L’Inps procederà al riesame d’ufficio dei trattamenti pensionistici interessati: non è quindi necessaria alcuna domanda dei pensionati coinvolti
Con la Circolare Inps n. 108 del 22 dicembre 2023, condivisa con il Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, l’Istituto illustra le novità in merito alla sentenza della Corte Costituzionale n. 162/2022, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del combinato disposto del terzo e quarto periodo del comma 41 dell’articolo 1 della legge 8 agosto 1995, n. 335, e della connessa Tabella F, nella parte in cui, in caso di cumulo tra il trattamento pensionistico a superstiti ed i redditi aggiuntivi del beneficiario, non prevede che la decurtazione effettiva della pensione non possa essere operata in misura superiore alla concorrenza dei redditi stessi.
In particolare l’Inps sottolinea che, nella sentenza 162/2022, la Corte Costituzionale, in relazione alla specifica questione del cumulo tra pensione e redditi da lavoro, ha comunque confermato che la sussistenza di altre fonti di reddito può essere posta a base della riduzione del trattamento pensionistico, in quanto la funzione previdenziale della pensione non si esplica, o almeno viene notevolmente ridotta, quando il lavoratore è ancora in attività o gode di sufficienti redditi propri.
Secondo la Corte, tuttavia, la disciplina originaria della legge 335/95 viola appunto il principio di ragionevolezza nella parte in cui le disposizioni censurate non prevedono un tetto alle decurtazioni del trattamento ai superstiti cagionate dal possesso di un reddito aggiuntivo; va quindi previsto il limite della concorrenza dei redditi. Come ben noto, la Riforma Dini introdusse il molto contrastato principio, in base al quale, in presenza di un reddito proprio di una certa entità lorda, la pensione di reversibilità viene pesantemente decurtata, fino a dimezzarsi. In soldoni, è sufficiente una pensione propria (o uno stipendio proprio) di importo superiore a cinque volte il minimo Inps (per il 2024 parliamo di poco meno di 3.000 euro lordi mensili, poco più di 2.000 euro netti, abbastanza normali per chi ha un lavoro o una pensione reali) per vedersi ridurre alla metà il trattamento di reversibilità derivante dal decesso del coniuge.
E’ vero che la reversibilità è pari presso l’Inps al 60% della pensione percepita dal coniuge deceduto, ma è anche vero che esistono pensioni di importo elevato, per le quali l’entità del taglio supera quella del reddito proprio che lo ha determinato. Pensiamo ad esempio ad una pensione di importo lordo pari ad 8.000 euro; in caso di decesso del titolare, il coniuge con 3.000 euro lordi mensili di pensione propria, ne perderebbe 4.000, più di quanto percepisce in proprio. Con la sentenza della Consulta, il taglio deve invece ridursi a 3.000 euro mensili, e la reversibilità deve passare da 4.000 a 5.000 euro lordi mensili. L’Inps ribadisce quindi, nella Circolare 108, che per effetto del principio affermato dalla Corte Costituzionale, la decurtazione della pensione ai superstiti non può comportare una riduzione in misura superiore ai redditi percepiti dal beneficiario. Le pensioni coinvolte vanno quindi definite secondo questo principio.
Pertanto l’Inps procederà al riesame d’ufficio dei trattamenti pensionistici interessati: non è quindi necessaria alcuna domanda dei pensionati coinvolti, anche se resta opportuno un monitoraggio da effettuarsi magari con l’assistenza di un Patronato. L’Inps precisa, infine, che ai pensionati interessati alla ricostituzione del trattamento pensionistico in esame vengono riconosciute le differenze sui ratei arretrati e gli interessi legali e/o la rivalutazione monetaria, nei limiti della prescrizione quinquennale, da calcolarsi a ritroso dalla data di riliquidazione del trattamento, fermi restando gli effetti di eventuali atti interruttivi della prescrizione.
Questo significa che alle pensioni di reversibilità potenzialmente interessate dal ricalcolo e liquidate più di cinque anni fa, verranno riconosciute solo le differenze relative agli ultimi cinque anni, salvi i casi (piuttosto rari) di soggetti che avevano sollevato il problema con una precedente diffida all’Inps. Ultima notazione: questo discorso non interessa assolutamente le pensioni ai superstiti liquidate dall’Enpam, per le quali non si applica in nessun modo il cumulo con i redditi propri del beneficiario. Esse, quindi, non sono soggette ad alcuna decurtazione per tale motivo.
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