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Mancano medici nei Pronto soccorso, Schillaci: potenziare la medicina territoriale e case di comunità

Sanità pubblica Redazione DottNet | 20/02/2024 19:00

Smi: "Ci battiamo affinché venga riconosciuta l’indennità di lavoro usurante ai medici dell’emergenza-urgenza, (medici di PS e di 118); tale riconoscimento comporterebbe un’indennità economica e pensionistica adeguata e giusta"

Il ministro della Salute Orazio Schillaci è intervenuto davanti alla commissione Affari sociali della Camera, per l'indagine conoscitiva sulla situazione dei Pronto soccorso in Italia. Schillaci si è concentrato soprattutto sulla medicina di emergenza-urgenza, e ha sottolineato nel 2022 ci sono stati "più di 17 milioni di accessi in Pronto soccorso", di cui circa il 40% erano "evitabili".

Un sovraffollamento che ha avuto effetti negativi per chi aveva più bisogno. Per i codici bianco e verde, solitamente i tempi di attesa massimi sono stati rispettati, mentre per le situazioni più gravi (codici azzurro, arancione e rosso) ci sono stati più spesso dei ritardi, con situazioni molto diverse da Regione a Regione. Un problema è anche che molti vanno al Pronto soccorso anche quando non ce ne sarebbe bisogno.

Questo richiederebbe di potenziare "su tutto il territorio nazionale la medicina territoriale", anche con "i fondi del Pnrr", per "assumere personale, perché poi ovviamente la medicina territoriale va riempita di professionisti sanitari". D'altra parte, uno degli aspetti fondamentali è proprio la mancanza di personale. In generale, mancano "4.500 medici e circa 10mila infermieri" a livello nazionale, un problema di cui si parla da anni. Schillaci ha sottolineato che il governo Meloni è già intervenuto per rendere la medicina d'emergenza "più attrattiva" anche dal punto di vista economico e pensionistico. Ma, ha detto, questo non basta.

"La carenza di personale nei Pronto soccorso è un fenomeno che interessa anche altri Paesi, penso anche agli Stati Uniti, dove la paga è più alta". In molte scuole di specializzazione quasi la metà dei posti messi a concorso per il Ps viene lasciata vuota: "Solo la metà delle borse di medicina d'emergenza-urgenza vengono realmente assegnate, dovute alle condizioni di lavoro stressanti e pericolose, sia fisicamente per le aggressioni, sia nel contenzioso medico-legale. E d'altra parte c'è l'impossibilità di svolgere libera professione e la difficoltà nell'aggiornamento professionale". Nel 2021 sono stati assegnati solo 510 contratti di specializzazione nella medicina d'emergenza-urgenza (il 47% del totale), mentre nel 2023 si è scesi a 245 contratti (il 29%).

"Noto con un po' di dolore che se andiamo a vedere le specialità più scelte dai giovani sono quelle nelle quali è possibile svolgere una libera professione autonoma". Ma, ha aggiunto, "chi sceglie di fare il medico non può pensare di avere solo un fine economico". Poi ha chiarito: "Naturalmente chi fa certi lavori deve essere pagato, e pagato bene". Dunque, bisognerà cercare "soluzioni efficaci" per permettere "una specifica valorizzazione degli specializzandi impegnati nei percorsi meno attrattivi".

"Destano forti preoccupazioni i contenuti dell’audizione del Ministro della salute Orazio Schillaci sullo stato della medicina di emergenza e sui Pronto soccorso nel nostro paese a partire dal fatto che mancherebbero 4.500 medici e circa 10.000 infermieri a livello nazionale", commenta Fabiola Fini, Vice Segretario Nazionale del Sindacato Medici Italiani, le parole del Ministro.

"Non si può affermare, invece, come fa il ministro, che il sovraffollamento dei Pronto Soccorso è dovuto anche per responsabilità dell'assistenza extra-ospedaliera nella gestione degli accessi evitabili. Forse qualcosa non è andato nel verso giusto in questi anni a partire dalle politiche dei tetti di spesa per le assunzioni del personale e a causa degli stipendi italiani, sotto la media europea per i medici, che hanno determinato lo svuotamento dei dipartimenti di emergenza urgenza. Da questo bisognerebbe partire per superare la scarsa attrattività del Sistema Sanitario Pubblico che soffre molto nel reperire figure specialistiche e fa ricorso ad un mercato di prestatori d’opera estranei al sistema che ne precarizzano l’organizzazione del lavoro. Deludente il ministro sul fatto che non abbia menzionato per niente le questioni inerenti al servizio del 118 e alla necessaria connessione tra l’assistenza pre ospedaliera e quella ospedaliera", precisa Fini. 

"Per queste ragioni ci battiamo affinché venga riconosciuta l’indennità di lavoro usurante ai medici dell’emergenza-urgenza, (medici di PS e di 118); tale riconoscimento comporterebbe un’indennità economica e pensionistica adeguata e giusta, al fine di diventare un’attività scelta dai professionisti per il valore aggiunto che viene riconosciuto - aggiunge la sindacalista -.Allo stesso tempo abbiamo bisogno d’ipotizzare una reale staffetta generazionale, tenendo conto dell’età elevata dei medici del sistema  emergenza- urgenza e della necessità di formazione dei neo assunti con articolazioni di lavoro che incentivano la permanenza in servizio. I medici specializzandi che si trovano di fatto a gestire attività di reparto con grandi responsabilità e rischi medico legali  vengono retribuiti molto meno degli altri colleghi con borse di studio. Per gli specializzandi  deve esser  previsto un  nuovo contratto di formazione lavoro con tutti i diritti le tutele dei dipendenti del SSN". "Proponiamo, inoltre, che vi sia un atto d’indirizzo tra Stato e Regioni al fine d’individuare aree di attività della emergenza territoriale per il miglioramento dei servizi  e per richiedere l'instaurarsi di un rapporto d'impiego", incalza Fini.

Secondo l'esponente dello Smi, è necessario "standardizzare il profilo giuridico e professionale del personale medico per integrare il sistema di emergenza preospedaliera con quella intraospedaliera  al fine di innalzare ai livelli di qualità e di efficienza il sistema di emergenza in Italia. Il decreto 70/2015 ha comportato la chiusura dei piccoli presidi ospedalieri allontanando sempre di più l’ospedale dal cittadino , l’evolversi dei PTDA (percorsi terapeutico-diagnostico assistenziali) comporta che il medico di emergenza/urgenza preospedaliera lavori in simbiosi con quello del  sistema ospedaliero di emergenza, per la salvaguardia della continuità della cura cui ha diritto il paziente". "Non abbiamo intravisto, ci duole dirlo, oltre all’illustrazione di dati riferiti allo stato dell’arte della medicina dell’emergenza-urgenza e del pronto soccorso, una visione strategica del settore e delle risposte concrete alla criticità presenti, né tanto meno tener conto della sempre più grande presenza delle donne che lavorano in sanità, con la conseguente necessità di prevedere una seria politica delle pari opportunità", conclude Fini.

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