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Autonomia delle Regioni: che cosa cambia per la sanità e per i medici

Sanità pubblica Redazione DottNet | 12/02/2019 20:31

Dai farmaci al personale, fino a ticket e iniziative legali: la disparità è alle porte

Sui temi dell’autonomia regionale il dibattito è aperto. Nel frattempo sul tavolo dei ministri, almeno per questa settimana, il problema non sarà affrontato perché si sta ancora lavorando a un accordo sui nodi ancora aperti, a partire da sanità e scuola. E’ solo un rinvio, ma la partita è aperta e tutta da giocare, anche se la squadra del Nord non darà molto spazio alle regioni meridionali, nonostante un tentativo di sprint da parte della Campania.

La fondazione Gimbe ha pubblicato un corposo dossier sul regionalismo e sui suoi effetti sul sistema della salute dai risultati non proprio edificanti.

Emilia Romagna, Lombardia e Veneto vorrebbero il diritto di sottoporre all’Aifa autonomamente le valutazioni sui farmaci da immettere in commercio. E l’Agenzia a sua volta avrebbe solo 180 giorni per rispondere, altrimenti prevale il principio del silenzio-assenso. Insomma, se l’Agenzia non si pronunciasse, la Regione, in base alle proprie valutazioni, potrebbe assumere decisioni autonome sui farmaci. Ma non c’è solo questo. Il Veneto, in particolare, chiede pieni poteri sul personale sanitario, dai medici agli infermieri, con la possibilità di effettuare autonomamente la contrattazione collettiva oggi affidata all’Agenzia Aran.

LE DISPARITA’

«Già oggi», spiega Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe, ci sono 21 sistemi sanitari differenti che generano diseguaglianze sia nell’offerta di servizi e prestazioni sanitarie, sia soprattutto negli esiti di salute». Il regionalismo differenziato, aggiunge Cartabellotta, «finirà per legittimare normativamente il divario tra Nord e Sud, violando il principio costituzionale dell’eguaglianza dei cittadini». Ma cosa accadrebbe se la richiesta delle Regioni si allargasse anche al finanziamento del sistema sanitario. «Veneto e Lombardia», spiega Cartabellotta, «vorrebbero trattenere una maggiore quantità di imposte sul loro territorio, che porterebbe però verso un modello di Stato federale. Ma sulla Sanità», aggiunge, «questa indicazione non si trova nelle pre-intese firmate con il governo Gentiloni». In realtà nella proposta di legge statale predisposta dalla Regione Veneto sull’autonomia differenziata, e che costituisce la piattaforma di trattativa con il governo, è scritto chiaramente che «il finanziamento del sistema sanitario regionale avviene a carico del bilancio regionale». 

I REALI OBIETTIVI
Il Veneto, insomma, si tirerebbe fuori dai meccanismi di riparto del Fondo sanitario nazionale. Se infatti da un lato è vero che la Sanità già oggi si finanzia con l’Irap e con la compartecipazione all’Iva, dall’altro è altrettanto vero che attraverso il riparto nazionale approvato ogni anno in Conferenza Stato-Regioni, si attua in qualche modo un meccanismo compensativo tra le Regioni più ricche e quelle più povere. Nella stessa relazione del provvedimento questo obiettivo non viene taciuto. Il progetto, si legge, «mira ad allineare la Regione Veneto sul modello delle altre Regioni a statuto speciale del Nord, dove il sistema sanitario regionale è auto finanziato e gestito».

Ma non è tutto. Il Veneto chiede maggiori competenze in tema di ticket - come si legge su QS - con la facoltà di abolire la quota fissa. E ancora, troviamo richieste sull'edilizia sanitaria e nuove forme di finanziamento per il sistema sanitario regionale attraverso l'istituzione di fondi sanitari integrativi.
 
Quanto, infine, alle richieste ancora non accolte o non definite troviamo la possibilità di gestione del personale sanitario, compresa la gestione dell'attività intramoenia. La possibilità di destinare specifiche risorse aggiuntive per il personale che opera presso sedi disagiate. L'impiego, per attività medico chirurgiche di supporto, di medici in possesso della sola laurea in medicina e dell'abilitazione, di medici in possesso di diploma di formazione specifica in medicina generale o di medici in possesso di qualsiasi specializzazione esclusivamente per esigenze temporanee volte a garantire la continuità nell'erogazione dei Lea nell'ambito del sistema di emergenza-urgenza e in tutti i casi in cui vi sia il rischio di interruzione del pubblico servizio.
 
L'ampliamento della rete formativa delle specializzazioni mediche con facoltà di attivazione di percorsi integrativi di formazione specialistica presso le aziende sanitarie e ospedaliere del Ssr, con specifici contratti di lavoro a tempo determinato per la durata complessiva pari a quella del corso di formazione specialistica, in sovrannumero rispetto ai contratti finanziati dallo Stato. 
 
E ancora, l'erogazione delle cure primarie in forme aggregate complesse con medici convenzionati, medici dipendenti del Ssr o soggetti accreditati nel rispetto del principio di libera scelta dei cittadini. Anche qui si propongono poi una rimodulazione dei ticket con la possibilità di abolire la quota fissa, e nuove forme di finanziamento per il Ssr istituendo fondi sanitari integrativi. 

EMILIA ROMAGNA

Tra le richieste avanzate dalla Regione - riporta Quotidiano Sanità - vi è quella di un'autonomia legislativa, amministrativa e organizzativa in ordine alla rimozione di vincoli di spesa specifici, presenti e futuri, con particolare riferimento a quelli in materia di personale e di valutazione del risultato economico dei singoli enti sanitari regionali.
 
Novità anche per i percorsi di specializzazione: maggiore autonomia legislativa e amministrativa per realizzare la piena integrazione operativa dei medici specializzandi con il sistema aziendale, e intervenire sulla programmazione delle borse di studio per gli specializzandi operata dal livello nazionale adeguandola alle specifiche esigenze del territorio. A tale scopo, la Regione propone la stipula di specifici accordi con le Università presenti sul territorio regionale. La Regione propone quindi l'attivazione di percorsi formativi di specializzazione anche attraverso contratti a tempo determinato di specializzazione lavoro per i medici, alternativi ai contratti di formazione specialistica, e tali da assicurare una qualità equivalente delle competenze acquisite.
 
Sarà poi la stessa Regione a definire le modalità per l’inserimento dei medici titolari del suddetto contratto di specializzazione lavoro all’interno delle proprie strutture sanitarie, fermo restando che il contratto in esame non potrà attribuire un diritto all’accesso ai ruoli del Servizio Sanitario Nazionale, né darà luogo all’instaurazione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato con lo stesso. Verranno infine concordati con gli Atenei regionali percorsi che consentano ai medici titolari di questo contratto l’accesso alle scuole di specializzazione.

LOMBARDIA
La Lombardia- si legge su QS - ha come priorità l'attribuzione di competenze in materia di definizione dell'assetto istituzionale del sistema sociosanitario regionale e dei relativi profili organizzativi, organizzazione dell'offerta ospedaliera e territoriale, facoltà di attivazione di percorsi alternativi di formazione specialistica dei medici presso le aziende sanitarie e ospedaliere, d'intesa con le università per la parte teorica della formazione e con la previsione per i laureati in medicina di specifici contratti annuali rinnovabili per la durata complessiva a quella del corso di formazione specialistica, per l'inserimento, durante il periodo di formazione, di medici in formazione all'interno delle strutture del Ssr. E ancora, rimodulazione dei ticket con la possibilità di abolire la quota fissa, programmazione di investimenti in edilizia sanitaria e fondi sanitari integrativi. 
 
Tra le richieste ancora non accolte o non definite troviamo la definizione dei profili attinenti al sistema tariffario di rimborso e remunerazione, definizione dell'utilizzo delle risorse finanziarie da impiegare per il personale, l'acquisto di beni e servizi, i farmaci, i dispositivi medici, l'acquisto di prestazioni da erogatori privati a fronte della garanzia dell'equilibrio economico-finanziario complessivo del sistema sociosanitario.

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