L'Emilia Romagna è la Regione con il maggior numero di Case di Comunità con la presenza di medici e infermieri con 13 Cdc attive, seguita dalla Lombardia con 10 Case di comunità
AGENAS ha pubblicato i risultati del monitoraggio del secondo semestre 2024 sull’attuazione del Decreto del Ministero della salute 23 maggio 2022 n. 77 “Regolamento recante la definizione di modelli e standard per lo sviluppo dell’assistenza territoriale nel Servizio sanitario nazionale” (Clicca qui per scaricare il documento completo) da parte delle Regioni e Province Autonome di Trento e Bolzano. In particolare, il documento riporta in modo aggregato e sintetico i risultati del monitoraggio effettuato tramite il questionario informatizzato elaborato dall’Agenzia rispetto all’organizzazione territoriale da parte delle Regioni, nonché le informazioni relative alle Case della Comunità, Centrali Operative Territoriali, Ospedali di Comunità, Assistenza Domiciliare integrata e Cure palliative.
Su 1717 Case della Comunità previste dal DM77, al 20 dicembre 2024 ne erano dichiarate attive con almeno un servizio 485.
La legge prevede una presenza medica pari a 24 ore al giorno per 7 giorni a settimana nelle Case di Comunità hub e 12 ore al giorno per 6 giorni a settimana per quelle spoke. La presenza infermieristica è prevista per 12 ore al giorno per 7 giorni a settimana nelle strutture hub e 12 ore al giorno per 6 giorni a settimana nelle spoke.
La “presenza medica” è definita come disponibilità di un servizio di assistenza medica aperto a tutti gli utenti indipendentemente dall’iscrizione ad un determinato medico, senza necessità di prenotazione tipo ex guardia medica o continuità assistenziale. Questo servizio può essere erogato da un medico del ruolo unico di assistenza primaria durante l’attività su base oraria o da altro medico specificatamente dedicato. L’attività a ciclo di scelta tipo studio di medicina generale o aggregazione funzionale territoriale non rientra nella fattispecie salvo presenza di un accordo specifico che preveda l’accesso per qualsiasi utente. La “presenza infermieristica” è definita come disponibilità di un servizio di assistenza infermieristica con infermiere dedicato aperto a tutti gli utenti e senza necessità di prenotazione, come l’ambulatorio infermieristico.
Per quanto riguarda le COT, le Centrali operative territoriali, al 31 dicembre 2024 ne risultavano attive e pienamente funzionanti 612 rispetto alla programmazione CIS, delle quali 480 hanno concorso al raggiungimento del target di rilevanza comunitaria rendicontato dal Ministero della salute alla Commissione Europea. Delle 485 Case di comunità con almeno un servizio attivo a fine 2024, 138 erano in Lombardia, 125 in Emilia Romagna e poi a seguire il Veneto con 62 CdC, tallonata dalla Toscana con 42 strutture e dal Lazio con 38.
Sempre a livello regionale è l'Emilia Romagna la Regione con il maggior numero di Case di Comunità con la presenza di medici e infermieri con 13 Cdc attive, seguita dalla Lombardia con 10 Case di comunità. Nel Lazio ce ne sono 8, in Toscana 7, invece sono 2 in Veneto, Umbria e Molise, una in Liguria e nelle Marche. Quella invece con tutti i servizi obbligatori dichiarati attivi ma senza la presenza medica e infermieristica è la Lombardia con 46 strutture seguita dall’Emilia Romagna con 26 CdC. 13 quelle presenti nel Lazio, 11 in Toscana. e poi alla spicciolata seguono la Liguria con 5 strutture, il Veneto con 4, in Umbria sono 3, nelle Marche, Molise e Sicilia sono due. Una in Calabria.
Per quanto riguarda gli Ospedali di comunità con almeno un servizio dichiarato attivo, la maggiore presenza si registra in Veneto con 43 strutture attivate sulle 71 previste, in Lombardia ce ne sono 25 attivi su 64. In Emilia Romagna sono invece 21 gli ospedali di comunità attivi rispetto ai 48 previsti. 7 in Toscana (27 quelli previsti) e Umbria (16 quelli previsti), 3 in Sicilia su 48 previsti, 2 in Abruzzo (11 quelli previsti), sempre 2 in Liguria, Marche e Molise e infine 1 in Campania su 61 previsti e sempre 1 in Sardegna sui 33 previsti.
Quando manca un anno alla chiusura del piano previsto dalla missione 6 salute del Pnrr, sono state collaudate solo 38 Case di comunità su 1.038 previste, mentre hanno avviato i lavori 278 Ospedali di comunità su 307 programmati, ma con evidenti disparità territoriali a svantaggio del Sud del paese, dove le disuguaglianze sanitarie sono già più marcate”, afferma il segretario nazionale della Uil, Santo Biondo.
“Il vero nodo resta l’impiego delle risorse finanziarie: il rischio concreto è che non vengano spese per tempo, compromettendo gli obiettivi di rafforzamento del Sistema sanitario nazionale. A preoccupare maggiormente - ha sottolineato Biondo - è la carenza cronica di personale sanitario: per rendere operativa la medicina territoriale servirebbero almeno 1,4 miliardi di euro, destinati all’assunzione di infermieri, operatori socio sanitari e personale di supporto, oltre ai fondi per i medici necessari al funzionamento delle strutture. Tuttavia, il governo ha stanziato appena 250 milioni per il 2025 e altrettanti per il 2026. Emblematico - ha rimarcato il sindacalista della Uil - è il caso dell’infermiere di famiglia o di comunità, una figura innovativa introdotta dal Decreto ministeriale 77: per il corretto funzionamento della riforma ne servirebbero circa 30.000, ma ad oggi se ne contano appena 3.000 in servizio. Senza nuove assunzioni, il rischio concreto è che si proceda a un semplice travaso di personale dagli ospedali al territorio, aggravando la già critica situazione delle liste d’attesa e indebolendo il sistema sanitario nel suo complesso. Per far si che la medicina territoriale diventi una realtà concreta e non resti un’occasione mancata - ha concluso Biondo - servono investimenti strutturali e non misure tampone, così da garantire un diritto alla salute effettivo e universale”.
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