare contratti semestrali, anche con decorrenza retroattiva, trattandosi dell’ultimo treno per richiamare in servizio i pensionati.
Questi ultimi si trovano tuttavia disorientati perché, fermo restando che potranno continuare a percepire insieme stipendio e pensione fino alla fine del mese, si chiedono se dovranno effettuare particolari adempimenti per il periodo successivo, e quali dovranno essere. La citata circolare Inps 172/2021, infatti fa riferimento ai soli incarichi ex decreto legge 2/2021 (i meno numerosi), nulla stabilendo per quelli ex decreto legge 18/2020. Anche senza essere indovini, è facile tuttavia ritenere che, con la fine dello stato di emergenza, anche il regime temporaneo di cumulabilità stipendio/pensione non sia più prorogato, sicché è bene che chi percepisce pensioni consistenti (salvo novità dell’ultimo minuto) si prepari ad una precipitosa uscita di scena.
"Il testo della legge di Bilancio approvato dalla Camera non contiene alcun riferimento alla volontà di vincolare al rinnovo dei contratti collettivi l’accreditamento delle strutture sanitarie private al SSN"
"Però on basta, perché i medici vanno incentivati con ulteriori finanziamenti: se le remunerazioni rimangono le stesse non basta cambiare la sede in cui si stipulano i contratti"
Di Silverio, Quici, De Palma: Nonostante le promesse, le belle parole, gli apprezzamenti: nulla. Onotri: Non si sono trovate le risorse adeguate a sostenere la medicina convenzionata
Sarà del + 5,4% la percentuale di variazione per il calcolo della perequazione delle pensioni a partire dal 1° gennaio 2024, alla luce dell’inflazione registrata dall’Istat fra l’anno 2022 e l’anno 2023
Se il medico o l’odontoiatra dipendente, a 65 anni di età, ha raggiunto il diritto alla pensione (cioè ha 42 anni e 10 mesi di anzianità contributiva più tre mesi di finestra se uomo e 41 anni e 10 mesi se donna), deve essere collocato a riposo
Quando ad essere accentrati sono periodi contributivi particolarmente lunghi, il costo può diventare importante e divenire un deterrente spesso insuperabile
L’integrazione, in Enpam, è curata dal Servizio Trattamento Giuridico e Fiscale delle Prestazioni, dell’Area della Previdenza.
Il cedolino è già disponibile, mentre i pagamenti partiranno a inizio mese
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