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Contratto dei medici, solo il 59 per cento delle aziende ha avviato le trattative

Sindacato Redazione DottNet | 05/11/2024 15:51

La Conferenza delle Regioni e delle Province autonome non ha ancora emanato l’atto di indirizzo necessario ad avviare le trattative per il contratto 2022-2024, che scadrà tra meno di due mesi

 I rinnovi e la corretta applicazione dei contratti dei medici dipendenti continuano ad essere una chimera, ostacolati da più parti per i più svariati motivi. Se da una parte nella bozza di legge di Bilancio 2025 non c’è traccia degli accantonamenti per i rinnovi contrattuali del settore sanitario per il triennio 2025-2027, che sembrerebbero allocati interamente sul triennio 2028-2030, la Conferenza delle Regioni e delle Province autonome non ha ancora emanato l’atto di indirizzo necessario ad avviare le trattative per il contratto 2022-2024, che scadrà tra meno di due mesi.

E intanto nelle aziende si stanno incontrando innumerevoli resistenze in merito all’applicazione del CCNL 2019-2021, firmato a gennaio. È quanto emerge da una indagine condotta su 155 aziende sanitarie ed ospedaliere d’Italia dal sindacato dei medici Federazione CIMO-FESMED (a cui aderiscono le sigle ANPO, ASCOTI, CIMO, CIMOP e FESMED) per verificare la corretta applicazione del contratto di lavoro integrativo aziendale: nonostante le tempistiche ben definite dal contratto, solo nel 59% dei casi è stata avviata la trattativa aziendale.

Sono inoltre poche le aziende che hanno aggiornato alcuni regolamenti, non obbligatori ma essenziali per la corretta applicazione del contratto: il regolamento sul conferimento degli incarichi è stato aggiornato solo nel 37% dei casi, quello sulle prestazioni aggiuntive nel 33% delle aziende, il regolamento sul piano delle emergenze nel 14% e quello sull’utilizzo delle risorse economiche nel 18%. Le profonde innovazioni contrattuali riguardanti l’orario di lavoro risultano trattate con sufficienza, tant’è che solo nel 23% dei casi è stato aggiornato il regolamento – questo sì obbligatorio – sull’orario di lavoro, strettamente correlato agli obiettivi di budget, che sono ora commisurati alle risorse umane realmente presenti nelle aziende. Ma l’iter di budgeting risulta concluso in appena 39 aziende e, di queste, solo in 8 casi si è tenuto conto delle nuove modalità di attuazione dell’orario di lavoro.

«Un ritardo incomprensibile – commenta Guido Quici, Presidente CIMO-FESMED – che potrebbe esporre a contenziosi le direzioni generali, che non potranno più richiedere ore di lavoro gratuite ai dirigenti né cancellare, come fatto in passato, milioni di ore lavorate in eccesso rispetto ai compiti istituzionali». «Nella compilazione del questionario – aggiunge Quici – gran parte dei referenti aziendali della Federazione ha denunciato importanti difficoltà nella corretta applicazione delle disposizioni sull’orario di lavoro, sui fondi contrattuali e sull’affidamento degli incarichi, oltre ad una lentezza generalizzata nella conduzione della trattativa». 

«Sono, questi, fattori che accentuano il malcontento dei professionisti e che risultano tra le motivazioni che ci hanno spinti a proclamare lo sciopero. Motivazioni che si aggiungono all’elemosina che ci è stata riconosciuta al posto della defiscalizzazione dell’indennità di specificità medica e all’assenza di un piano straordinario di assunzioni, della depenalizzazione dell’atto medico e di risorse sufficienti per migliorare l’offerta sanitaria. Uno sciopero necessario, anche alla luce di questi dati, per manifestare la rabbia di una intera categoria», conclude Quici.

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