L’insufficienza cardiaca è una sindrome clinica con diverse eziologie sottostanti piuttosto che una malattia specifica.
Tradizionalmente, lo scompenso cardiaco è stato definito come una condizione caratterizzata da una ridotta capacità del cuore di pompare e/o riempirsi di sangue, o da una gittata cardiaca inadeguata causata da un'anomalia strutturale o funzionale, o da un'adeguata gittata cardiaca secondaria all'attivazione neuroormonale compensatoria e all’aumento della pressione di riempimento del ventricolo sinistro.[1]
Nonostante le diverse definizioni di scompenso cardiaco, la frazione di eiezione ventricolare sinistra (LVEF) è stata generalmente considerata la pietra angolare della diagnosi, della caratterizzazione, della prognosi e della selezione del trattamento di tale condizione patologica.[1]
I peptidi natriuretici, prodotti dal cuore in risposta all’aumento dell’infiammazione della parete e dello stress, forniscono anche informazioni diagnostiche e prognostiche per i pazienti con scompenso cardiaco.[1]
Secondo la definizione e classificazione universale proposta nel 2021, lo scompenso cardiaco è stato definito come una sindrome clinica con sintomi e/o segni causati da un’anomalia cardiaca strutturale e/o funzionale corroborata da elevati livelli di peptide natriuretico e/o con evidenza oggettiva di disturbi polmonari e congestione sistemica.[1]
Attualmente, i pazienti con insufficienza cardiaca vengono spesso classificati come affetti da insufficienza cardiaca con ridotta frazione di eiezione (HFrEF; LVEF <40%), con range medio (HFmrEF; LVEF 40–49%) o con frazione di eiezione conservata (HFpEF; LVEF ≥50%).[2]
L’insufficienza cardiaca è considerata una patologia pandemica che colpisce circa 64 milioni di persone in tutto il mondo. Si prevede che la prevalenza dello scompenso cardiaco aumenterà a causa dell’invecchiamento della popolazione.[1]
Sono stati proposti diversi criteri clinici e di ricerca per diagnosticare l’insufficienza cardiaca, ciascuno con i propri vantaggi e svantaggi. La prevalenza e l’incidenza sono idealmente stimate in un campione casuale (ripetuto) della popolazione generale, utilizzando criteri validati e invariati nel tempo e includono metodi oggettivi (come la misurazione del peptide natriuretico e l’ecocardiografia) per valutare la disfunzione cardiaca.[1]
Poiché lo scompenso cardiaco può essere visto come lo stadio cronico di qualsiasi patologia che compromette la funzionalità cardiaca è difficile individuarne una causa specifica.[2]
Spesso coesistono molteplici cause e la maggior parte delle condizioni di comorbidità non si verificano indipendentemente dall’insufficienza cardiaca, ma condividono una serie di fattori di rischio che hanno un ruolo nella patogenesi della sindrome o fungono da fattori perpetuanti. La comorbidità è associata ad una maggiore gravità della sintomatologia dello scompenso cardiaco e corrisponde ad una scarsa qualità della vita e ad una prognosi peggiore.[2]
Diverse coorti basate sulla popolazione hanno esaminato i fattori comuni che predispongono allo scompenso cardiaco, in particolare la malattia coronarica, l’ipertensione, il diabete, l’obesità e fumo.[2]
L’infiammazione gioca un ruolo chiave nello sviluppo di entrambi i tipi di scompenso cardiaco. Nell’insufficienza cardiaca con ridotta frazione di eiezione, i miociti cardiaci sono direttamente danneggiati durante l’insulto cardiaco iniziale (cioè nell’infezione del miocardio o ischemia) e la conseguente infiammazione causa un rimodellamento eccentrico del cuore. Non è del tutto chiaro se l’infiammazione perpetui anche l’insufficienza cardiaca cronica, ma gli studi dimostrano aumenti dei biomarcatori proinfiammatori (come il fattore di necrosi tumorale-α, l'interleuchina-1, l'interleuchina-6, la galectina 3).[2]
Poiché lo scompenso cardiaco è una sindrome caratterizzata da numerose cause o condizioni sottostanti che portano a danno cardiaco, è difficile stimare il numero di decessi attribuibili a tale patologia come vera causa di morte.[1]
Stanno iniziando ad emergere terapie per ridurre efficacemente la mortalità in questi pazienti. [2]
La diminuzione della mortalità correlata allo scompenso cardiaco derivante dai progressi nella gestione preventiva e terapeutica negli ultimi decenni ha raggiunto un plateau, mentre i ricoveri ospedalieri rimangono frequenti. Per migliorare i risultati sarà necessaria una migliore comprensione delle cause di ricovero e riammissione ospedaliera in pazienti affetti da insufficienza cardiaca.[2]
Bibliografia
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