La tosse persistente influisce notevolmente sulla qualità della vita e sul benessere psico-sociale.[1]
Abstract
La tosse, sebbene sia un meccanismo difensivo naturale, può diventare debilitante e influire negativamente sulla qualità della vita, sia nei bambini che negli adulti. La sua gestione si basa su un approccio che combina farmaci tradizionali, come sciroppi e antitussivi, e terapie non farmacologiche. Sebbene i trattamenti più comuni possano alleviare temporaneamente i sintomi, non sempre sono efficaci, specialmente nei casi di tosse cronica. I farmaci emergenti che agiscono sui recettori P2X3 rappresentano una nuova frontiera nella gestione delle forme refrattarie, sebbene ulteriori studi siano necessari per confermare la loro sicurezza ed efficacia.
La tosse è un riflesso fisiologico protettivo deputato a liberare le vie aeree da secrezioni o a rimuovere materiali inalati.[1]
Le definizioni generalmente accettate di tosse negli adulti in termini di durata sono:[2]
La tosse acuta è solitamente causata da infezioni delle vie respiratorie superiori (IVRS), sostenute principalmente da virus.[1] È importante ricordare che altre cause possono scatenare la tosse acuta, come l’esposizione a irritanti (fumo di tabacco, inquinanti, odori, aerosol e polvere), aria fredda e/o secca, e allergeni, tipicamente pollini nei soggetti con febbre da fieno.[1]
La tosse cronica è spesso una condizione duratura e gravosa, che persiste per diversi anni e talvolta decenni per un numero sostanziale di pazienti, nonostante un intervento medico esaustivo.[2]
La tosse cronica di qualsiasi eziologia negli adulti è ampiamente considerata come una condizione di ipersensibilità, caratterizzata da tosse che spesso viene scatenata da esposizioni termiche, meccaniche o chimiche di bassa intensità.[2]
La gestione della tosse prevede un approccio multifattoriale che comprende sia strategie farmacologiche che non farmacologiche.[3] Gli interventi non farmacologici si concentrano su modifiche dello stile di vita, controllo ambientale e tecniche di respirazione, mentre la farmacoterapia mira ad alleviare i sintomi, affrontare la causa sottostante e migliorare la qualità di vita del paziente.[3]
La disidratazione della mucosa, unita agli stimoli meccanici, causati da muco denso, virus, batteri, sostanze irritanti e mediatori infiammatori, sono alla base della tosse acuta.[1] In questo contesto, la maggior parte dei benefici degli sciroppi per la tosse deriva dagli effetti fisici e chimici del loro veicolo, che esercita un’azione emolliente e lenitiva sulle mucose irritate.[1]
Gli sciroppi sono da tempo utilizzati nella gestione della tosse, offrendo sollievo sintomatico e favorendo il processo di recupero.[3] Sono progettati per alleviarne i sintomi sopprimendone lo stimolo, favorendo l’espettorazione del muco o affrontando la causa sottostante la tosse.[3]
Gli espettoranti sono farmaci che facilitano la rimozione del muco dal tratto respiratorio.[3] Il loro meccanismo d’azione si basa sulla stimolazione della secrezione di liquidi nelle vie aeree, che rende il muco più fluido e facile da eliminare.[3]
L’agente espettorante principale utilizzato negli sciroppi è la guaifenesina, ma esistono diversi estratti vegetali come uva, radice di liquirizia, Adhatoda vasica, Pinus sylvestris L.[3]
Gli antitussivi, invece, agiscono sul riflesso della tosse nel sistema nervoso centrale, sopprimendo direttamente il centro della tosse o riducendo la sensibilità dei recettori nel tratto respiratorio.[3]
I principali agenti antitussivi comprendono farmaci:[3]
Entrambe le categorie possono essere efficaci nel ridurre la frequenza e l’intensità della tosse, tuttavia, è fondamentale utilizzarli con cautela, poiché possono mascherare condizioni sottostanti e ostacolare la rimozione del muco nei casi di tosse produttiva.[3]
I beta-2 agonisti agiscono sui recettori beta-2 adrenergici situati nelle vie respiratorie, favorendo il rilassamento della muscolatura liscia e la dilatazione dei bronchi.[3] Questi farmaci sono frequentemente utilizzati per trattare disturbi respiratori come l’asma e la broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO), condizioni in cui la tosse è uno dei sintomi principali.[3]
I corticosteroidi hanno dimostrato una significativa efficacia nella gestione e nel trattamento della tosse.[3] Agiscono riducendo l’infiammazione delle vie aeree e sopprimendo il riflesso della tosse, migliorando così i sintomi e la qualità della vita dei pazienti.[3]
Nei bambini e negli adulti, molti dei farmaci più comunemente utilizzati per il trattamento della tosse acuta, però, non hanno dimostrato una reale efficacia per alleviare la tosse, come riportato da recenti studi e metanalisi.[1]
Per quanto concerne la gestione della tosse cronica, sono attualmente raccomandati diversi trattamenti.[2] I farmaci con il livello di raccomandazione più alto nelle linee guida della European Respiratory Society (ERS) sono i neuromodulatori, come la morfina a basse dosi, il gabapentin, il pregabalin e l’amitriptilina.[2]
In tale contesto, stanno emergendo nuovi trattamenti per la tosse cronica refrattaria (Refractory Chronic Cough, RCC).[2] Tra questi, il gefapixant, il primo farmaco di una nuova classe che agisce sui recettori P2X3 e P2X2/3, e altri composti più recenti come eliapixant, filapixant, BLU-5937 e sivopixant, che intervengono con meccanismi differenti.[3]
In studi clinici randomizzati controllati, il gefapixant ha dimostrato di ridurre la sensibilità del riflesso, la frequenza e la gravità della tosse rispetto al placebo nei pazienti con RCC.[2] Tuttavia, una percentuale significativa di pazienti trattati con gefapixant ha riportato alterazioni nel gusto.[2]
Studi preclinici e trial clinici iniziali suggeriscono che composti più selettivi per il recettore omotrimerico P2X3, come eliapixant, BLU-5937 e sivopixant, potrebbero ridurre maggiormente la frequenza e la gravità della tosse rispetto al gefapixant.[2] I dati indicano anche un minor rischio di effetti avversi sul gusto rispetto al gefapixant.[3]
Tuttavia, queste conclusioni vanno interpretate con cautela, poiché mancano studi comparativi diretti tra gli antagonisti dei recettori P2X3, e le differenze nei disegni degli studi, nella durata del trattamento, nella popolazione dei pazienti e negli effetti placebo rendono difficili i confronti.[2]
In conclusione, la gestione della tosse si avvale di una vasta gamma di terapie, che spaziano dai rimedi tradizionali come sciroppi per la tosse, espettoranti e antitussivi, fino ad agenti più moderni come i neuromodulatori.[1,3] Mentre i trattamenti convenzionali offrono un sollievo temporaneo e sintomatico, le terapie emergenti, come quelle che agiscono sui recettori P2X3, potrebbero aprire nuovi orizzonti per il trattamento delle forme più complesse di tosse.[2] Questi sviluppi potrebbero rivoluzionare la gestione della tosse, introducendo approcci più specifici rispetto ai farmaci tradizionali, sebbene siano ancora necessari studi più approfonditi per convalidare la loro efficacia a lungo termine.[2]
Referenze:
Lo studio è stato guidato da Shi Zhengli, la virologa di spicco nota come la 'batwoman' per la sua vasta ricerca sui coronavirus dei pipistrelli, presso il Guangzhou Laboratory
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