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Fibrosi polmonare idiopatica: nuove cure dal Gemelli

Pneumologia Redazione DottNet | 02/10/2019 11:28

E' un anticorpo monoclonale (pamrevlumab) che rallenta la progressione della malattia bloccando una molecola chiave, il connective tissue growth factor

Nuove prospettive per la cura della fibrosi polmonare idiopatica (Ipf), una malattia rara la cui diffusione è però destinata ad aumentare complice l' invecchiamento della popolazione e l' aumento delle diagnosi precoci. Si calcola che in Italia circa 5 mila nuovi casi di malattia siano diagnosticati ogni anno. Ora uno studio internazionale coordinato da esperti della Fondazione Policlinico universitario Agostino Gemelli Irccs di Roma ha messo a punto una nuova 'arma': un anticorpo monoclonale (pamrevlumab) che rallenta la progressione della malattia bloccando una molecola chiave, il connective tissue growth factor (Ctgf).

Lo studio è stato pubblicato sulla rivista 'The Lancet Respiratory Medicine' ed è stato coordinato a livello globale da Luca Richeldi, direttore dell' Unità operativa complessa di Pneumologia del Policlinico Gemelli e ordinario di Pneumologia all' Università Cattolica campus di Roma.

Il trial clinico ha arruolato 103 pazienti affetti da Ipf in 7 Paesi e ha mostrato "che il trattamento con una dose (30 mg per chilo di peso del paziente) di pamrevlumab per via endovenosa ogni 3 settimane per la durata di un anno rallenta la perdita di funzione respiratoria di circa il 60%, rispetto a una sostanza placebo - rivela la ricerca - Inoltre il farmaco sembra avere effetti positivi sulla qualità di vita dei pazienti e sull' indice di fibrosi (che si usa per misurare la gravità della malattia)".

"Pamrevlumab è un anticorpo monoclonale umanizzato che si lega al Ctgf, una delle molecole al centro del processo di deposizione del collagene. Questo processo, coinvolto nel fisiologico meccanismo di cicatrizzazione dei tessuti, è anche responsabile dell' anomala deposizione di collagene nelle fibrosi polmonari - evidenzia lo studio - L' insieme dei risultati riportati in questo articolo è la base dello studio di Fase 3, denominato Zephyrus, che arruolerà a livello globale circa 600 pazienti in un lavoro di confronto con placebo per la durata di un anno". "Lo studio - ricorda Richeldi - che ha già arruolato i primi pazienti e che auspicabilmente confermerà i promettenti dati emersi dallo studio di Fase 2, sarà coordinato a livello mondiale dalla Fondazione Policlinico Gemelli Irccs".

La causa della fibrosi polmonare idiopatica è tuttora sconosciuta, anche se alcuni fattori di rischio sono stati identificati, tra cui il fumo di sigaretta, il reflusso gastroesofageo, virus respiratori ed esposizioni a inquinanti ambientali. "In alcuni casi esiste una familiarità e circa il 30% del rischio di ammalarsi è su base genetica - ricorda la nota del Gemelli - I sintomi principali sono la fatica a respirare (soprattutto a seguito di sforzi fisici) e la tosse secca. Il sospetto diagnostico viene posto in genere sulla base di un esame Tac ad alta risoluzione del torace. Attualmente sono disponibili due farmaci (nintedanib e pirfenidone) che rallentano la progressione della malattia (la velocità di perdita della funzione polmonare) di circa il 50%, anche se purtroppo nessuno dei due farmaci ha dimostrato di migliorare la sopravvivenza o la qualità di vita dei pazienti".

fonte: 'The Lancet Respiratory Medicine'

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