Lo dimostra uno studio italiano pubblicato sull''International Journal of Cardiology', frutto di una collaborazione tra ricercatori del Dipartimento di Scienze biomediche per la salute dell' università Statale di Milano e dell' Irccs Policlinico San
Lo dimostra uno studio italiano pubblicato sull''International Journal of Cardiology', frutto di una collaborazione tra ricercatori del Dipartimento di Scienze biomediche per la salute dell' università Statale di Milano e dell' Irccs Policlinico San Donato
I farmaci incretino-mimetici, una famiglia di principi attivi utilizzati nel trattamento di diabete di tipo 2 e obesità, riducono il grasso cardiaco in eccesso con effetti benefici su cuore e vasi. Lo dimostra uno studio italiano pubblicato sull''International Journal of Cardiology', frutto di una collaborazione tra ricercatori del Dipartimento di Scienze biomediche per la salute dell' università Statale di Milano e dell' Irccs Policlinico San Donato. Il tessuto adiposo epicardico (Epicardial adipose rissue, Eat) - ricordano dall' ateneo e dall' Istituto capofila del Gruppo San Donato - è un particolare grasso che ricopre le coronarie e il cuore, costituendone circa il 20% del peso totale.
In condizioni normali, Eat svolge un ruolo positivo: rappresenta la principale riserva energetica del muscolo cardiaco, e protegge il cuore con un' azione sia termogenica sia strutturale.
"Da diversi anni abbiamo concentrato le ricerche del nostro gruppo su Eat e il suo ruolo nelle malattie cardiovascolari - riferisce Alexis Elias Malavazos, responsabile del Centro di Dietetica, Educazione alimentare e Prevenzione cardiometabolica dell' Irccs Policlinico San Donato - Sappiamo infatti che a una 'pancia grassa' corrisponde un 'cuore grasso' e che l' eccesso di grasso epicardico genera un' azione infiammatoria direttamente sulle pareti delle arterie coronarie e sul muscolo cardiaco. Questa funzione pro-infiammatoria del grasso è un predittore indipendente di coronaropatia e di rischio metabolico. Ma questo nuovo lavoro, oltre a confermarne il ruolo di importante fattore di rischio, apre la strada alla considerazione di Eat come un vero e proprio target terapeutico su cui in futuro si potrà agire direttamente".
A ispirare lo studio milanese è stata l' osservazione, nella pratica clinica, dell' effetto dei farmaci incretino-mimetici sul cuore dei pazienti. Questi medicinali, comunemente usati nella terapia del diabete e dell' obesità, mimano l' azione delle incretine, ormoni normalmente prodotti dall' intestino, che stimolano il pancreas a produrre insulina e abbassano il glucosio nel sangue. Le persone diabetiche e obese in trattamento con incretino-mimetici presentano una riduzione molto importante (fino al 36%) dello spessore del grasso cardiaco, non correlata direttamente alla perdita di peso complessivo e al miglioramento del controllo del glucosio. Da qui l' idea che potesse esserci un' azione diretta di questi farmaci su Eat. "Abbiamo studiato campioni di Eat prelevato da pazienti affetti da patologia coronarica sottoposti a intervento chirurgico di bypass - spiega Elena Dozio, ricercatrice di Patologia clinica al Dipartimento di Scienze biomediche per la salute della Statale di Milano - e abbiamo riscontrato che Eat esprime una molecola specifica (Glp-1R) che funziona da recettore per le incretine e i cui livelli sono associati a geni che, oltre a ridurre la creazione di nuovo grasso (adipogenesi), promuovono l' ossidazione degli acidi grassi e il differenziamento delle cellule grasse da bianche a brune, favorendo quindi il dispendio energetico e la perdita di grasso. Attraverso l' azione su Eat deriva dunque un' importante funzione protettiva a livello del cuore".
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