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Come evitare la rateizzazione del Tfr

Previdenza Redazione DottNet | 09/02/2023 19:12

I tempi di erogazione della prestazione differiscono a seconda della causa di cessazione del rapporto di lavoro (articolo 3 del decreto-legge 28 marzo 1997, n. 79, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 maggio 1997, n. 140 e s.m.i.)

I medici dipendenti che si avvicinano alla pensione sono molto attratti dalla cosiddetta liquidazione, il cui termine tecnico corretto è trattamento di fine rapporto (TFR) ovvero trattamento di fine servizio (TFS). Con quei soldi faticosamente messi da parte in tanti anni di lavoro si vogliono spesso realizzare obiettivi concreti: la casa per un figlio, la ristrutturazione della propria, un viaggio costoso ma desiderato da tempo, un intervento chirurgico delicato ed oneroso. 

Una volta il discorso era semplice: si smetteva di lavorare e nel giro di qualche settimana si portava a casa la liquidazione.

Ma da qualche tempo anche questa certezza è crollata, di fronte alle crisi di liquidità dello Stato. Come si legge dal sito dell’Inps, i tempi di erogazione della prestazione differiscono a seconda della causa di cessazione del rapporto di lavoro (articolo 3 del decreto-legge 28 marzo 1997, n. 79, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 maggio 1997, n. 140 e s.m.i.). Il pagamento deve avvenire: 
    • entro 105 giorni, in caso di cessazione dal servizio per inabilità o per decesso. Decorso tale arco temporale, se la prestazione non viene pagata, sono dovuti gli interessi al tasso legale per ogni giorno di ritardo;
    • dopo 12 mesi dalla cessazione del rapporto di lavoro, nell’ipotesi in cui questa sia avvenuta per raggiungimento del limite di età o a causa del termine del contratto a tempo determinato, oppure per risoluzione unilaterale del datore di lavoro a seguito del raggiungimento dei requisiti della pensione anticipata. Se la prestazione non viene corrisposta entro i successivi tre mesi, sono dovuti gli interessi al tasso legale per ogni giorno di ritardo;
    • dopo 24 mesi dalla cessazione in tutti gli altri casi (dimissioni volontarie con o senza diritto a pensione, licenziamento/destituzione, ecc.). Se la prestazione non viene corrisposta entro i successivi tre mesi, sono dovuti gli interessi al tasso legale per ogni giorno di ritardo.

Fin qui, tutto sommato, si trattava di attese tollerabili. Ma dieci anni fa la situazione è ulteriormente peggiorata. Infatti, ai dipendenti che hanno terminato il servizio e hanno maturato i requisiti pensionistici il pagamento del TFR è corrisposto come segue (articolo 1, comma 484, legge 27 dicembre 2013, n. 147): 

    • in unica soluzione, se l’ammontare complessivo lordo è pari o inferiore a 50.000 euro;
    • in due rate annuali, se l’ammontare complessivo lordo è superiore a 50.000 euro e inferiore a 100.000 euro (la prima rata è pari a 50.000 euro e la seconda è pari all'importo residuo);
    • in tre rate annuali, se l’ammontare complessivo lordo è superiore a 100.000 euro. In questo caso la prima e la seconda rata sono pari a 50.000 euro e la terza è pari all'importo residuo. La seconda e la terza somma saranno pagate rispettivamente dopo 12 e 24 mesi dalla decorrenza del diritto al pagamento della prima.

Insomma un medico dipendente 67enne, dopo la cessazione, potrebbe dover attendere altri tre anni per ottenere il pagamento integrale della propria liquidazione, in barba ai propri progetti ed interessi. E questi tempi si fanno ancora più lunghi nei casi di anticipo del pensionamento con norme agevolate (Quota 100, 102 e 103), dove la legge prevede che, a prescindere dall’effettivo pensionamento, le liquidazioni debbano seguire i tempi del raggiungimento – da parte del singolo – dei normali requisiti per la pensione di vecchiaia o anticipata. 

Come ovviare a questa situazione? Per i medici dipendenti da aziende private si può utilizzare in modo strumentale l’istituto dell’anticipazione del TFR (precluso ai dipendenti pubblici e a quanti hanno già in corso una cessione di credito), ottenendo subito fino al 70 per cento dell’importo già maturato. L’anticipazione, com’è noto, può essere motivata da spese sanitarie, acquisto della prima casa per sé o per i figli, spese per formazione o astensione facoltativa. 

In questo modo il medico che ha maturato ad esempio una liquidazione di 120.000 euro, può riscuoterne immediatamente 84.000 e gli altri 36.000 gli saranno dati dopo un anno, completando la riscossione con ben due anni di anticipo. Non ci sono svantaggi dal punto di vista fiscale, perché l’anticipazione sconta una ritenuta d’acconto legata al primo scaglione di reddito (23%), ma viene poi "rimpastata" con il trattamento finale all’atto della liquidazione definitiva, che segue il criterio della tassazione separata (cioè legata alla media dei redditi conseguiti nel biennio precedente alla cessazione dell’attività). 

Importante anche segnalare l’Istituzione della nuova prestazione di anticipazione ordinaria del TFS/TFR in favore degli iscritti alla Gestione unitaria delle prestazioni creditizie e sociali ai sensi dell’articolo 1, comma 1, lettera f), del D.M. n. 463/1998, di cui al messaggio Inps n. 430 del 30.01.2023. In estrema sintesi, gli iscritti al Fondo Credito (lo sono tutti i lavoratori dipendenti facenti capo all’ex Inpdap, e quindi la maggior parte dei medici ospedalieri, ma è consentita anche l’iscrizione volontaria prima del pensionamento), anziché ricorrere ai finanziamenti bancari convenzionati, possono rivolgersi direttamente all’Inps per avere immediatamente la piena disponibilità della loro liquidazione.  Per questa operazione l’INPS ha previsto un tasso di interesse dell’1% sulla corresponsione dell’intero ammontare del TFR/TFS maturato, di molto inferiore a quello praticato dalle banche in base al DL 104 del 2019 (Quota 100). Un costo tutto sommato irrisorio, a fronte del significativo beneficio ottenibile.

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