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Specializzandi borse di studio 83-91, Cassazione: insistere con le cause è lite temeraria

Professione Redazione DottNet | 21/07/2024 18:23

Gli allievi dei corsi post-laurea svolti tra 1983 e 1991, allora privati del diritto a percepire la borsa di studio, non possono ricorrere all’infinito contro lo stato italiano

La Suprema Corte ha affermato che sostenere che la prescrizione del diritto al risarcimento del danno da tardiva attuazione d’una direttiva comunitaria non decorre, qualifica la lite temeraria. La decisione perché l’ordinamento comunitario attribuì ai medici specializzandi il diritto alla retribuzione in modo chiaro ed inequivoco a far data dal 29.1.1982; altrettanto chiara ed inequivoca era la previsione secondo cui gli Stati membri avevano tempo sino al 31.12.1982 dello stesso anno per dare attuazione al precetto comunitario; infine, il fatto che lo Stato italiano non avesse rispettato tale obbligo era questione non dubitabile, non discutibile e non opinabile. Ciò significa che gli  allievi dei corsi post-laurea svolti tra 1983 e 1991, allora privati del diritto a percepire la borsa di studio, non possono ricorrere all’infinito contro lo stato italiano per ottenere il risarcimento.

L’ordinanza della Corte di Cassazione 18344 del 4 luglio scorso ha sancito che insistere con le cause per avere quelle borse e gli interessi può configurare lite temeraria: non solo chi ricorre perde ma paga le spese di soccombenza. E' successo su due diversi filoni di cause intentate a Roma da ex specializzandi che nel decennio 1983-91 non percepirono le borse, nel frattempo erogate in tutti gli altri stati membri dell’Unione europea in base alle direttive 362-363 del ’75 e soprattutto 76 del 1982. L’Italia per la cronaca ratificò la direttiva 76 con legge 257 nel 1991.

La Suprema Corte sulla prescrizione si era già pronunciata. L'ultima ordinanza in ordine di tempo - del gennaio scorso -  riguardava la prescrizione al diritto al risarcimento del danno causato dalla tardiva attuazione d’una direttiva comunitaria a seguito dell’entrata in vigore della L. n. 183 del 2011, art. 4, comma 43 (“la prescrizione del diritto al risarcimento del danno derivante da mancato recepimento nell’ordinamento dello Stato di direttive o altri provvedimenti obbligatori comunitari soggiace, in ogni caso, alla disciplina di cui all’articolo 2947 del codice civile e decorre dalla data in cui il fatto, dal quale sarebbero derivati i diritti se la direttiva fosse stata tempestivamente recepita, si è effettivamente verificato”) è soggetta alla prescrizione quinquennale, a nulla rilevando che il fatto generatore del danno, od il danno stesso si sia verificato in epoca anteriore, qualora alla data del 1 gennaio 2012 il termine decennale in precedenza vigente, avesse avuto una durata residua maggiore di cinque anni. Ciò in applicazione del criterio indicato dall’art. 252 disp. att. c.c.. Viceversa, se alla data del 1 gennaio 2012 il tempo mancante al compimento della prescrizione fosse stato inferiore al quinquennio, continua a trovare applicazione, sempre ai sensi dell’art. 252 disp. att. c.c, il previgente termine decennale per la sua residua durata. Se dopo il 1 gennaio 2012, ma prima del maturare della prescrizione nei termini indicati, il medico specializzando creditore ne avesse interrotto il corso, a partire dall’atto interruttivo si applica il nuovo termine quinquennale. Le ordinanze contro oppure a favore dei medici specializzandi sono diventate numerose. A questo proposito in allegato (clicca qui per scaricare il testo) i lettori troveranno i casi più importanti che riguardano appunto i medici specializzandi che in passato si sono rivolti ai giudici per far valere i propri diritti.

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