Si punta a rendere più appetibile la permanenza in servizio: aumentare l’età media del collocamento a riposo significa migliorare anche la qualità del Servizio Sanitario
In questi anni, tutti hanno scritto della crisi del numero dei medici. Da un lato, le classi pensionande sono particolarmente numerose e, a fronte della gran quantità di professionisti che vanno in quiescenza, le nuove leve sono numericamente insufficienti, a causa della miopia delle classi dirigenti nella programmazione degli accessi all’università ed ai corsi di specializzazione. A ciò si aggiunge un aumento della propensione al pensionamento non appena si raggiungono i requisiti minimi di accesso, per medici sfiancati dal superlavoro e stressati dalle insostenibili incombenze burocratiche.
A questo problema, l’Enpam sta immaginando di poter dare un contributo, reintroducendo i coefficienti di maggiorazione sull’intera pensione in caso di posticipazione del pensionamento. Fino a 15 anni fa esistevano infatti, per i medici convenzionati, delle aliquote di maggiorazione (commisurate ai mesi di ritardo rispetto all’età di vecchiaia) di tutta la pensione maturata, nel caso in cui si fosse scelto di restare in servizio dopo i 65 anni.
In ogni caso, la Fondazione è convinta (e con essa i Comitati Consultivi delle categorie interessate) che l’iniziativa, rendendo più appetibile la permanenza in servizio, ha buone possibilità di aumentare l’età media del collocamento a riposo, indirettamente migliorando anche la qualità del Servizio Sanitario. Nel caso dei liberi professionisti, iscritti alla Quota B dell’Enpam, che non hanno obbligo di cessazione dell’attività, si immagina che i coefficienti di maggiorazione possano arrivare fino al 75° anno di età.
Allo stesso risultato di evitare pensionamenti prematuri, tende anche l’iniziativa, speculare alla precedente, di aggiornare i coefficienti di adeguamento all’aspettativa di vita, applicati dalla Fondazione per penalizzare il calcolo delle pensioni anticipate. La possibilità di beneficiare anticipatamente del trattamento pensionistico, infatti, deve essere controbilanciata da una riduzione del corrispondente importo, che tenga conto del maggior periodo di godimento della rendita. Di fatto, nel sistema retributivo in uso presso l’Enpam, i coefficienti di adeguamento hanno la stessa funzione dei coefficienti di trasformazione del montante in rendita, applicati nel sistema contributivo, anch’essi diversificati in funzione dell’età di collocamento in quiescenza.
I coefficienti attualmente in uso sono stati elaborati nell’ambito della riforma regolamentare posta in essere nel 2012 ed entrata in vigore dal 1° gennaio 2013, e sono stati calcolati adottando la tavola demografica Istat 2010. La Fondazione ritiene pertanto necessario procedere alla revisione di questi coefficienti, nell’ambito della stesura del bilancio tecnico al 31 dicembre 2020, in corso di redazione. I nuovi valori terranno conto dell’andamento dell’aspettativa di vita, calcolata in tendenziale aumento fino al 2019 e stimata in decremento per il 2020 ed il 2021 per effetto della pandemia da Covid-19, sempre al fine di preservare la sostenibilità delle gestioni previdenziali Enpam.
L’iniziativa, tecnicamente ineccepibile, è apparsa tuttavia in qualche modo penalizzante soprattutto per i liberi professionisti, che, non avendo – a differenza di altre Casse – l’obbligo di cessare l’attività per percepire la pensione anticipata, spesso programmano ormai la loro carriera in funzione del nuovo reddito che possono percepire a 62 anni, cumulandolo con la loro attività. Ma dall’Istat potrebbero arrivare anche sorprese positive, anche se purtroppo legate al recente e non auspicabile incremento dei decessi negli ultimi anni.
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