La Fondazione Italiana per la Ricerca in Reumatologia (FIRA) ha finanziato una ricerca presso il Policlinico Gemelli di Roma per indagare la presenza di biomarcatori e la potenziale utilità dei farmaci monoclonali in uso per l’emicrania
Trovare finalmente un biomarcatore in grado di diagnosticare la fibromialgia e rappresentare un possibile target da colpire con farmaci avanzati già disponibili per altre patologie ampliando gli strumenti a disposizione per curare questa sindrome: sono gli obiettivi della ricerca che la dottoressa Annunziata Capacci (nella foto), responsabile Ambulatorio Fibromialgia del Policlinico Universitario Agostino Gemelli di Roma, presso la UOC di Reumatologia diretta dalla Professoressa Maria Antonietta D’Agostino, sta portando avanti per conto di FIRA, la Fondazione Italiana per la Ricerca in Reumatologia.La fibromialgia è una delle cause più comuni di dolore cronico diffuso ed è spesso caratterizzata dalla compresenza di sintomi quali stanchezza, difficoltà di concentrazione, astenia, disturbi del sonno, ma anche ansia, depressione e cefalea. Esiste una forma primaria della malattia, non associata ad altre patologie, e una forma secondaria che insorge in pazienti che hanno già altre malattie reumatologiche (come la Sindrome di Sjogren o altre connettiviti, l’artrite reumatoide, la spondiloartrite o artrite psoriasica). Si calcola che il 2-4% della popolazione generale ne sia affetto, di cui l’80% donne, con un’età media fra i 30 ed i 50 anni.
La diagnosi è resa complessa dall’estrema variabilità dei sintomi e dall’assenza di biomarcatori e spesso giunge in ritardo, dopo anni dall’esordio dei sintomi. "Un’urgente necessità medica per la fibromialgia è l’individuazione di biomarcatori per definire la malattia e caratterizzarne il fenotipo e la gravità. Clinicamente la fibromialgia ha molte caratteristiche proprie della sensibilizzazione centrale e l’alta prevalenza di fibromialgia in associazione all’emicrania suggerisce che possano condividere una causa comune" spiega la dott.ssa Capacci. "In particolare, abbiamo ipotizzato che i pazienti affetti da fibromialgia possano avere elevati livelli di CGRP, il peptide che da tempo si ritiene possa giocare un ruolo fondamentale nella fisiopatologia dell’emicrania. Di conseguenza nel nostro studio valuteremo se in pazienti affetti da fibromialgia ed emicrania, trattati per quest’ultima secondo indicazione neurologica con farmaci anti CGRP, la terapia porti benefici anche per la fibromialgia".
FIRA, grazie alla raccolta fondi del 5x1000, ha sovvenzionato con un bando di 50.000 euro questo nuovo progetto di ricerca, avviato a luglio 2023, coordinato dalla dott.ssa Capacci, coadiuvata da dott.ssa Giulia Calabrese e dai medici specializzandi del Policlinico Gemelli di Roma. "Se la nostra ipotesi fosse confermata aprirebbe la strada a nuove possibilità terapeutiche. Si potrebbero usare farmaci già approvati per l’emicrania anche per il trattamento della fibromialgia, ampliando gli strumenti a disposizione per migliorare la qualità di vita dei pazienti" sottolinea la dott.ssa Capacci.
Lo studio intende arruolare 200 pazienti affetti da fibromialgia, di cui 100 che soffrono solo di fibromialgia e 100 anche di emicrania (con 20 pazienti come controllo), che verranno visitati ogni 3 mesi nell’arco di un anno. Durante le visite verranno effettuati esami del sangue e della saliva per capire se vi sono differenze significative nei livelli di CGRP nei due gruppi in esame e rispetto alla popolazione di controllo. "Partecipare a uno studio di questo tipo è un’opportunità preziosa perché si può dare il proprio contributo per la ricerca in una patologia ancora piuttosto orfana, che dispone di pochi dati e poche sieroteche dove poter attingere" aggiunge la dott.ssa Capacci.
Ad oggi le cause della fibromialgia non sono del tutto chiare: si ritiene che ci sia una combinazione di predisposizione genetica (familiarità), con eventi di vita stressanti (traumi, interventi chirurgici, malattie, etc.); inoltre, a livello del sistema nervoso centrale sono state documentate numerose alterazioni dei neuro-trasmettitori o di sostanze ormonali che determinano l’alterata percezione del dolore.
Il trattamento della patologia è di tipo integrato e si basa su quattro pilastri: educazione del paziente, fitness (attività aerobica, thai-chi, yoga, pilates, ginnastica posturale, nuoto, etc.), psicoterapia e farmacoterapia. Attualmente nessun farmaco riporta l’indicazione per l’utilizzo in fibromialgia ma in pratica clinica vengono utilizzati integratori, farmaci miorilassanti, anti depressivi e anticonvulsivanti, a seconda dei sintomi prevalenti. È fondamentale un approccio il più possibile personalizzato e graduale, basato su obiettivi condivisi con il paziente.
"Come per altre malattie reumatologiche, la ricerca scientifica sta facendo compiere fondamentali passi avanti nella diagnosi e cura di patologie che fino a qualche decennio fa avevano un impatto altamente invalidante sui pazienti. Anche per la fibromialgia è necessario ampliare le nostre conoscenze sui meccanismi che regolano la malattia per poter compiere un salto di qualità nel trattamento dei sintomi. Siamo fiduciosi che questa ricerca della dott.ssa Capacci che FIRA sostiene possa dare un utile contributo su cui la comunità reumatologica italiana è pronta a collaborare" sottolinea il prof. Carlomaurizio Montecucco, Presidente di FIRA e ordinario di Reumatologia dell’Università di Pavia al Policlinico San Matteo.
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