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Integrazioni al minimo: un altro aumento consistente

Previdenza Redazione DottNet | 26/12/2023 09:23

Tale importo per gli aventi diritto è stato già aggiornato, sulla base del Decreto Anticipi, nella mensilità di dicembre

Il Decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze, di concerto con il Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali 20 novembre 2023, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 279 del 29 novembre 2023, ha determinato nel + 8,1% la percentuale di variazione per il calcolo della perequazione delle pensioni a partire dal 1° gennaio 2023, alla luce dell’inflazione registrata dall’Istat fra l’anno 2021 e l’anno 2022. Per questo motivo l’importo definitivo per l’anno 2023 della pensione minima INPS è stato determinato in € 567,94= (a fronte di un trattamento provvisorio di € 563,74) per 13 mensilità. Tale importo per gli aventi diritto è stato già aggiornato, sulla base del Decreto Anticipi, nella mensilità di dicembre, comprensiva della tredicesima mensilità, ed in tale occasione sono stati corrisposti anche gli arretrati a partire da gennaio.

Il medesimo decreto fa presente che la variazione percentuale verificatasi negli indici dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati, senza tabacchi, tra il periodo gennaio-dicembre 2022 ed il periodo gennaio-dicembre 2023 è risultata pari a + 5,4%, considerando valori ipotetici per gli ultimi tre mesi dell’anno.

Quindi, per l’anno 2024 l’importo della pensione minima INPS è stato provvisoriamente determinato in € 598,61= per 13 mensilità, salvo conguaglio da effettuarsi in sede di perequazione per l’anno successivo. In considerazione degli interventi che la legge di bilancio sta per effettuare in tema di rivalutazione delle pensioni, con una consistente riduzione della percentuale di retrocessione dell’inflazione sui trattamenti superiori a 4 volte il minimo Inps, probabilmente solo le pensioni minime potranno godere sin da gennaio del nuovo importo, mentre le altre saranno adeguate in corso d’anno, dopo l’approvazione delle nuove norme, sempre ovviamente con corresponsione degli arretrati. 

I pensionati al minimo, pertanto, vedranno due aumenti consecutivi: il primo, come già detto, lo hanno percepito a dicembre 2023, il secondo verrà corrisposto a gennaio 2024. Un anticipo simile era stato previsto anche lo scorso anno.

All’Enpam, che non corrisponde da regolamento la tredicesima mensilità, questi importi vanno riproporzionati su base 12. Quindi, la pensione erogata dal Fondo di previdenza generale sarà integrata per il 2023 sino all’importo di € 7.383,22= annui, pari a € 615,27= mensili, mentre per il 2024 sarà integrata sino all’importo di € 7.781,93= annui, pari a € 648,50= mensili.

Ai fini del riconoscimento del diritto all’integrazione al minimo della pensione, allo stato, è dunque necessario che:

    • per l’anno 2023 (importi definitivi), gli eventuali altri redditi del pensionato siano inferiori ad € 14.766,44= e, cumulati con quelli del coniuge, se esistente e non separato o divorziato, non superino l’importo di € 29.532,88=;
    • per l’anno 2024 (importi provvisori), gli eventuali altri redditi del pensionato siano inferiori ad € 15.563,86= e, cumulati con quelli del coniuge, se esistente e non separato o divorziato, non superino l’importo di € 31.127,72=.

Ritornando ora a parlare di tutti i pensionati Inps, la rivalutazione per il 2024 non è applicata nella stessa misura per tutte le pensioni, ma variabile a seconda delle fasce di reddito annuo in cui ricade il trattamento oggetto di rivalutazione. La bozza di legge di bilancio 2024 prevede che la percentuale di indicizzazione il prossimo anno sarà pari al 100% dell’inflazione (e quindi sarà del 5,4% pieno) soltanto per gli assegni compresi entro le 4 volte il trattamento minimo. Sarà invece dell’85% (quindi la rivalutazione sarà del 4,59%) per quelli fino a 5 volte il minimo; del 53% (con aumento del 2,862%) per quelli fino a 6 volte il minimo; del 47% (con aumento del 2,538%) per quelli fino a 8 volte il minimo; del 37% (con aumento dell’1,998%) per quelli fino a 10 volte il minimo; del 22% (con aumento dell’1,188%) per quelli superiori a 10 volte il minimo.

La rivalutazione si applica sull’importo complessivo della pensione, e non per fasce come accadeva in passato. È tuttavia previsto un meccanismo di salvaguardia per cui viene comunque garantito l’importo massimo risultante dalla rivalutazione della fascia precedente.

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