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Modelli sperimentali 3D per lo studio dell’immunoterapia nel cancro al seno

Breast Cancer Redazione DottNet | 11/09/2024 17:39

Negli ultimi anni l’immunoterapia come trattamento del tumore al seno (Breast Cancer; BC) sta assumendo sempre più importanza. Lo studio degli effetti dell’immunoterapia, tuttavia, presenta diversi limiti sperimentali per ciò che riguarda costo, resa, tempi e la completa compatibilità immunitaria. Alcuni limiti dei metodi sperimentali tradizionali (colture cellulari 2D o sperimentazione in vivo) sembrano essere superati con l’uso di metodi 3D.

Il cancro al seno (Breast Cancer;BC) ha il più alto tasso di incidenza al mondo e il più alto tasso di mortalità tra i tumori nelle donne.[1] I trattamenti del BC includono principalmente chirurgia, radioterapia, terapia endocrina, chemioterapia sistemica e terapia mirata al recettore del fattore di crescita epidermico umano 2 (HER2).[1] La terapia di precisione personalizzata è solitamente adattata alle caratteristiche clinico-patologiche e molecolari delle pazienti.[1] Nonostante i significativi progressi nel trattamento del BC, circa il 20% delle pazienti è vittima di ricadute o metastasi; il trattamento della patologia e delle sue complicanze, infatti, rimane ancora oggi una sfida.[1,2] L'immunoterapia, come strategia terapeutica, sta attirando sempre più l’attenzione dei ricercatori, tuttavia, la sua applicazione nel BC non è stata ancora studiata a fondo, a causa di difficoltà nell’approccio sperimentale.[1] Negli ultimi anni si è assistito ad una crescente domanda di modelli preclinici in grado di riprodurre in modo affidabile la composizione e la funzione del microambiente tumorale (TME) caratteristico del tumore al seno.[1,2] I metodi tradizionali bidimensionali (colture cellulari, in vitro) riproducono in maniera inadeguata la complessa struttura del TME, propria del tumore originale.[1] Nel campo della ricerca sul cancro al seno, sono disponibili oltre 50 diverse linee cellulari bidimensionali (2D), che sono convenienti, di facile gestione e adatte allo screening farmacologico ad alto rendimento.[2] Sono ampiamente utilizzate nella ricerca di base e negli studi sulla sensibilità ai farmaci per il cancro al seno.[2] Tuttavia, le linee cellulari 2D non hanno l'eterogeneità delle cellule tumorali e l'interazione tra le cellule tumorali e il microambiente tumorale.[2] Di conseguenza, hanno una scarsa biostabilità e il potenziale rischio di mutazioni genetiche causate dalla clonazione di cellule dominanti.[2] Inoltre, non possono replicare accuratamente la complessità dei tessuti tumorali, sollevando interrogativi sulla possibilità che esse possano fornire una rappresentazione accurata dei diversi tipi di cancro al seno.[2] Oltre alle tradizionali colture cellulari anche la sperimentazione su modelli animali (in vivo) non è ottimale per lo studio e la valutazione dell’immunoterapia nel BC.[1,2] Infatti, i modelli in vivo sono utili per la tossicologia e la ricerca sull'efficacia dei farmaci classici, ma non possono valutare tutti i tipi di immunoterapie, a causa delle enormi disparità intrinseche nei sistemi immunitari tra animali ed esseri umani.[1] I modelli di xenotrapianto tumorale derivato dal paziente (PDTX) possono ricapitolare parzialmente le interazioni delle cellule cancerose con le cellule stromali e la matrice extracellulare (ECM) e le interazioni parziali con la risposta immunitaria.[1] Tale approccio sperimentale è ampiamente utilizzato per l'identificazione di biomarcatori, test preclinici sui farmaci, ricerca sul cancro e scoperta di farmaci.

[1] Gli attuali modelli PDTX mancano però di componenti immunitarie chiave degli esseri umani, come le cellule B e T circolanti.[1] Per risolvere questo problema, vengono stabiliti modelli umanizzati di immuno-oncologia trapiantando frammenti tumorali ottenuti dai pazienti nel modello di topo portatore di immunociti umani.[1] Sfortunatamente, la creazione di questi modelli è piena di sfide, considerando il costo, la resa, il tempo e la completa compatibilità immunitaria.[1] Negli ultimi anni sono stati sviluppati dei sistemi in grado di riprodurre, seppur in maniera approssimativa, la struttura tridimensionale e, di conseguenza, il TME utile per lo studio di diverse patologie, tra cui il BC.[1] Si tratta di modelli 3D, anche detti organoidi.[1,2] La tecnologia organoide ha il potenziale per superare alcuni dei limiti delle tecniche di coltura convenzionali.[1,2] Attualmente, questa tecnologia è stata applicata con successo allo studio di vari tumori umani.[1,2] Questa matrice tridimensionale è biologicamente attiva e può essere polimerizzata a temperatura ambiente.[2] È composta da laminina, collagene di tipo IV, nidogeno e glicoproteina eparan solfato, nonché fattori di crescita e metalloproteinasi della matrice.[2] Imita la composizione strutturale, le proprietà fisiche e le funzioni biologiche della membrana basale in vivo delle cellule, rendendola utile per la differenziazione in vitro e la coltura delle cellule.[2] Inoltre, le colture 3D consentono di riprodurre la struttura del tessuto tumorale umano primitivo e sono in grado di incorporare componenti immunitarie.[1] Per tali motivi le piattaforme organoidi possono essere utilizzate per replicare il BC-TME per ottenere la riproduzione della reazione immunoterapica e facilitare la sperimentazione preclinica pertinente.[1]

Gli organoidi immunitari del BC possono essere utili in determinate condizioni; possono potenzialmente servire come modelli in vitro per valutare la sensibilità e la resistenza all'immunoterapia, analizzare nuovi approcci terapeutici e per mettere a punto lo studio dell'immunoterapia personalizzata.[1] Tuttavia, la strada è ancora lunga e numerosi aspetti rappresentano grandi sfide ancora da affrontare come ad esempio gli approcci per prolungare il tempo di coltura degli organoidi immunitari, le soluzioni alla vascolarizzazione e i problemi di perfusione.[1] Per utilizzare appieno tali colture come modelli di immunoterapia per la ricerca sul BC è necessario comprenderne a fondo i vantaggi e gli svantaggi che oggigiorno non sono ancora del tutto conosciuti.[1] Gli studiosi ritengono che gli organoidi possano diventare un ottimo strumento di immuno-oncologia nel BC, anche se si è ancora in attesa dei relativi studi clinici per esplorare i loro vari valori applicativi nella ricerca, in particolare per la medicina di precisione.[1]

Bibliografia

  1. Guan D, Liu X, Shi Q, He B, Zheng C, Meng X. Breast cancer organoids and their applications for precision cancer immunotherapy. World J Surg Oncol. 2023 Oct 26;21(1):343. doi: 10.1186/s12957-023-03231-2. PMID: 37884976; PMCID: PMC10601270.
  2. Tzeng YT, Hsiao JH, Tseng LM, Hou MF, Li CJ. Breast cancer organoids derived from patients: A platform for tailored drug screening. Biochem Pharmacol. 2023 Nov;217:115803. doi: 10.1016/j.bcp.2023.115803. Epub 2023 Sep 13. PMID: 37709150.

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