Leone: ancora oggi non mancano i percorsi standardizzati di cura. Questo chiaramente genera uno spreco per le casse regionali
"E' prioritario attivare percorsi diagnostici terapeuti per i pazienti con malattie intestinali croniche. Il ministro della Salute, Roberto Speranza, faccia in modo che le Regioni che non si sono ancora dotate di percorsi assistenziali dedicati, lo facciano, per evitare che i cittadini siano costretti a spostarsi per essere curati". E' l' appello del direttore generale dell' Associazione nazionale per le malattie infiammatorie croniche intestinali (A.m.i.ci. Onlus), Salvo Leone, a margine dell' incontro, a Roma, "Open Takeda in Gi- A New chapter in gastroenterology", una due giorni organizzata sul tema dall' azienda farmaceutica.
"Come associazione di pazienti - spiega Leone all' Adnkronos Salute - segnaliamo come priorità il fatto che ancora oggi non ci siano dei percorsi standardizzati di cura. Questo chiaramente, oltre a generare uno spreco per le casse regionali - perché i pazienti cercano migliori offerte di cura fuori Regione- genera anche una spesa per lo stesso cittadino.
"I pazienti con malattie intestinali croniche infiammatorie - spiega Antonio Gasbarrini (nella foto), docente di gastroenterologia all' università Cattolica di Roma - sono estremamente complessi. A partire dal fatto che, in questi casi, non esiste un bersaglio noto". Il principale presupposto della cura, dunque, continua Gasbarrini "è che non esiste un paziente tipo. Ogni paziente ha delle sue specificità. Ognuna di queste malattie arriva in un momento diverso della vita, c' è un evento stressante di attivazione diverso, c' è un retroterra culturale e genetico diverso. Quindi il primo passo è la conoscenza profonda della persona che abbiamo di fronte, non solo della sua malattia. In questo senso la più grande novità nelle conoscenze degli ultimi anni è il microbiota intestinale e i suoi rapporti con il sistema immunitario. Sappiamo che il microbiota colonizza l' intestino del bambino nei primi 10 anni di vita. Quindi tutto quello che succede fino a quell' età può avere un ruolo nella patogenesi della colite ulcerosa. Bisogna sapere - conclude - che non può esserci una medicina uguale per tutti".
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