Lo studio CHRYSALIS-2, su pazienti con tumore al polmone con mutazione dell'EGFR, positivi al biomarcatore MET, già trattati con osimertinib, ha rivelato un tasso di risposta complessivo del 61 per cento e una sopravvivenza mediana libera da progress
Lo studio CHRYSALIS-2, su pazienti con tumore al polmone con mutazione dell'EGFR, positivi al biomarcatore MET, già trattati con osimertinib, ha rivelato un tasso di risposta complessivo del 61 per cento e una sopravvivenza mediana libera da progressione di 12,2 mesi
Janssen, azienda farmaceutica del gruppo Johnson & Johnson, ha annunciato i risultati dello studio CHRYSALIS sull’efficacia a lungo termine di amivantamab in combinazione con lazertinib*, un inibitore di terza generazione della tirosin-chinasi (TKI) del recettore del fattore di crescita epidermico (EGFR). La combinazione ha mostrato un’attività antitumorale duratura come trattamento di prima linea in pazienti con carcinoma polmonare non a piccole cellule (NSCLC) con mutazione dell’EGFR (Abstract #9134).1 I dati aggiornati sono stati presentati al Congresso annuale dell’American Society of Clinical Oncology (ASCO), in occasione del quale sono stati inoltre presentati ulteriori dati degli studi CHRYSALIS-2 e PALOMA. Il primo studio ha valutato un regime terapeutico a base di amivantamab in combinazione con lazertinib in assenza di chemioterapia in seconda linea (abstract #9013), il secondo la sicurezza della formulazione sottocutanea (SC) di amivantamab in monoterapia (abstract #9126).
I pazienti arruolati nella coorte naïve al trattamento dello studio CHRYSALIS (NCT02609776) presentavano una forma di NSCLC con mutazioni comuni dell’EGFR: la delezione dell'esone 19 (ex19del) (n=11) o la mutazione L858R (n=9).1,4 A un follow-up mediano di quasi tre anni (33,6 mesi), la durata mediana della risposta (DOR), la sopravvivenza mediana libera da progressione (PFS) e la sopravvivenza globale (OS) non sono state ancora raggiunte.1 Il tasso stimato della PFS era dell'85 per cento dopo un anno, del 65 cento a due anni e del 51 cento a tre anni.1 La durata più lunga del trattamento è stata di oltre tre anni (37,2 mesi) e la DOR più lunga è stata di quasi tre anni (35,7 mesi).5
La sicurezza osservata è stata coerente con le analisi precedenti e non ci sono state nuove segnalazioni di sicurezza.1 La sospensione, la riduzione delle dose o l’interruzione del trattamento di amivantamab o di lazertinib dovute al trattamento si sono verificate rispettivamente in sette pazienti (35 per cento), otto pazienti (40 per cento) e un paziente (5 per cento).1
«Il tumore polmonare non a piccole cellule con mutazione dell’EGFR in stadio avanzato ha un tasso di sopravvivenza a cinque anni inferiore al 20 percento. È chiara, dunque, la necessità di opzioni terapeutiche sempre più mirate e destinate a linee di terapia precoci. Questi dati a lungo termine dello studio CHRYSALIS dimostrano il potenziale della combinazione amivantamab e lazertinib come trattamento di prima linea per questa popolazione di pazienti», sottolinea Se-Hoon Lee†, M.D. Ph.D., Professore di Medicina presso il Samsung Medical Center e Sungkyunkwan University School of Medicine in Corea del Sud, e autore della presentazione.
Nuove analisi sui biomarcatori predittivi per la risposta alla terapia di combinazione a base di amivantamab e lazertinib
I pazienti con NSCLC avanzato portatori di mutazioni comuni dell'EGFR, tra cui ex19del o L858R, che hanno avuto una progressione della malattia durante o successivamente al trattamento con osimertinib, sono una popolazione con bisogni clinici ancora estremamente insoddisfatti.6 Per questa forma tumorale, non esistono a oggi terapie mirate approvate e lo standard di cura è la chemioterapia con doppietta a base di platino.7 In particolare, sono stati presentati i dati della coorte D dello studio di fase 1/1b, in aperto, CHRYSALIS-2 (NCT04077463), che ha come obiettivo la valutazione della sicurezza e della farmacocinetica di lazertinib, in monoterapia o in combinazione con amivantamab.8 Questi dati, in linea con una precedente presentazione dell'Asco 2021, indicano che l’analisi immunoistochimica (metodica che permette di determinare il livello di antigeni o marcatori specifici in campioni di tessuto tumorale grazie all’utilizzo di anticorpi) per la mutazione MET, recettore del fattore di crescita degli epatociti, consente di identificare i pazienti che hanno maggiori probabilità di beneficiare del trattamento combinato di amivantamab e lazertinib.3,9 Tra i pazienti con una sovra-espressione di MET, determinata dall’analisi immunoistochimica, il tasso di risposta è stato del 61 per cento, con una PFS mediana di 12,2 mesi.3 Al contrario, i pazienti con bassa espressione di MET hanno avuto un tasso di risposta del 14 cento con una PFS mediana di 4,2 mesi.3
«Questi risultati confermano il potenziale di amivantamab per il trattamento di una popolazione di pazienti ancora orfana di soluzioni efficaci. I dati presentati all’Asco evidenziano, inoltre, l'importanza dei test sui biomarcatori per accelerare la diagnosi e personalizzare il trattamento. Così facendo, si può identificare la terapia giusta per il paziente giusto al momento giusto e, proprio per questo, in Janssen supportiamo la medicina di precisione», dichiara Martin Vogel, EMEA Therapeutic Area Lead Oncology, Janssen-Cilag GmbH.
Aggiornamento sullo studio di fase 1 PALOMA con dati sulla sicurezza della somministrazione di amivantamab in formulazione sottocutanea
PALOMA (NCT04606381) è uno studio di fase 1 multicentrico, in aperto che valuta la somministrazione sperimentale di amivantamab per via sottocutanea come potenziale trattamento dei pazienti con NSCLC avanzato (n=83).11 I risultati dello studio hanno mostrato che la somministrazione dell’intera di dose di amivantamab in formulazione sottocutanea (SC) nel primo giorno di trattamento può essere effettuata in meno di sette minuti, eliminando la necessità di un dosaggio frazionato.2 L'attuale dose approvata di amivantamab per l’infusione endovenosa (IV) è suddivisa in due giorni, con tempi di infusione di circa 4 o 6 ore per le dosi di amivantamab 1050 mg e 1400 mg, rispettivamente.10 Inoltre, con la somministrazione SC si sono osservate riduzioni significative nell'incidenza e nella gravità delle reazioni correlate all'infusione (IRR) (16 per cento [nessuna IRR di grado 3 o superiore], rispetto al 67 per cento [2 per cento IRR di grado 3 o superiore] precedentemente riportato con la somministrazione IV).2
«Questi risultati forniscono ulteriori prove sull'efficacia e sicurezza di amivantamab sia come monoterapia sia come terapia di combinazione per il trattamento di pazienti con NSCLC con mutazioni dell’EGFR, dando ulteriore supporto al nostro impegno nella ricerca di nuovi regimi di trattamento personalizzati per pazienti con bisogni clinici ancora insoddisfatti. Per questo, vogliamo continuare la ricerca per sviluppare il pieno potenziale di amivantamab e rendere disponibile il prima possibile questa nuova terapia», conclude Kiran Patel, M.D., Vice President, Clinical Development, Solid Tumors, Janssen Research & Development, LLC.
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