Solo i medici che hanno completato specializzazioni riconosciute dalle direttive europee e che rispondono ai requisiti di equipollenza possono ottenere un risarcimento
Alcuni medici, che si erano specializzati tra il 1977 e il 1994, hanno deciso di fare causa allo Stato italiano per chiedere un risarcimento. Secondo questi professionisti, se l’Italia avesse applicato le direttive europee in modo tempestivo, avrebbero avuto diritto a un compenso durante la loro specializzazione. La causa è iniziata nel 2008 presso il Tribunale di Roma. Dopo una prima pronuncia di inammissibilità, i medici hanno ripresentato la domanda nel 2011 contro la Presidenza del Consiglio dei Ministri e altri Ministeri coinvolti. Lo riporta Diritto.
Le direttive europee sui medici specializzandi
Le direttive 75/362/CEE e 75/363/CEE del 1975, aggiornate nel 1982 dalla direttiva 82/76/CEE, stabilivano che tutti gli Stati membri dell’Unione Europea dovevano assicurare un’adeguata remunerazione ai medici che seguivano scuole di specializzazione. L’obiettivo era rendere omogenee le condizioni economiche dei medici specializzandi tra i vari paesi membri. Tuttavia, l’Italia ha recepito queste direttive solo con la legge n. 257 dell’8 agosto 1991.
La risoluzione delle Sezioni Unite
La questione è stata infine affrontata dalle Sezioni Unite della Cassazione. La sentenza ha chiarito che il decreto ministeriale del 1991, che ha per la prima volta introdotto la remunerazione per gli specializzandi, non ha effetto retroattivo. Dunque, i medici che hanno terminato la loro specializzazione prima del 1991 non possono fare richiesta di risarcimento basata su questo decreto.
Inoltre, la Corte ha spiegato che per ottenere un risarcimento, la specializzazione deve essere conforme alle direttive europee e riconosciuta in almeno due Stati membri dell’Unione Europea. Infatti, non tutte le specializzazioni ottenute dai medici italiani durante quel periodo soddisfano tali requisiti.
Discrezionalità dello Stato italiano
Un aspetto importante della decisione riguarda la discrezionalità che gli Stati membri hanno nell’applicare le direttive europee. La Corte di Cassazione ha ribadito che, sebbene le direttive impongano un obbligo generale di garantire una remunerazione ai medici specializzandi, la modalità di attuazione è lasciata alla discrezionalità di ciascuno Stato.
Ciò implica che l’Italia, pur avendo avuto il compito di garantire una remunerazione, poteva scegliere quando e come attuare questa disposizione. La decisione di non applicare retroattivamente il decreto del 1991, secondo la Cassazione, è quindi legittima e conforme al diritto europeo.
In definitiva, la sentenza delle Sezioni Unite stabilisce che, in assenza di disposizioni retroattive, i medici che hanno completato la specializzazione prima del 1991 non possono richiedere risarcimenti basandosi sul decreto di quell’anno. Questa decisione conferma il principio di irretroattività della legge italiana. Inoltre, solo i medici che hanno completato specializzazioni riconosciute dalle direttive europee e che rispondono ai requisiti di equipollenza possono ottenere un risarcimento.
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