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Il consumo di vino in una quantità piccola o moderata può ridurre il pericolo di gravi malattie cardiovascolari nelle persone ad alto rischio

Cardiologia Redazione DottNet | 20/12/2024 08:24

Lo rivela una ricerca guidata da Ramon Estruch, dell'Università di Barcellona e dell'Hospital Clinic Barcelona, in Spagna, pubblicata sull'European Heart Journal

Il consumo di vino in una quantità piccola o moderata può ridurre il pericolo di gravi malattie cardiovascolari nelle persone ad alto rischio che seguono una dieta mediterranea. Lo rivela una ricerca guidata da Ramon Estruch, dell'Università di Barcellona e dell'Hospital Clinic Barcelona, in Spagna, pubblicata sull'European Heart Journal. Studi precedenti sugli effetti del vino sulla salute cardiovascolare hanno prodotto risultati incoerenti.

Ciò potrebbe essere dovuto in parte al fatto che la ricerca spesso si basa sul fatto che le persone riferiscano quanto vino bevono.

Invece, nel nuovo studio, i ricercatori hanno misurato la quantità di una sostanza chimica, chiamata acido tartarico, nelle urine dei partecipanti. I ricercatori affermano che questa è una "misura oggettiva e affidabile" del consumo di vino. La nuova ricerca fa parte di uno studio spagnolo più ampio che indaga l'effetto di una dieta mediterranea, ricca di olio d'oliva, verdure, frutta, noci e pesce e povera di cibi e bevande dolci o trasformati, su persone con un rischio più elevato di sviluppare malattie cardiovascolari.

Tutte le persone che hanno preso parte allo studio non avevano malattie cardiovascolari all'inizio dello studio, ma avevano il diabete di tipo 2 o una combinazione di fattori di rischio per malattie cardiovascolari come fumo, pressione alta, colesterolo alto, sovrappeso o una storia familiare di malattie cardiovascolari. Oltre a compilare questionari su cosa mangiavano e bevevano, i partecipanti hanno fornito campioni di urina all'inizio dello studio e dopo un anno di dieta mediterranea. L'acido tartarico è una sostanza chimica che si trova naturalmente nell'uva e nei prodotti derivati dall'uva come il vino. L'acido tartarico viene escreto nelle urine, il che significa che può essere misurato per mostrare se qualcuno ha consumato vino o uva negli ultimi cinque o sei giorni.

Per studiare l'effetto del bere vino, i ricercatori hanno incluso un totale di 1.232 partecipanti, che sono stati seguiti per quattro o cinque anni e durante quel periodo, si sono verificati 685 casi di malattie cardiovascolari, come infarto, rivascolarizzazione coronarica, ictus o morte per malattie cardiovascolari. In questo gruppo di persone ad alto rischio di malattie cardiovascolari che seguivano una dieta mediterranea, i ricercatori hanno scoperto che il rischio di sviluppare un evento cardiovascolare era ridotto del 50% nei bevitori di vino da leggeri a moderati, definiti come coloro che consumavano da mezzo a un bicchiere di vino al giorno, rispetto a coloro che ne bevevano pochissimo o niente.

Bere poco, tra un bicchiere a settimana e meno di mezzo bicchiere al giorno, riduceva il rischio cardiovascolare del 38%. Tuttavia, questo effetto protettivo non era presente nelle persone che bevevano più di un bicchiere al giorno. I ricercatori hanno preso in considerazione altri fattori che notoriamente influenzano il rischio di malattie cardiovascolari, ma riconoscono che la progettazione dello studio consente di dimostrare solo un legame tra il consumo di vino e gli eventi cardiovascolari, e che non si possono escludere altri fattori.

"Misurando l'acido tartarico nelle urine, insieme a questionari su cibo e bevande, siamo stati in grado di effettuare una misurazione più accurata del consumo di vino - ha affermato Estruch -. Abbiamo riscontrato un effetto protettivo molto maggiore del vino rispetto a quello osservato in altri studi: una riduzione del rischio del 50% è molto più elevata di quella che si può ottenere con alcuni farmaci, come le statine. Questo studio esamina l'importanza di un consumo moderato di vino all'interno di un modello alimentare sano, come la dieta mediterranea", ha spiegato Estruch.

"Finora, credevamo che il 20% degli effetti della dieta mediterranea potesse essere attribuito al consumo moderato di vino; tuttavia, alla luce di questi risultati, l'effetto potrebbe essere ancora maggiore. I partecipanti al nostro studio erano persone anziane ad alto rischio di malattie cardiovascolari che vivevano in un paese mediterraneo, quindi i risultati potrebbero non essere applicabili ad altre popolazioni. Un'altra domanda chiave è a quale età il consumo moderato di vino potrebbe essere considerato 'accettabile'", ha suggerito Estruch.

"Studi recenti indicano che gli effetti protettivi del consumo di vino si osservano a partire dall'età di 35-40 anni ed è anche importante notare che il consumo moderato per le donne dovrebbe sempre essere la metà di quello degli uomini e dovrebbe essere consumato durante i pasti", ha evidenziato Estruch. "La relazione tra consumo di alcol, in particolare vino, e rischio di malattie cardiovascolari, CVD, rimane un argomento di dibattito in corso nonostante decenni di ricerche correlate; numerosi studi hanno suggerito che un consumo moderato di vino, spesso definito come un bicchiere al giorno, preferibilmente durante i pasti, è associato a un rischio ridotto di mortalità totale e CVD", hanno affermato Giovanni de Gaetano, dell'IRCCS NEUROMED, di Pozzilli, in Italia e colleghi in un editoriale di accompagnamento.

Tuttavia, questo apparente effetto protettivo è offuscato da persistenti incertezze. "L'articolo di Inès Domìnguez-Lòpez e colleghi, pubblicato in questo numero dell'European Heart Journal, getta nuova luce su questa complessa relazione introducendo un biomarcatore oggettivo, l'acido tartarico urinario, come misura del consumo di vino e fornisce prove convincenti della sua associazione con un rischio CVD inferiore", hanno commentato i ricercatori.

Tuttavia, Domìnguez-Lòpez e colleghi hanno sottolineato anche la complessità dello studio degli effetti dell'alcol sulla salute. Secondo gli scienziati, mentre i biomarcatori come l'acido tartarico urinario forniscono una misura più oggettiva dell'esposizione al vino, non catturano il contesto più ampio del consumo di alcol, come i modelli di consumo, i fattori dello stile di vita e le possibili interazioni con altri componenti dietetici. Questa limitazione sottolinea la necessità di una ricerca più raffinata che catturi la complessità dei modelli dietetici e il loro impatto sulla salute.

"Lo studio rappresenta un importante passo avanti nella nostra comprensione della complessa relazione tra consumo di vino e salute cardiovascolare", hanno dichiarato gli autori. Sfruttando l'acido tartarico urinario come biomarcatore oggettivo, gli autori forniscono solide prove che un consumo moderato di vino è associato a un rischio CVD inferiore in una popolazione mediterranea ad alto rischio cardiovascolare. Il lavoro non solo evidenzia il valore dei biomarcatori oggettivi nell'epidemiologia nutrizionale, ma supporta anche l'idea che un consumo di vino da leggero a moderato possa far parte di una dieta sana per il cuore. Tuttavia, i risultati ricordano anche i rischi associati a livelli più elevati di consumo, sottolineando l'importanza della moderazione. "La ricerca futura dovrebbe continuare a esplorare il potenziale dei biomarcatori nello svelare gli intricati collegamenti tra abitudini alimentari, stile di vita e risultati sulla salute", hanno dichiarato gli autori.

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