"Spesso si prescrive amoxicillina per il trattamento delle infezioni croniche come la parodontite, invece che intervenire rimuovendo placca e tartaro subgengivale"
Ogni anno vengono consumate circa 600 tonnellate di antibiotici dai pazienti italiani, per varie ragioni come infezioni post chirurgiche, polmoniti, cistiti e otiti, ma anche per problemi che riguardano le gengive. In particolare, l'uso che se ne fa in odontoiatria è molte volte eccessivo e solo in 2 o 3 casi su 10 si segue in modo corretto la prescrizione fatta dal dentista. A mettere in guardia in occasione della settimana mondiale per l'uso consapevole degli antibiotici promossa dall'Organizzazione Mondiale della Sanità, sono gli esperti della Società italiana di parodontologia e implantologia (Sidp). Gli antibiotici prescritti dal dentista sono necessari se servono a contrastare infezioni acute, come i classici ascessi. Ve ne è però anche un ampio utilizzo come profilassi per ridurre il rischio di sviluppare infezioni.
"La prescrizione di questi farmaci prima di una procedura odontoiatrica chirurgica, secondo uno studio su Jama Network Open, è inutile inoltre l'80% dei casi mentre dovrebbe essere riservato ai pazienti cardiopatici ad alto rischio. Inoltre - spiega Cristiano Tomasi, professore associato presso il dipartimento di Parodontologia dell'Università di Göteborg, in Svezia, ed esperto Sidp - spesso si prescrive amoxicillina per il trattamento delle infezioni croniche come la parodontite, invece che intervenire rimuovendo placca e tartaro subgengivale o, in casi specifici, con interventi chirurgici: questo utilizzo di antibiotici non è previsto dalle linee guida della Federazione Europea di Parodontologia, che invece chiedono di limitarlo al massimo nelle infezioni croniche".
Le conseguenze di questi errori sono doppiamente negative. "Nel singolo - conclude - distruggono la flora batterica, ovvero l'insieme di batteri, anche 'buoni' che contribuiscono alla salute dell'organismo: uno studio mostra che, se il microbioma della mucosa orale dopo circa un mese dall'assunzione dell'antibiotico tende a tornare alla normalità, mentre quello intestinale ci mette minimo un anno". Il danno è però anche per la collettività, perché "l'eccessivo o sbagliato utilizzo aumenta la diffusione di infezioni di batteri contro i quali la maggior parte degli attuali farmaci non è più efficace, fenomeno che porta alla morte di oltre 35.000 persone in Europa ogni anno".
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