Sarà del + 5,4% la percentuale di variazione per il calcolo della perequazione delle pensioni a partire dal 1° gennaio 2024, alla luce dell’inflazione registrata dall’Istat fra l’anno 2022 e l’anno 2023
Il Decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze, di concerto con il Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali 15 novembre 2024, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 278 del 27 novembre 2024, ha confermato nel + 5,4% la percentuale di variazione per il calcolo della perequazione delle pensioni a partire dal 1° gennaio 2024, alla luce dell’inflazione registrata dall’Istat fra l’anno 2022 e l’anno 2023. Per questo motivo l’importo definitivo per l’anno 2024 della pensione minima INPS è stato anch’esso confermato in € 598,61= per tredici mensilità. A differenza dello scorso anno, quindi, gli aventi diritto non beneficeranno di alcun conguaglio per l’annualità in corso.
Il medesimo decreto fa presente che la variazione percentuale verificatasi negli indici dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati, senza tabacchi, tra il periodo gennaio-dicembre 2023 ed il periodo gennaio-dicembre 2024 è risultata pari a + 0,8%, considerando valori ipotetici per gli ultimi tre mesi dell’anno.
All’Enpam, che non corrisponde da regolamento la tredicesima mensilità, questi importi vanno riproporzionati su base 12. Quindi, la pensione erogata dal Fondo di previdenza generale sarà integrata per il 2024 sino all’importo di € 7.781,93= annui, pari a € 648,50= mensili, mentre per il 2025 sarà integrata sino all’importo di € 7.844,20= annui, pari a € 653,68= mensili. Ai fini del riconoscimento del diritto all’integrazione al minimo della pensione, allo stato, è necessario che:
per l’anno 2024 (importi definitivi), gli eventuali altri redditi del pensionato siano inferiori ad € 15.563,86= e, cumulati con quelli del coniuge, se esistente e non separato o divorziato, non superino l’importo di € 31.127,72=;
per l’anno 2025 (importi provvisori), gli eventuali altri redditi del pensionato siano inferiori ad € 15.688,40= e, cumulati con quelli del coniuge, se esistente e non separato o divorziato, non superino l’importo di € 31.376,80=.
Proprio a causa della minore inflazione registrata nel 2024, il Governo, nella bozza della legge di Bilancio che vedrà la luce prima della fine dell’anno, ha eliminato i pesanti tagli sulle modalità di rivalutazione delle pensioni, che lo scorso anno avevano colpito molti dei trattamenti in erogazione, specialmente quelli di importo più consistente. Nel 2025 si dovrebbe quindi tornare alla normativa preesistente, con un meccanismo di rivalutazione a scaglioni (invece di quello per fasce). L’indicizzazione dovrebbe quindi essere:
del 100% per le pensioni di importo fino a 4 volte il trattamento minimo (2394.44 euro mensili lordi). In questi casi quindi l’aumento sarà integrale, e pari allo 0,8%.
del 90% per le quote di pensione di importo tra 4 e 5 volte il trattamento minimo (tra 2394.45 e 2933,06 euro mensili lordi), con un aumento di 0,72 punti percentuali.
del 75% per le quote di pensione di importo oltre 5 volte il trattamento minimo, con un aumento dello 0,6% effettivo degli importi.
Sempre se non ci saranno variazioni in sede di approvazione delle norme, le pensioni Inps (quelle dell’Enpam sono escluse) non superiori al trattamento minimo, godranno nel 2025 di una rivalutazione straordinaria del 2,2%. Inoltre ai pensionati esteri non verrà riconosciuta nessuna rivalutazione se titolari di pensioni di importo complessivo superiore al minimo Inps.
Nel 2024 questo adempimento dovrebbe avere un impatto minimo sugli interessati
Con il messaggio n. 3867 del 19 novembre scorso, l’Inps ha introdotto significative semplificazioni nell’assolvimento degli obblighi informativi e nelle modalità di versamento dei contributi relativi a questi soggetti
L'Enpam ha inviato anche una diffida a due avvocati che di recente hanno diffuso comunicazioni fuorvianti che lasciavano intendere che tutto fosse sospeso
Per quanti andranno in pensione nel 2025 c’è una buona notizia: la rivalutazione del montante contributivo sarà del 3,66%, in deciso aumento rispetto al 2,30% dello scorso anno
Se il medico o l’odontoiatra dipendente, a 65 anni di età, ha raggiunto il diritto alla pensione (cioè ha 42 anni e 10 mesi di anzianità contributiva più tre mesi di finestra se uomo e 41 anni e 10 mesi se donna), deve essere collocato a riposo
Quando ad essere accentrati sono periodi contributivi particolarmente lunghi, il costo può diventare importante e divenire un deterrente spesso insuperabile
L’integrazione, in Enpam, è curata dal Servizio Trattamento Giuridico e Fiscale delle Prestazioni, dell’Area della Previdenza.
Il cedolino è già disponibile, mentre i pagamenti partiranno a inizio mese
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