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Terapia antiestrogenica del cancro al seno: la resistenza terapeutica

Breast Cancer Redazione DottNet | 27/09/2024 18:13

L'antagonismo selettivo del recettore degli estrogeni (ER) è stato uno degli approcci terapeutici di maggior successo in oncologia nei tumori al seno ER+, sia in fase iniziale che metastatica. Tuttavia, nel tempo può svilupparsi una resistenza, caratterizzata da recidiva clinica, che in genere comporta l'emergere di alterazioni genetiche ed epigenetiche tali da determinare la riattivazione della segnalazione ER.

Il recettore ormonale degli estrogeni (ER) ha un ruolo centrale in diversi meccanismi fisiologici e patologici della ghiandola mammaria; esso, infatti, regola lo sviluppo fisiologico di quest’ultima, ma anche processi patologici come la carcinogenesi mammaria e la progressione del tumore. Sebbene non tutte le cellule della ghiandola mammaria esprimano ER, circa il 70-80% dei tumori che emergono da essa esprime tale recettore ed è dipendente dalla segnalazione ER per la proliferazione.[1,2]

Per tale motivo l'antagonismo selettivo del recettore è stato uno degli approcci terapeutici di maggior successo in oncologia nei tumori al seno ER+, sia in fase iniziale che metastatica.[1,2]

I meccanismi alla base dell’attività antiestrogenica sono diversi e includono principalmente due diverse strategie:

  • la soppressione della produzione dei ligandi (estrogeni) che attivano il recettore ER;
  • la modulazione diretta del recettore stesso tramite il blocco diretto della segnalazione di ER;[1,2]

 Inibitori delle aromatasi

Una classe di molecole ampiamente utilizzata è rappresentata dagli inibitori delle aromatasi, farmaci in grado di ridurre la quantità di estrogeni in circolo nell’organismo e di conseguenza la quantità di ormoni che raggiungono le cellule tumorali nel seno.[1] Gli inibitori dell’aromatasi sono riservati alle donne già in menopausa poiché sebbene in esse la produzione di estrogeni da parte delle ovaie è molto bassa, nei muscoli, nel fegato e nel tessuto adiposo l’enzima aromatasi è responsabile della conversione degli androgeni in estrogeni.[1]

 Modulatori selettivi del recettore degli estrogeni (SERM)

 Con l’acronimo SERM si fa riferimento ad un'ampia gamma di sostanze non steroidee in grado di agire sia come agonisti, per alcuni tessuti bersaglio, che come antagonisti per i recettori degli estrogeni (ER).[3] Tali molecole bloccano il dominio di legame degli estrogeni (LBD) ma non il dominio di legame del DNA (DBD) o il dominio di attivazione del ligando (AF1) del recettore ER.[1,3]

 Degradatori selettivi del recettore degli estrogeni (SERD)

L’acronimo SERD indica una classe di molecole ampiamente utilizzate nella terapia del carcinoma mammario.[4] I degradatori selettivi di ER agiscono sia a livello dei domini LBD che di quelli AF1; tali farmaci impediscono il reclutamento di co-attivatori e sono responsabili della degradazione di ER.[1,4]

 Resistenza terapeutica

La maggior parte dei tumori ER+ sin da subito si dimostra sensibile agli agenti anti-estrogeni; tuttavia, nel tempo può svilupparsi una resistenza, caratterizzata da recidiva clinica, che in genere comporta l'emergere di alterazioni genetiche ed epigenetiche tali da determinare la riattivazione della segnalazione ER.[4]  La definizione di “resistenza endocrina" può variare in base allo specifico caso e ai contesti clinici. Non sorprende quindi che siano stati identificati un numero sempre più elevato di meccanismi di resistenza alla terapia endocrina. [1,2]

È interessante notare che i meccanismi di resistenza correlati alla segnalazione attiva di ER sono più tipicamente osservati nei tumori che manifestano un primo periodo di risposta al farmaco, seguito in un secondo momento, da resistenza; in questi casi parliamo dunque di resistenza acquisita, che per certi aspetti è “indotta” dalla terapia in quanto si sviluppa in seguito al trattamento.[1] Tale fenomeno si differenzia da meccanismi indipendenti dalla segnalazione di ER, nei quali i tumori sin da subito si mostrano resistenti nei confronti della terapia.[1]

La capacità dei tumori al seno ER+ di sviluppare resistenza in seguito al trattamento con terapia antiestrogenica si osserva al meglio nei tumori con mutazioni a carico di ESR1, il gene che codifica per il recettore ER.[1] Sebbene descritte per la prima volta come un caso clinico nel 1997, le mutazioni ESR1 sono state ampiamente trascurate negli anni successivi, poiché gli studi genomici iniziali si sono concentrati sui tumori primari ancora non trattati; per tale motivo la comunità scientifica non è riuscita a capire l'importanza di tale fenomeno.[1] Solo nel 2013, mediante il sequenziamento di tumori metastatici che erano stati esposti alla terapia, è stato dimostrato che le mutazioni acquisite nel dominio LBD di ESR1 sono importanti fattori di resistenza terapeutica.[1]

Diverse analisi su larga scala mostrano che le mutazioni ESR1 sono raramente riscontrate nei tumori mammari primari (<1%) o nella malattia metastatica naïve al trattamento (<5%), ma sono presenti in un numero sostanziale (20–40%) di tumori metastatici precedentemente trattati, in particolare con gli inibitori dell'aromatasi.[1] Queste molecole, infatti, sono note per selezionare mutazioni ESR1.[1]

La maggior parte delle mutazioni ESR1, nelle pazienti con carcinoma mammario ER + precedentemente trattato, sono a carico del dominio di legame LBD del recettore degli estrogeni. In assenza del ligando, il dominio LBD è legato a delle heat shock protein (HSP) come HSP90; ciò consente di mantenere una conformazione inattiva del recettore.[1] Tuttavia, in presenza di estrogeni, il dominio LBD dimerizza, inducendo un cambio conformazionale nel recettore ER che promuove il reclutamento di proteine co-attivatrici che hanno come bersaglio ER.[1]

Recenti saggi strutturali biochimici e informatici hanno dimostrato che le mutazioni ESR1 stabilizzano l'ER in una conformazione attiva anche in assenza di estrogeni. Ciò si traduce in un aumento della crescita delle cellule con mutazioni a carico di ESR1, anche in condizioni di carenza di estrogeni.[1] Inoltre, le mutazioni in ESR1 aumentano anche la migrazione, l'invasione e la capacità metastatica cellulare.[1]

A causa dell’attività estrogeno-indipendente del recettore mutato, le strategie terapeutiche volte a ridurre il livello degli estrogeni, come gli inibitori dell'aromatasi, si sono dimostrate meno efficaci.[1] È importante notare che, oltre a determinare meccanismi di resistenza indipendenti dagli estrogeni, la conformazione attiva del recettore ER indotta dal mutante riduce anche l'affinità di legame degli antagonisti del recettore degli estrogeni per cui anche i SERM come tamoxifene, raloxifene, bazedoxifene, ed i SERD come fulvestrant, dimostrano una ridotta affinità di legame all'ER mutato.[1] Fortunatamente l'inibizione di ER da parte di questi farmaci può ancora essere ottenuta mediante l’uso di concentrazioni più elevate, rispetto a quelle richieste in caso di recettore non mutato.[1]

In conclusione, è possibile affermare che le mutazioni ESR1 sono i principali responsabili della resistenza sia agli inibitori dell'aromatasi, a causa della loro capacità di attivare la segnalazione ER in modo indipendente dagli estrogeni, che ad antagonisti del recettore ER come fulvestrant e tamoxifene a causa del loro impatto sull'affinità di legame del farmaco.[1] Gli studi attualmente in corso di nuove strategie terapeutiche per i tumori metastatici ER + con mutazioni ESR1 suggeriscono che i limiti della resistenza terapeutica indipendente dagli estrogeni possano essere superati mediante un targeting più efficace di ER. Sebbene siano già in fase di sviluppo e progettazione terapie endocrine di nuova generazione, una domanda importante che si pone la comunità scientifica è se questi agenti endocrini selezioneranno nuovi meccanismi di riattivazione dell'ER o se orienteranno completamente i tumori verso la completa indipendenza dall'ER.[1] La comunità attende con ansia i risultati delle sperimentazioni in corso, nonché delle analisi genomiche e trascrittomiche delle biopsie tumorali e del DNA tumorale circolante di pazienti esposti a queste nuove terapie per periodi di tempo prolungati.[1]

 Bibliografia:

  1. Will M. et al. Therapeutic resistance to anti-oestrogen therapy in breast cancer. Nat Rev Cancer. 2023 Oct;23(10):673-685. doi: 10.1038/s41568-023-00604-3.
  2. Ferro A. et al.  Novel Treatment Strategies for Hormone Receptor (HR)-Positive, HER2-Negative Metastatic Breast Cancer. J Clin Med. 2024 Jun 20;13(12):3611. doi: 10.3390/jcm13123611.
  3. Motlani G. et al. Novel Advances in the Role of Selective Estrogen Receptor Modulators in Hormonal Replacement Therapy: A Paradigm Shift. Cureus. 2023 Nov 19;15(11):e49079. doi: 10.7759/cureus.49079.
  4. Guglielmi G,Pharmacological insights on novel oral selective estrogen receptor degraders in breast cancer. Eur J Pharmacol. 2024 Apr 15;969:176424. doi: 10.1016/j.ejphar.2024.176424. Epub 2024 Feb 23. PMID: 38402929.

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