Perplessità da parte delle giornaliste sul decreto semplificazioni. Le argomentazioni dei farmacisti
Nei giorni scorsi un lungo articolo apparso sul Corriere della Sera dal titolo Farmacia-ambulatorio chi ci guadagna davvero” a firma di Milena Gabanelli e Simona Ravizza e della rubrica Dataroom in onda all’interno del TG La7., In pratica le giornaliste manifestano molte perplessità in ordine al ddl Semplificazioni del 26 marzo scorso, e segnatamente sull’art. 23 dedicato all’implementazione dei servizi in farmacia, in particolare quelli diagnostici (sui quali sembra concentrarsi maggiormente l’attenzione delle due autrici dell’articolo), il tutto con l’apprezzabile dichiarato intento di combattere una delle piaghe storiche della sanità nazionale, le liste d’attesa. Gabanelli e Ravizza evidenziano però che l’aver permesso alle farmacie certe prestazioni non è accompagnato da un quadro di regole analogo a quello che disciplina l’attività degli ambulatori di analisi, ai quali è imposto il possesso di precisi requisiti e condizioni. In altre parole, alle farmacie viene permesso di trasformarsi in ambulatori di prossimità (dove, oltre procedere a diagnosi, si vendono anche farmaci) in un quadro di sostanziale anomia. E questo, per le due giornaliste, non va bene, perché apre la porta a due rischi: “quello di aumentare il consumo sanitario anche quando non c’è una reale necessità; e di correre dal medico al primo esame lievemente fuori parametro perché il farmacista, non avendo l’anamnesi che ci riguarda, non può valutarlo in un quadro complessivo. Con il risultato di allungare le liste d’attesa invece di alleggerirle”. Per ridurre le liste d’attesa, argomentano Gabanelli e Ravizza, più che intervenire sulle farmacie, il servizio sanitario “deve rinforzare gli ospedali e attivare le Case di comunità. Non ci sono altre scorciatoie. Far scendere in campo le farmacie potrebbe dare un contributo, ma è un’attività che deve essere regolamentata, e al momento non lo è”. Immediata la replica di Federfarma:
“In relazione all’articolo comparso sul Corriere della Sera dal titolo “Farmacia-ambulatorio chi ci guadagna davvero” a firma di Milena Gabanelli e Simona Ravizza, si tiene in primo luogo a porgere i dovuti ringraziamenti alle giornaliste per aver trattato un tema di grandissima attualità sia per i cittadini sia per i professionisti sanitari.
Le possibilità previste nel disegno di legge hanno l’unico scopo di confermare la disponibilità della rete delle farmacie territoriali ad intercettare le esigenze di salute dei cittadini, soprattutto di quelli meno autonomi nei propri spostamenti, e di avvicinare ulteriormente i servizi socio-sanitari ai soggetti più deboli, che non hanno la possibilità di spostarsi fino agli ospedali o ai centri sanitari più vicini, e che nella propria farmacia trovano il primo presidio sanitario sul territorio.
In estrema sintesi, il “criterio dell’autocontrollo” di cui si parla nell’articolo è stato già ampiamente superato. Già oggi il farmacista - in forza della Legge di bilancio del 2021 e dei decreti-legge varati in piena pandemia, che gli hanno affidato l’esecuzione di test, vaccini, prelievi di sangue capillare – ha assunto una nuova veste di professionista sanitario e – già dai tempi del Covid e poi in forza del decreto-legge 24/2022 – può eseguire tutte le analisi che prevedono il prelievo di sangue capillare e di qualsiasi campione biologico a livello nasale, salivare e orofaringeo.
Il nuovo ruolo del farmacista è stato formalmente riconosciuto dal decreto del Ministero della salute n. 77 del 23 maggio 2022, che, proprio tenendo conto del trascorso contesto emergenziale, fissa i nuovi pilastri dell’assistenza sanitaria sul territorio e sancisce che “la rete capillare delle farmacie convenzionate con il SSN assicura quotidianamente prestazioni di servizi sanitari a presidio della salute della cittadinanza: dispensazione del farmaco… le attività riservate alla farmacia dei servizi e l’assegnazione di nuove funzioni tra le quali le vaccinazioni e la somministrazione di test diagnostici a tutela della salute pubblica”.
Anche il più completo coinvolgimento delle farmacie e dei farmacisti nella rete di prevenzione vaccinale - già sperimentato durante l’emergenza sanitaria per le vaccinazioni antinfluenzali e anti-Covid e che il Governo vorrebbe estendere alla somministrazione di tutti i vaccini previsti dall’Anagrafe Vaccinale - scaturisce da alcune esperienze già in essere in taluni contesti territoriali e non deroga in alcun modo ai vincoli di legge o ai requisiti professionali dei soggetti che somministrano tali prestazioni, tutti opportunamente formati a seguito di specifici corsi organizzati dall’Istituto Superiore di Sanità. D’altronde risulterebbe di assai difficile comprensione poter somministrare un vaccino particolarmente complesso nell’allestimento e nella somministrazione (anche rispetto ad eventuali reazioni avverse da fronteggiare) come nel caso del vaccino antiSARS-CoV-2, e non poter viceversa procedere alla somministrazione degli altri vaccini di ben più semplice esecuzione.
A fugare ogni dubbio circa il pieno rispetto delle disposizioni in materia di requisiti igienico-sanitari per eseguire i servizi in farmacia intervengono proprio le disposizioni del DDL Semplificazioni che – nel confermare le migliori pratiche oggi seguite in farmacia in forza di protocolli d’intesa stipulati con il Governo e le Regioni in piena emergenza Covid - prevede che l’erogazione dei servizi sanitari nelle farmacie o nei locali a queste attigui sia soggetta alla previa autorizzazione da parte dell’amministrazione sanitaria territorialmente competente che ne accerta i requisiti di idoneità igienico-sanitaria e verifica l’ubicazione dei locali stessi nell’ambito della sede farmaceutica di pertinenza. Ciò che senz’altro è auspicabile è che il Legislatore intervenga con un complesso di regole valevole a livello nazionale per tutte le strutture che operano in regime concessorio con il SSN, così evitando la frammentazione di disposizioni regionali che senz’altro non contribuiscono a conseguire l’indispensabile uniformità di adempimenti. Ciò che non è giuridicamente corretto, però, è confondere il ruolo delle farmacie che - come i medici di medicina generale – sono soggetti convenzionati con il SSN e soggiacciono al controllo delle ASL (ex Legge 833/1978 e ss.mm.ii.) con il ruolo del privato accreditato che soggiace ad un diverso complesso di regole.
È sufficiente riferirsi al decreto legislativo 153/2009 per trovare conferma di tutto quanto sopra esposto: tali disposizioni, infatti, opportunamente implementate durante l’emergenza pandemica sanciscono analiticamente quali sono le prestazioni eseguibili in farmacia.
In maniera altrettanto chiara e trasparente le Linee Guida del 2019 – adottate dal Governo e dalle Regioni – dettano le regole di dettaglio della farmacia dei servizi, stabiliscono i termini e le condizioni della sperimentazione, tutt’ora in atto e, in raccordo con la legge 205/2017, individuano le fonti di finanziamento e stabiliscono la rigorosa rendicontazione delle somme impiegate.
Ultima annotazione sia consentita per quanto attiene al fenomeno delle liste di attesa e all’interazione con ospedali e Case di Comunità.
Proprio muovendo da un’indagine della dott.ssa Gabanelli (Corriere della Sera del 6 febbraio 2023 “Sanità: chi può paga, tutti gli altri aspettano”) che evidenziava il preoccupante fenomeno della sostanziale rinuncia, da parte dei cittadini all’esecuzione di fondamentali esami diagnostici (tra tutti l’elettrocardiogramma, con una stima di 1 milione di esami mancati a livello nazionale) Federfarma ha fortemente spinto sulle farmacie territoriali – in un’ottica di sinergica interazione con le strutture regionali del Servizio sanitario e mai in termini sostitutivi alla rete “canonica” del SSR - per l’implementazione dei servizi di telecardiologia (elettrocardiogrammi, holter cardiaci e holter pressori) da svolgere nell’ambito della sperimentazione della farmacia dei servizi e senza alcun onere aggiuntivo né per il SSR né soprattutto per il cittadino.
Ebbene i primi lusinghieri risultati evidenziano che, anche grazie al contributo delle farmacie territoriali, in molteplici contesti regionali (Marche, Calabria, Liguria, Piemonte) il contributo che si sta fornendo per ridurre le liste di attesa è senz’altro significativo, a tutto vantaggio della salute della cittadinanza e della sostenibilità economica del servizio sanitario.
Quanto poi, da ultimo, al paventato rischio di “aumentare il consumo sanitario” in ragione delle prestazioni eseguibili in farmacia, occorre evidenziare che le attività della farmacia hanno lo scopo principale - come durante l’emergenza da Covid - di condurre screening primari per individuare soggetti potenzialmente a rischio di sviluppare patologie croniche, in modo tale da inviarli dai medici competenti per quella cura precoce funzionale a migliorare le aspettative e la qualità della vita, realizzando al contempo risparmi per il SSN.
Nella speranza di aver contribuito a fare ulteriore chiarezza circa le attività svolte dalle farmacie territoriali, Federfarma è disponibile ad approfondire il confronto su tale argomento, a beneficio di una corretta e trasparente informazione nei confronti della popolazione - come del resto sempre assicurato dal lavoro delle autrici dell’articolo e dalla vostra testata - impegno che Federfarma ha sempre portato avanti in collaborazione con le Associazioni dei Malati e dei Cittadini.
Si auspica la pubblicazione di tali precisazioni con preghiera di tenerne conto anche nelle prossime occasioni nelle quali si affronterà il tema dei nuovi servizi in farmacia, a cominciare dalla trasmissione della rubrica Dataroom in onda all’interno del TG La7".
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