Come regolarsi quando sono state svolte altre attività
Quando si avvicina l’età pensionabile e il medico di famiglia cerca di fare il punto della situazione sulla data giusta per appendere il camice al chiodo, scatta inesorabile la domanda: se chiedo un’altra pensione (perché all’inizio ho svolto un’altra attività, ad esempio per la medicina dei servizi, oppure sono stato medico del territorio con contributi ex Inpdap, e così via) il possesso di questa pensione è compatibile con la prosecuzione dell’attività di medico di base? E, allo stesso modo, posso continuare a fare il medico di famiglia se percepisco la pensione del Fondo di previdenza generale dell’Enpam?
La logica vorrebbe che, in presenza dei requisiti per il pensionamento, in relazione ad attività cessate si possano cumulare le relative pensioni con il proseguimento di altre attività, ma questa considerazione, nel corso del tempo, si è scontrata con la volontà dello Stato di impedire ai pensionati di svolgere altri incarichi (circolare Madia docet) per favorire il ricambio generazionale.
In realtà i medici generici, nella loro Convenzione del 2005, avevano creato una norma perfetta per salvare capra e cavoli: "E’ incompatibile il medico che fruisca di trattamento di quiescenza relativo ad attività convenzionate e dipendenti del Servizio Sanitario Nazionale, fatta esclusione per i medici già titolari di convenzione per la medicina generale all’atto del pensionamento" (art. 17, comma 2, lettera f). In sostanza il principio era salvo, ma tutte le pensioni diventavano compatibili con la convenzione a patto che questa fosse iniziata prima della pensione stessa; fuori della porta restavano solo i medici più anziani, cioè quelli che di proposito passavano da un mestiere all’altro per cumulare pensione e stipendio. Inoltre veniva espressamente detto che era compatibile il trattamento di quiescenza del solo fondo generale dell’Enpam.
Questa situazione ideale veniva di fatto confermata nella Convenzione del 2010, dove si aggiungeva (art. 2, comma 1) soltanto che non era possibile svolgere contemporaneamente l’attività di medico di famiglia e di specialista ambulatoriale ovvero di pediatra di libera scelta.
Le dolenti note arrivano con la Convenzione del 2018, laddove (art. 8, comma 2) il testo viene così trasformato: "E’ incompatibile il medico che fruisca di trattamento di quiescenza come previsto dalla normativa vigente. Tale incompatibilità non opera nei confronti dei medici che beneficiano delle sole prestazioni della "Quota A" del fondo di previdenza generale dell’Enpam."
Si tratta, nella sua attuale formulazione, di una norma capestro, che di fatto pone in una situazione di illegittimità anche i molti medici di famiglia ancora in attività già titolari di pensione di diversa natura da molti anni. Ma se per questi ultimi un normale principio di conservazione amministrativa sembra aver impedito il pugno di ferro da parte delle Asl e i rapporti in essere stanno tranquillamente proseguendo, così non è per coloro che conseguono il diritto a pensione dal 2018 in poi.
Immaginiamo un medico di famiglia in attività classe 1953, che vuole proseguire la convenzione fino alla scadenza naturale dei 70 anni, e cioè fino al 2023. Questo medico, però, ha svolto in passato anche attività per la medicina dei servizi (gestione ambulatoriali Enpam) e attività libero professionale (quota B del Fondo Generale). Per queste gestioni il conseguimento della pensione di vecchiaia è a 68 anni (cioè nel 2021), ma facendo la domanda la Asl potrebbe dichiarare la decadenza dalla convenzione per incompatibilità. Di solito le Asl (specie nella presente situazione pandemica) non hanno intenti persecutori, ma il collega invidioso e delatore è sempre in agguato….
Cosa fare allora? Per stare tranquilli, l’unica soluzione (in attesa che la nuova Convenzione, come sembra, ponga rimedio al problema) è quella di avere pazienza, attendere e presentare contemporaneamente tutte le domande di pensione, facendo attenzione, per i trattamenti pregressi, a richiedere la decorrenza dal mese successivo al raggiungimento del requisito di vecchiaia. L’Enpam, in questo caso, pagherà puntualmente tutti gli arretrati in occasione della prima liquidazione. La prescrizione dei ratei ha infatti valenza quinquennale.
Nel 2027-2028 i requisiti per la pensione dovrebbero aumentare di tre mesi: l’età richiesta per la pensione di vecchiaia passerebbe a 67 anni e 3 mesi
Per i periodi lavorati fino al 31 dicembre 1995 si deve calcolare il 2,5 % per anno d’anzianità contributiva anche per chi ha compiuto 65-66 anni
"E' un’opportunità a costo fisso che permette di investire sull’assegno futuro sfruttando le agevolazioni fiscali e, per professionisti che andranno in pensione in cumulo, di anticipare il pensionamento"
L’Enpam, grazie ad una disposizione regolamentare, conserva la facoltà di decidere se recuperare le quote di contribuzione minima obbligatoria mediante ruolo o direttamente
Se il medico o l’odontoiatra dipendente, a 65 anni di età, ha raggiunto il diritto alla pensione (cioè ha 42 anni e 10 mesi di anzianità contributiva più tre mesi di finestra se uomo e 41 anni e 10 mesi se donna), deve essere collocato a riposo
Quando ad essere accentrati sono periodi contributivi particolarmente lunghi, il costo può diventare importante e divenire un deterrente spesso insuperabile
L’integrazione, in Enpam, è curata dal Servizio Trattamento Giuridico e Fiscale delle Prestazioni, dell’Area della Previdenza.
Il cedolino è già disponibile, mentre i pagamenti partiranno a inizio mese
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