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Quadruplica il tasso d'interesse legale: le conseguenze su riscatti, sanzioni e sulle Asl

Previdenza Redazione DottNet | 08/01/2023 15:46

Il saggio degli interessi legali di cui all’art. 1284 del Codice Civile è stato rideterminato nella misura del 5% in ragione d’anno (in luogo del preesistente tasso dell’1,25%), con decorrenza dal 1° gennaio 2023

Dopo le tensioni inflazionistiche, immancabili ecco le ripercussioni su tutti gli indici economici. Come nelle attese, nel 2023 il saggio di interesse legale compie un balzo importante e torna a posizionarsi al suo livello storico. Infatti, con decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze del 13 dicembre 2022, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 292 del 15 dicembre 2022, il saggio degli interessi legali di cui all’art. 1284 del Codice Civile è stato rideterminato nella misura del 5% in ragione d’anno (in luogo del preesistente tasso dell’1,25%), con decorrenza dal 1° gennaio 2023. 

La legge prevede appunto che il Ministro dell’economia e delle finanze può modificare gli interessi legali sulla base del rendimento medio annuo lordo dei titoli di Stato di durata non superiore a dodici mesi e tenuto conto del tasso di inflazione registrato nell’anno.

 Cosa comporta questo notevole aumento dal punto di vista previdenziale? Innanzitutto, un importante incremento dei costi dei riscatti (anni di laurea, specializzazione, allineamento, periodi di interruzione, ecc.) pagati in forma rateale. I Regolamenti dei Fondi Enpam prevedono infatti che in caso di versamento in forma rateale, il contributo di riscatto è maggiorato dell’interesse legale in ragione d’anno, pro tempore vigente. La variazione del saggio di interesse legale comporta la rideterminazione del piano di ammortamento, con riferimento al capitale residuo ed al numero di rate mancanti al completamento del piano precedentemente fissato. 

In sostanza, gli iscritti con il riscatto in corso di pagamento vedranno che la rata del prossimo giugno (i pagamenti hanno cadenza semestrale) avrà un ammontare sensibilmente superiore rispetto a quella scaduta il 31 dicembre 2021. Il nuovo importo della rata resterà stabile fino alla scadenza del piano di ammortamento, fatte salve eventuali nuove variazioni del saggio di interesse legale. Ritorna quindi la necessità di valutare se pagare in un’unica soluzione o in poche rate, risparmiando il costo degli interessi, oppure allungare al massimo il piano di ammortamento, considerando il beneficio fiscale dei pagamenti diluiti, che insistono su aliquote marginali di tassazione più elevate, massimizzando gli importi deducibili.

Aumenterà anche il costo della rateazione degli importi dovuti per il regime sanzionatorio delle Gestioni Quota A e Quota B del Fondo di previdenza generale (contributi evasi, elusi o in ritardo). Infatti, per le somme di importo superiore a 1.000 euro, il pagamento oltre che in unica soluzione, può essere effettuato in unica soluzione, in due rate semestrali di pari importo, oppure in 12 rate bimestrali. In caso di opzione per il pagamento di tutte le somme dovute all’Ente mediante addebito diretto su conto corrente, la rateazione può essere aumentata sino ad un massimo di 18 rate bimestrali.  Ed appunto, in caso di scelta di pagamento in forma rateale, le rate successive alla prima vengono maggiorate dell’interesse legale pro-tempore vigente. Considerando che fiscalmente, in questi casi, gli interessi non sono deducibili, per questa casistica, in presenza dell’opportuna disponibilità economica, torna più conveniente – salvo oscillazioni dell’imponibile – il pagamento in unica soluzione. 

Anche per lo stesso pagamento ordinario del contributo di Quota B, che adesso può essere effettuato addirittura in 5 rate bimestrali di pari importo, le rate in scadenza nell’anno successivo a quello di riferimento (febbraio, aprile e giugno), sulle quali si applicano gli interessi legali, saranno maggiormente incrementate rispetto a quelle già scadute ad ottobre e dicembre. Non ci saranno, invece, effetti per chi paga contributi con rate che non prevedono interessi, come ad esempio la Quota A o la Quota B pagata in più volte sempre entro l’anno di riferimento, anche con addebito diretto sul conto corrente. Nessun effetto nemmeno sulle rate dell’onere della ricongiunzione contributiva, che restano costanti nel tempo. 

Allo stesso modo, pagheranno di più all’Enpam anche le Aziende ASL in ritardo con il versamento dei contributi dovuti in favore dei professionisti convenzionati. La variazione del saggio legale ha risvolti di varia natura, anche di carattere fiscale, ad esempio in fase di determinazione delle somme da versare nel caso del ravvedimento operoso. Infatti, quando si ricorre a tale istituto, è proprio questo il saggio da considerare per il conteggio degli interessi dovuti. Essi vanno calcolati giornalmente, tenendo conto del fatto che il tasso da applicare potrebbe non essere unico, ma cambiare in ragione di quello vigente nei diversi periodi. 

Un certo vantaggio può ritrovarsi nel fatto che l’Enpam (ma è lo stesso anche per l’Inps, come spiegato più avanti) aumenterà gli importi riconosciuti ad iscritti e pensionati in quegli sporadici casi in cui corrisponde interessi per ritardato pagamento, come ad esempio per le indennità di maternità pagate dopo 120 giorni dal completamento della documentazione richiesta, ovvero nella rara ipotesi in cui gli Enti previdenziali debbono versare gli interessi per effetto di una sentenza ovvero di una messa in mora. Anche l’Inps è intervenuta sulla questione con la circolare n. 2 del 4 gennaio 2023. Nel documento si disciplinano i riflessi dell’aumento del tasso legale sul calcolo delle somme aggiuntive per omesso o ritardato versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali, nei rari casi (che riguardano soprattutto i datori di lavoro e non direttamente i medici) in cui le sanzioni vengono appunto ridotte alla misura dell’interesse legale. 

L’Inps ribadisce infine che l’aumento degli interessi produce effetti anche con riferimento alle somme poste in pagamento dall’Istituto a decorrere dal 1° gennaio 2023. In relazione a ciò, la misura dell’interesse del 5 per cento si applica alle prestazioni pensionistiche e alle prestazioni di fine servizio e di fine rapporto in pagamento appunto dal 1° gennaio 2023.

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