“Ogni visita oculistica effettuata su pazienti tra i 10 ed i 40 anni dovrebbe includere esami specifici per l’individuazione del cheratocono”, patologia della cornea che colpisce un italiano su 300. Ne è convinto il professor Jean Marc Vergati, tra i primi ad utilizzare in Italia la tecnica del cross linking: un trattamento che, se eseguito in tempo, riesce a scongiurare il trapianto di cornea. Il cheratocono, che può comparire in vari periodi della vita, normalmente nei primi 40 anni, comporta infatti il lento, ma spesso progressivo e invalidante incurvamento e assottigliamento della cornea, con pesanti conseguenze sulle capacità visive.
“Le cause del cheratocono – spiega in una nota lo specialista in oftalmologia e chirurgia oculare – sono ancora sconosciute anche se la componente ereditaria viene considerata la più rilevante. Non conosciamo, però, né il tipo di ereditarietà né quali cromosomi siano implicati. Altri fattori sembrano avere una qualche rilevanza nella sua insorgenza: quelli maggiormente sospettati sono l’utilizzo di lenti a contatto e congiuntiviti allergiche di particolare intensità e durata”.
Gli effetti sulla visione si manifestano all’inizio con la sensazione di una visione peggiorata, soprattutto la sera, in attività come la guida o la visione della televisione. Con il progredire della deformazione corneale si assiste a un ulteriore progressivo peggioramento delle qualità visive. Negli stadi avanzati la visione è scadente in tutte le condizioni di luminosità e spesso può essere migliorabile solo con lenti a contatto rigide”. Dunque “una visita oculistica accurata, in cui vengano eseguiti esami specifici come la topografia e la pachimetria, consentirà la diagnosi”.
“E’ importante considerare – sottolinea Vergati – che non sempre il cheratocono ha tendenza evolutiva: in un numero abbastanza rilevante di casi, soprattutto se l’insorgenza è tardiva (dopo i 30 anni), la deformazione prodotta da un’iniziale debolezza strutturale della cornea non è poi seguita da ulteriori peggioramenti”.
Lo rivela uno studio pubblicato sul British Medical Journal e condotto da Lingyi Liang, dello State Key Laboratory of Ophthalmology, Zhongshan Ophthalmic Center, presso la Sun Yat-sen University nel Guangdong in Cina
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