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Di Silverio (Anaao) al Senato: Cresce il disagio dei medici. Serve ripartire dalla presa in cura del paziente presso il domicilio

Sindacato Redazione DottNet | 16/01/2025 20:07

"Il 25 gennaio prossimo insieme alle Direzioni nazionali delle organizzazioni sindacali più rappresentative dei medici dipendenti e convenzionati ci riuniremo per definire un programma di azioni per il rilancio del Servizio Sanitario Nazionale"

 Ieri al Senato si è svolta l'audizione sul DL Milleproroghe alla Commissione Affari Costituzionali.L'intervento del Segretario Nazionale Pierino Di Silverio spiega che cosa sta accadendo a quanti lavorano nel sistema sanitario italiano e, soprattutto, quali iniziative intraprendere per rinsaldare il settore e i rapporti con i pazienti.

"Il disagio dei professionisti che lavorano quotidianamente con abnegazione nel Servizio Sanitario Nazionale è crescente tanto che il 25 gennaio prossimo insieme alle Direzioni nazionali delle organizzazioni sindacali più rappresentative dei medici dipendenti e convenzionati ci riuniremo per definire un programma di azioni per il rilancio del Servizio Sanitario Nazionale - dice il segretario Anaao alla platea -.

I continui disinvestimenti degli ultimi quindici anni hanno portato una inesorabile decadenza della competitività del Servizio Sanitario Nazionale e le continue aggressioni, le denunce a danno degli operatori sanitari in costante aumento testimoniano un graduale mutamento del rapporto medico-paziente da paternalistico a economicistico. Che sia forse anche “colpa” delle modifiche delle forme di comunicazione che fino ad oggi il professionista ha subito è vero, ma è altrettanto vero e indubbio che alla base della perdita di fiducia verso l’operato del medico, giudicato solo fino a trenta anni fa quasi sacro, ci sia il disgregamento di un intero impianto di cure e la difficoltà conseguente che i cittadini hanno nell’accedervi".

Per Di Silverio è preoccupante che il cittadino identifichi il "medico come responsabile dei disservizi, complice un attacco continuo, smisurato e incondizionato al suo lavoro e all’attività intramuraria (che peraltro rappresenta poco più del 5%) vista come principale responsabile delle liste d’attesa. Di fronte ai tagli lineari subiti dalla sanità ci saremmo aspettati una “rivolta popolare”, e invece assistiamo a una graduale assuefazione, a un senso di rassegnazione e di smarrimento della popolazione, smarrimento che colpisce anche i professionisti che abbandonano gli ospedali e la medicina pubblica per cercare sbocchi lavorativi nella sanità privata, sempre più appetibile per i professionisti e selettiva per i pazienti".

"E qui i dati diventano impietosi - afferma l'eponente Anaao -: l’1,8 % dei cittadini italiani, secondo l’ultima indagine del CNEL, si indebita per le cure e 4,5 milioni di cittadini si rivolgono ormai alla sanità privata secondo gli studi GIMBE. Nel 2023 il 7,6% della popolazione italiana ha rinunciato a curarsi, contro il 6,3% del 2019. La percentuale di quanti hanno rinunciato a causa delle lunghe liste di attesa risulta pari al 4,5% (2,8% nel 2019), secondo l’ISTAT. Ogni 100 tentativi di prenotazione nel SSN, la percentuale di popolazione che rinuncia e si rivolge alla sanità privata è del 39,4% (il 34,4% dei bassi redditi). In questo quadro fosco, i medici italiani sono i meno pagati in Europa, con una diminuzione dei salari del 6,2% tra il 2015 e il 2022, secondo i dati FEMS".

"Si preannuncia un 2025 difficile per la popolazione . prevede Di Silverio - e, in assenza di riforme e risorse, un anno difficile per i professionisti. Un contratto da rinnovare quello del triennio 2022-2024, quindi già scaduto, di cui ancora non si intravede l’inizio della trattativa che sarà lunga e rischia di impantanarsi di fronte alla scarsezza di risorse e alla assenza di novità normative sostanziali. La sanità pubblica è un bene comune, costituzionale, i professionisti sono la parte integrante e imprescindibile della sanità. Senza dirigenti medici e sanitari, infermieri, non può esistere cura, per questo occorre agire subito per operare quella grande riforma della presa in cura del paziente e della professione, elemento imprescindibile per salvare un servizio di cure altrimenti destinato a diventare sempre più selettivo e meno universale".

"Lavorare nel Servizio Sanitario Nazionale è diventato sempre più difficile, a rischio di burn-out, di episodi di violenza, con retribuzioni non adeguate e limitate prospettive di carriera - commenta il segretario del sindacato -. È necessario ricostruire il rapporto di fiducia con i pazienti. È un fatto notorio l’aumento delle aggressioni nei confronti degli operatori sanitari, anche nel 2025 e gli interventi “timidi” ad opera del Governo, condivisibili ma insufficienti, così come il deterrente delle pene non sono la soluzione perché la violenza fisica o verbale è un effetto di quello che sta accadendo oggi nel Servizio Sanitario Nazionale dove il rapporto medico-paziente si è incrinato e se non si ricostruisce sarà sempre più difficile curare e farsi curare. L’unica strada percorribile, il ripristino di un facile accesso alle cure da parte dei cittadini, problema fortemente legato alla salvaguardia del Servizio Sanitario Nazionale e dei professionisti che in esso vi operano".

Occorre, dunque "Restituire “dignità” ed autorevolezza alla professione medica e sanitaria, per dirla con le parole del Ministro Schillaci, “il rilancio della sanità pubblica passa dalla valorizzazione del personale”.  "Riteniamo - aggiunge Di Silverio - infatti che sia essenziale costruire un sistema sanitario fondato su professionalità solide e competenze chiaramente definite, per garantire ai cittadini la qualità dei servizi che meritano. A nostro avviso esiste ancora la possibilità di colmare i deficit della nostra sanità: con una sostanziale riforma delle cure e della professione, con un percorso di riqualificazione del personale sanitario, favorendo un sentiment chiaro verso chi il sistema di cure continua, nonostante tutto, a reggerlo assicurando più di 2 milioni di prestazioni gratuite ogni giorno".

"Serve ripartire dalla presa in cura del paziente presso il proprio domicilio - spiega Di Silverio -, serva riqualificare e fornire strumenti alla medicina territoriale, serve trasformare gli ospedali in luoghi di cura e non di diagnosi. Serve un’azione dura e decisa verso l’appropriatezza e uno shift immediato verso la prevenzione e la cura delle cronicità. Serve integrare la tecnologia in sanità per evitare di subirla. Perché la cura e la terapia non sono “indicazioni stradali, ma una ragione di vita”. Quanto sopra non può realizzarsi attraverso la ormai consueta tecnica delle “proroghe”. Accogliamo con favore alcuni dei temi trattati in questo decreto legge (che andrò ad analizzare puntualmente di seguito), ma è evidente che oggi il Servizio Sanitario Nazionale ha bisogno di essere riformato costruendo un sistema fondato su professionalità solide e competenze chiaramente definite, per garantire ai cittadini la qualità dei servizi che meritano".

"Continuiamo a ripetere che piuttosto che ricorrere a medici provenienti da paesi lontani e spesso molto diversi dal nostro, sarebbe opportuno promuovere investimenti adeguati per restituire attrattività al lavoro nel Servizio sanitario nazionale, risultando pertanto vitale per il suo mantenimento in vita, uno straordinario piano di reclutamento e premialità di tutte le figure professionali che in esso vi operano e del relativo superamento di vincoli ed incompatibilità che in una situazione di emergenza non ci possiamo permettere. Piano straordinario da realizzarsi non con forme atipiche di reclutamento ma attraverso una semplificazione delle procedure concorsuali ed uno snellimento delle stesse, fermo restando che alla dirigenza sanitaria si accede mediante selezione pubblica con possibilità di accesso anche con una specializzazione in disciplina affine", aggiunge Di Silverio- .

Il problema della scaristà di personale deriva anche dalla fuga dei medici: "Il differenziale negativo a confronto delle retribuzioni europee delle stesse professioni medico e sanitare, ha prodotto fenomeni negativi e rischiosi per la tenuta del Servizio Sanitario Nazionale quali ad esempio la demotivazione del personale sanitario, la riduzione dell’accesso alle professioni e la difficoltà di reclutamento da parte delle Aziende sanitarie, la migrazione all’estero di ingenti quantità di medici, la difficoltà a garantire la continuità delle cure e il funzionamento di ospedali e di servizi sanitari. L’elenco sarebbe più lungo. Queste le ragioni economiche cui se ne possono aggiungere altre strutturali. Da qui l’inevitabile fuga dal Servizio sanitario verso soluzioni professionali meno logoranti e a più alta gratificazione, nella libera professione così come nelle sanità di altri paesi. Più volte abbiamo “denunciato” che la formazione post laurea dei medici deve accontentarsi di cifre irrisorie e a futura memoria. Mancano gli specialistici e per risolvere il problema della carenza dei medici non serve l’abolizione del numero chiuso alla facoltà di Medicina, ma risulta imprescindibile mettere in atto una corretta programmazione sui fabbisogni di specialisti, programmazione che parta dai dati sui pensionamenti".

Per Di Silverio la soluzione c'è: "Occorre uno sforzo sociale, istituzionale e politico perché il problema della sanità riguarda tutti, perché tutti, indipendentemente dal proprio ruolo sociale o professionale siamo stati, siamo o saremo pazienti. Tutti abbiamo bisogno di cure e non vorremmo mai arrivare al punto di non trovare più chi sia disposto a curare.Ribadiamo ancora una volta in questa sede che la soluzione consiste nell’aver il coraggio di studiare e dar seguito a riforme strutturali e non a “proroghe di fine anno” che, in modo anche necessario ed opportuno, rinviano soltanto il problema, senza risolverlo".

Il sindacalista si sofferma sulla disamina dell’articolo 4 del decreto legge 202/2024 in esame, articolo dedicato alla sanità, In particolare sull’articolo 4 comma 7 lettera d), il cosiddetto “scudo penale”, "norma tanto “caldeggiata” dai professionisti della sanità, nelle more di una riforma strutturale sulla responsabilità medica".

Con tale disposizione infatti si proroga di un anno l’applicazione di una disciplina transitoria (articolo 4, comma 8-septies, del decreto-legge 30 dicembre 2023, n. 215) che prevede la limitazione della punibilità per i reati di omicidio colposo e lesioni personali colpose qualora il fatto sia stato commesso nell'esercizio di una professione sanitaria e in situazioni di grave carenza di personale sanitario. Per effetto di tale proroga infatti gli esercenti una professione sanitaria potranno essere chiamati a rispondere per i fatti anzidetti, se commessi in una situazione di grave carenza di personale sanitario, solo in presenza di colpa grave applicando in sostanza la limitazione della punibilità ai soli casi di colpa grave, già prevista per la durata dello stato di emergenza epidemiologica da COVID-19.

"Leggendo la relazione illustrativa di tale provvedimento si chiarisce - commenta Di Silverio -, come ben noto a tutti, che la proroga si è resa necessaria “nelle more del completamento dell’iter di modifica del codice penale avviato dalla Commissione per lo studio e l’approfondimento delle problematiche relative alla colpa professionale medica, istituita presso il Ministero della Giustizia con decreto del Ministro della giustizia del 28 marzo 2023 (c.d. ‘Commissione d’Ippolito’)”. Commissione incaricata di “esplorare l’attuale quadro normativo e giurisprudenziale in cui si inscrive la responsabilità colposa sanitaria per discuterne limiti e le criticità e proporre un dibattito in materia di possibili prospettive di riforma; proporre un’approfondita riflessione e un accurato studio sul tema della colpa professionale medica ai fini di ogni utile successivo e ponderato intervento, anche normativo".

"Commissione cui Anaao Assomed, quale organizzazione sindacale maggiormente rappresentativa della categoria, non è stata audita ed i cui esiti non sono stati resi noti ufficialmente, ma solo attraverso organi di stampa. Ci si chiede allora se non fosse stato meglio “nelle more degli esiti dei lavori della Commissione” eliminare completamente il termine ed assicurare alla categoria una norma che sta producendo buoni esiti. Ma ancora una volta si ricorre solo ad una proroga di un anno", tiene a precisare il segretario Anaao.

Di Silverio continua con l'analisi dell’articolo 4 comma 3, “proroga degli incarichi del cosiddetto decreto Cura Italia ai medici in formazione specialistica”, norma utilizzata nel periodo emergenziale Covid e negli anni successivi prorogata. "Come noto, la disposizione consente alle Aziende e agli Enti del Servizio Sanitario Nazionale di utilizzare per tutto il 2025 gli strumenti straordinari utilizzati nel periodo pandemico (art. 2bis e 2ter del Decreto legge 17 marzo 2020, n. 18 e ssmi) per far fronte alle carenze di personale sanitario e socio-sanitario che non possono essere risolte con gli ordinari istituti previsti dall’ordinamento. Si tratta del conferimento di incarichi di lavoro autonomo o a tempo determinato ivi compresi incarichi di collaborazione coordinata e continuativa, a medici specializzandi iscritti all'ultimo o al penultimo anno di corso delle scuole di specializzazione, nonché, mediante avviso pubblico e selezione per titoli o colloquio orale, ovvero per titoli e colloquio orale, incarichi individuali a tempo determinato al personale delle professioni sanitarie e ad operatori socio-sanitari , oltre che ai medici specializzandi predett"i.

"Tali facoltà sono esercitabili anche mediante proroga dei rapporti omologhi già in corso (stipulati in base alle suddette norme transitorie), fino ad un termine, in ogni caso, non successivo al 31 dicembre 2025. Il Governo in sede di relazione illustrativa osserva che “la proroga è finalizzata a consentire alle aziende ed enti del SSN di utilizzare, anche per l’anno 2025, alcuni strumenti straordinari per attenuare le carenze di personale, in particolare sanitario, che non possono essere risolte con gli ordinari istituti previsti dall’ordinamento e conseguentemente è diretta a garantire i livelli essenziali assistenza”, precisa Di Silverio

"Peraltro la stessa motivazione viene addotta dal Governo per giustificare un’altra norma ovvero la proroga per l’anno 2025 della possibilità di conferimento di incarichi di lavoro autonomo a laureati in medicina e chirurgia abilitati e iscritti agli ordini professionali, anche se privi della specializzazione (articolo 4, comma 4 del decreto in esame). Ulteriore proroga di una norma del periodo emergenziale Covid - incalza Di Silverio -. Ci chiediamo però perché si debba, a distanza ormai di cinque anni dalla loro prima emanazione, ancora ricorrere a disposizioni transitorie piuttosto che confrontarsi su una materia, quale quella del personale, e sulle modalità di snellimento delle procedure concorsuali che potrebbero in modo strutturale risolvere, almeno in parte, la carenza di personale oppure su una riforma organica della disciplina post laurea con la possibile previsione di una introduzione di un vero contratto di lavoro a scopo formativo superando l’attuale condizione di studenti, od ancora sulla messa in atto di una corretta programmazione sui fabbisogni di specialisti".

"Peraltro si continuano a prorogare disposizioni che consentono la deroga alla disciplina del riconoscimento delle qualifiche professionali sanitari (in questo decreto per medici ucraini – articolo 4, comma 2 del decreto in esame), norma rispettabilissima perché nata in un contesto storico particolare la cui finalità è continuare ad agevolare l’ingresso in Italia dei cittadini ucraini in fuga a causa della situazione bellica in atto e disporre per essi l’autorizzazione all’esercizio temporaneo di una professione sanitaria o della professione di operatore socio-sanitario. Poiché in Ucraina non è prevista l’iscrizione all’albo professionale, la norma in esame si rende necessaria al fine della verifica dell’effettiva qualifica professionale ad opera delle strutture sanitarie interessate. I predetti professionisti devono essere comunque muniti del Passaporto europeo delle qualifiche per i rifugiati", sottolinea Di Silverio.

"Ci si chiede, tuttavia, perché continuare ad emanare disposizioni e proroghe delle stesse in materia di esercizio temporaneo di attività lavorativa in deroga al riconoscimento delle qualifiche professionali sanitarie conseguite all'estero. Il riferimento è anche all’articolo 15 del decreto legge cosiddetto bollette (DL 34/2023 e ssmi) che consente sempre con la motivazione “di fronteggiare la grave carenza di personale sanitario e socio-sanitario che si riscontra nel territorio nazionale, fino al 31 dicembre 2027 l'esercizio temporaneo, nel territorio nazionale, dell'attività lavorativa in deroga alle disposizioni sul riconoscimento dei titoli abilitanti all’esercizio della professione, alle disposizioni particolari per gli esercenti le professioni sanitarie, alla disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, alle direttive europee sul riconoscimento delle qualifiche professionali, a coloro che intendono esercitare presso strutture sanitarie o socio sanitarie pubbliche o private o private accreditate, comprese quelle del terzo settore, una professione medica o sanitaria o l'attività prevista per gli operatori di interesse sanitario di cui all'articolo 1, comma 2, della legge n. 43 del 2006, in base ad una qualifica professionale conseguita all'estero" si domanda l'eponente Anaao.

"Ci si chiede perché ricorrere a medici provenienti da paesi lontani piuttosto che “trattenere” i nostri giovani che abbiamo formato investendo sulla loro formazione. Sempre sul punto ed in particolare sull’articolo 4, comma 12 – Incarichi a sanitari e operatori socio sanitari in quiescenza – ci si chiede se fosse proprio necessario, sempre per far fronte a carenze di organico, prorogare un’altra disposizione emanata nel periodo emergenziale, che consente il conferimento da parte degli enti ed aziende del Servizio sanitario nazionale di incarichi di lavoro autonomo, anche di collaborazione coordinata e continuativa, a dirigenti medici, veterinari e sanitari e al personale del ruolo sanitario del comparto sanità, collocati in quiescenza (anche se non iscritti al competente albo professionale in conseguenza del collocamento a riposo), nonché agli operatori socio-sanitari collocati in quiescenza, prevedendo peraltro per gli incarichi in esame la non applicazione delle norme sul divieto di cumulo degli emolumenti lavorativi con i trattamenti pensionistici liquidati in base ad una delle cosiddette quote 100, 102 e 103".

"Ulteriore considerazione sull’articolo 4, comma 5 ovvero sulla proroga del periodo di maturazione del servizio triennale come requisito temporaneo per l’accesso alla dirigenza del SSN relativa ai servizi di emergenza-urgenza. Tale proroga incide sulla disciplina che, a determinate condizioni, dà diritto al personale medico, fino al 31 dicembre 2025, in base all’esperienza professionale acquisita, di partecipare ai concorsi per l’accesso alla dirigenza medica del SSN nella disciplina di Medicina d’emergenza-urgenza, anche senza alcun diploma di specializzazione. Esso in particolare è volto a estendere al 31 dicembre 2024 il termine finale del periodo di maturazione, da parte del personale medico, di almeno tre anni di servizio, anche non continuativo, con contratti a tempo determinato, di collaborazione coordinata e continuativa o altre forme di lavoro flessibile, quale requisito di partecipazione ai concorsi sopracitati". Anche questa ulteriore proroga ci porta a riflettere sulla necessità di riformare in modo strutturale la fattispecie.

"Ultima ma necessaria considerazione va fatta in riferimento all’articolo 4 comma 11 del decreto legge in esame nella quale si prevede che, al fine di far fronte alla carenza di personale sanitario negli enti e nelle aziende del Servizio sanitario nazionale nonché di ridurre le liste d’attesa, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano nel l’anno 2025, possono incrementare, a valere sul livello di finanziamento indistinto del fabbisogno sanitario nazionale standard cui concorre lo Stato per l’anno 2025, la spesa per prestazioni aggiuntive dei dirigenti medici e del personale sanitario del comparto dipendenti dei medesimi enti e aziende i cui compensi sono soggetti a una imposta sostitutiva dell’imposta sul reddito delle persone fisiche e delle addizionali regionali e comunali pari al 15 per cento. Nel novero delle categorie che usufruiscono di tale disposizione non sono inclusi i dirigenti sanitari. Si rende pertanto assolutamente necessaria l’inserimento della Dirigenza sanitaria tra i soggetti che oltre ai dirigenti medici e personale del comparto, erogano prestazioni aggiuntive", conclude Pierino Di Silverio.

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