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Antibiotico-resistenza. Modello Campania.

Infettivologia Mario Pappagallo | 28/06/2018 17:06

Un “contagio” di idee ed azioni per contrastare il “contagio” dei batteri resistenti agli antibiotici noti.

La prevalenza di ceppi batterici resistenti agli antibiotici nel nostro Paese è tra le più alte d’Europa. Nel mondo questa è considerata la più importante emergenza medica dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms). Un vero pericolo per l’umanità. Ogni anno, in Italia, si verificano 450-700 mila infezioni in pazienti ricoverati in ospedale (soprattutto infezioni urinarie, seguite da infezioni della ferita chirurgica, polmoniti e sepsi). Di queste, si stima che circa il 30% siano potenzialmente prevenibili (135-210 mila) e che siano direttamente causa del decesso nell’1% dei casi (1.

350-2.100 decessi prevenibili in un anno, ma le vittime di infezioni batteriche non più curabili con gli antibiotici probabilmente sono anche il doppio).

In Europa, oltre 4 milioni di persone l’anno vengono colpite da infezioni batteriche ospedaliere, con 25mila morti stimate per infezioni provenienti da germi resistenti. Le infezioni correlate all’assistenza (ICA) colpiscono ogni anno circa 284mila pazienti causando circa 4.500-7.000 decessi.

Per riuscire a invertire la situazione, in attesa che la ricerca individui nuovi antibiotici, occorre ripristinare rigide norme igieniche negli ospedali, ma anche nella società, fare rete tra tutti gli operatori sanitari, ovunque svolgano il loro lavoro, pazienti, farmacisti, autorità sanitarie. E agire in modo radicale nella formazione e nell’informazione.

Nel mondo, nel 2050, le infezioni batteriche saranno causa di circa 10 milioni di morti l’anno, superando ampiamente i decessi per tumore (8,2 milioni l’anno), diabete (1,5 milioni anno) o incidenti stradali (1,2 milioni anno) con un impatto negativo – secondo recenti stime del Fondo Monetario Internazionale – di circa il 3,5% sul PIL mondiale. L’Italia è il primo Paese europeo per utilizzo di antibiotici in ambito umano e terzo per uso sugli animali negli allevamenti intensivi, secondo i dati dell’Agenzia europea per i medicinali (EMA). Secondo i dati dell’Istituto Superiore di Sanità, in Italia il livello di antibiotico-resistenza si colloca fra i più elevati in Europa con una percentuale annuale di pazienti infetti fra il 7 e il 10%. Ma l’Italia è anche il Paese europeo, secondo il centro europeo per le malattie infettive di Stoccolma, che è più indietro nella raccolta dati.

È stato, sì, redatto un Piano Nazionale per il Contrasto all’Antibiotico-Resistenza (PNCAR), nel 2017, valido per il triennio 2017-2020, che rappresenta la strategia italiana per far fronte all’aumento dell’antibiotico-resistenza e della diffusione di microrganismi resistenti agli antibiotici. Ma per ora ciò che è scritto non ha trovato rapida applicazione. Il PNCAR prevede uno sforzo di coordinamento nazionale, obiettivi specifici e azioni programmate. In linea con gli obiettivi del PNCAR, solo la Regione Campania che ha recentemente approvato, nell’ambito dell’attuazione del Piano Regionale della Prevenzione 2014-2108, delle Linee di indirizzo per tutte le Aziende del Sistema Sanitario Regionale sulle azioni di contrasto al fenomeno dell’antibiotico resistenza e sulle attività di prevenzione e controllo delle infezioni da organismi resistenti agli antibiotici. Un primato quello campano per l’Italia e per l’Europa, perché l’attuazione del piano sta dando frutti tangibili. Da letteratura scientifica. Giovanni Battista Gaeta, direttore delle Malattie infettive dell’università della Campania Luigi Vanvitelli, è riuscito con le linee guida e con i corsi di formazione gratuiti a creare in Campania quella rete, ospedaliera e territoriale, che ancora è in embrione nel resto d’Itala, con la conseguente “bacchettata” del centro europeo di raccolta dati per le malattie infettive. “Il documento campano dice Gaeta - intende fornire a tutte le figure professionali coinvolte nei percorsi prescrittivi, raccomandazioni generali ed indicazioni specifiche, rispettivamente per la realizzazione dei programmi di antimicrobial stewardship e per l’implementazione locale dei protocolli di terapia antibiotica empirica. Tali protocolli, da utilizzare sia in ambito ospedaliero sia territoriale, possono essere utili nel limitare l’uso improprio degli antibiotici”.

Gli antibiotici, dalla loro introduzione circa settanta anni fa, hanno ridotto in maniera significativa il numero dei decessi causati dalle malattie infettive e migliorato lo stato di salute dei cittadini. Parallelamente allo sviluppo degli antibiotici si è, però, verificata la resistenza batterica, oggi problema a livello mondiale. L’eccessivo e inappropriato utilizzo degli antibiotici negli uomini e negli allevamenti di animali e le scarse pratiche di controllo delle infezioni hanno trasformato l’antibiotico-resistenza in una seria minaccia alla salute pubblica globale. Questo comporta un prolungamento della degenza ospedaliera, il fallimento terapeutico e un significativo numero di morti, con conseguente incremento dei costi sanitari. “Per lo sviluppo delle linee giuda – spiega Gaeta -, siamo partiti considerando l’elevata presenza di germi multi-resistenti sia nelle aziende ospedaliere sia sul territorio. Abbiamo quindi deciso di dare seguito a quanto previsto dal PNCAR, lavorando alla formulazione di raccomandazioni legate alla terapia antibiotica in particolare su pazienti in stato febbrile e con sintomi di infezione. In seguito, abbiamo promulgato queste raccomandazioni sul Bollettino regionale per le sindromi infettive quali infezioni addominali, endocarditi, polmoniti (queste ultime hanno un’alta incidenza sul nostro territorio e in ospedale). Il lavoro non è finito qui. È, infatti, iniziato il processo di “disseminazione” delle informazioni. Stiamo ad esempio lavorando alacremente per mettere a disposizione dal prossimo autunno una formazione a distanza gratuita, della durata di un anno, rivolta ai medici sul territorio, ai medici ospedalieri, ai farmacisti e ai microbiologi”.

Che intende per “disseminazione”? “Il processo di condivisione di informazioni è quello che ho definito “disseminazione” – risponde l’infettivologo -. È fondamentale, ed è il primo step di una catena di eventi che prevedrà anche il coinvolgimento dei medici sul territorio, dei farmacisti, e non per ultimo un’opera di sensibilizzazione delle persone. Spesso, infatti, sono i pazienti stessi che premono per la terapia antibiotica, o che recuperano gli antibiotici rimasti a disposizione da precedenti terapie, utilizzandoli quindi in maniera impropria e favorendo in tal maniera l’aumento delle resistenze. Per dare un’idea del problema: in Campania abbiamo il 40% di Streptococcus pneumoniae resistente ai più comuni antibiotici come i macrolidi. Invece i chinolonici risultano spesso inefficaci perché i ceppi di Escherichia Coli che circolano sul territorio hanno una resistenza nel 40-50% dei casi”.

Quindi un “contagio” di idee ed azioni per contrastare il “contagio” dei batteri resistenti agli antibiotici noti. Qual è la difficoltà maggiore che ha incontrato nello sviluppo di queste linee guida? Conclude Gaeta: “Proprio nel “processo di disseminazione”. Sarebbe utile, in questo senso, che venga fatta anche una corretta opera di sensibilizzazione rivolta ai media, in modo da generare una consapevolezza maggiore su questi temi anche nel medio-lungo periodo”.

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