Negli ultimi anni l’immunoterapia come trattamento del tumore al seno (Breast Cancer; BC) sta assumendo sempre più importanza. Lo studio degli effetti dell’immunoterapia, tuttavia, presenta diversi limiti sperimentali per ciò che riguarda costo, resa, tempi e la completa compatibilità immunitaria. Alcuni limiti dei metodi sperimentali tradizionali (colture cellulari 2D o sperimentazione in vivo) sembrano essere superati con l’uso di metodi 3D.
Il cancro al seno (Breast Cancer;BC) ha il più alto tasso di incidenza al mondo e il più alto tasso di mortalità tra i tumori nelle donne.[1] I trattamenti del BC includono principalmente chirurgia, radioterapia, terapia endocrina, chemioterapia sistemica e terapia mirata al recettore del fattore di crescita epidermico umano 2 (HER2).[1] La terapia di precisione personalizzata è solitamente adattata alle caratteristiche clinico-patologiche e molecolari delle pazienti.[1] Nonostante i significativi progressi nel trattamento del BC, circa il 20% delle pazienti è vittima di ricadute o metastasi; il trattamento della patologia e delle sue complicanze, infatti, rimane ancora oggi una sfida.[1,2] L'immunoterapia, come strategia terapeutica, sta attirando sempre più l’attenzione dei ricercatori, tuttavia, la sua applicazione nel BC non è stata ancora studiata a fondo, a causa di difficoltà nell’approccio sperimentale.[1] Negli ultimi anni si è assistito ad una crescente domanda di modelli preclinici in grado di riprodurre in modo affidabile la composizione e la funzione del microambiente tumorale (TME) caratteristico del tumore al seno.[1,2] I metodi tradizionali bidimensionali (colture cellulari, in vitro) riproducono in maniera inadeguata la complessa struttura del TME, propria del tumore originale.[1] Nel campo della ricerca sul cancro al seno, sono disponibili oltre 50 diverse linee cellulari bidimensionali (2D), che sono convenienti, di facile gestione e adatte allo screening farmacologico ad alto rendimento.[2] Sono ampiamente utilizzate nella ricerca di base e negli studi sulla sensibilità ai farmaci per il cancro al seno.[2] Tuttavia, le linee cellulari 2D non hanno l'eterogeneità delle cellule tumorali e l'interazione tra le cellule tumorali e il microambiente tumorale.[2] Di conseguenza, hanno una scarsa biostabilità e il potenziale rischio di mutazioni genetiche causate dalla clonazione di cellule dominanti.[2] Inoltre, non possono replicare accuratamente la complessità dei tessuti tumorali, sollevando interrogativi sulla possibilità che esse possano fornire una rappresentazione accurata dei diversi tipi di cancro al seno.[2] Oltre alle tradizionali colture cellulari anche la sperimentazione su modelli animali (in vivo) non è ottimale per lo studio e la valutazione dell’immunoterapia nel BC.[1,2] Infatti, i modelli in vivo sono utili per la tossicologia e la ricerca sull'efficacia dei farmaci classici, ma non possono valutare tutti i tipi di immunoterapie, a causa delle enormi disparità intrinseche nei sistemi immunitari tra animali ed esseri umani.[1] I modelli di xenotrapianto tumorale derivato dal paziente (PDTX) possono ricapitolare parzialmente le interazioni delle cellule cancerose con le cellule stromali e la matrice extracellulare (ECM) e le interazioni parziali con la risposta immunitaria.[1] Tale approccio sperimentale è ampiamente utilizzato per l'identificazione di biomarcatori, test preclinici sui farmaci, ricerca sul cancro e scoperta di farmaci.
Gli organoidi immunitari del BC possono essere utili in determinate condizioni; possono potenzialmente servire come modelli in vitro per valutare la sensibilità e la resistenza all'immunoterapia, analizzare nuovi approcci terapeutici e per mettere a punto lo studio dell'immunoterapia personalizzata.[1] Tuttavia, la strada è ancora lunga e numerosi aspetti rappresentano grandi sfide ancora da affrontare come ad esempio gli approcci per prolungare il tempo di coltura degli organoidi immunitari, le soluzioni alla vascolarizzazione e i problemi di perfusione.[1] Per utilizzare appieno tali colture come modelli di immunoterapia per la ricerca sul BC è necessario comprenderne a fondo i vantaggi e gli svantaggi che oggigiorno non sono ancora del tutto conosciuti.[1] Gli studiosi ritengono che gli organoidi possano diventare un ottimo strumento di immuno-oncologia nel BC, anche se si è ancora in attesa dei relativi studi clinici per esplorare i loro vari valori applicativi nella ricerca, in particolare per la medicina di precisione.[1]
Bibliografia
Esperti, "nuove ormonoterapie orali siano disponibili in Italia"
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