I dati raccolti su mille individui misurano l'effetto delle patologie
Le sostanze inquinanti presenti nell'ambiente possono 'prendere il controllo' del Dna, accendendo in questo modo alcuni geni piuttosto che altri e scatenando malattie cardiache e respiratorie. Lo indica la prima indagine basata sull'analisi del Dna di oltre mille individui. Pubblicata sulla rivista Nature Communications, la ricerca è stata condotta in Canada, dal gruppo dell'Ontario Institute for Cancer Research, guidato da Philip Awadalla.
Dall'analisi del Dna raccolto da campioni di sangue, sono stati individuati gli effetti di polveri sottili, biossido di azoto e biossido di zolfo. Per il genetista Giuseppe Novelli, rettore dell'Università di Roma Tor Vergata, "la ricerca è molto interessante, perché ci dice quanto pesa il contributo dell'ambiente sul rischio di sviluppare determinate malattie".
Non a caso è stato scelto il Quebec per studiare gli effetti dell'ambiente sul Dna: "la popolazione del Quebec - ha spiegato Novelli - ha un corredo genetico simile, perché discende da un piccolo gruppo di persone arrivato lì nel '700". Confrontando Dna simili di individui che vivono in zone diverse, e quindi sono esposti a livelli differenti di inquinamento, i ricercatori hanno scoperto che le sostanze inquinanti influenzano l'accensione o lo spegnimento di alcuni geni piuttosto che altri, aprendo la strada soprattutto a malattie cardiache e respiratorie. Inoltre è stato scoperto che l'impatto dell'ambiente sull'attività dei geni prevale sulla predisposizione genetica al rischio di queste malattie.
"L'impatto dell'ambiente sui geni - ha concluso Novelli - è paragonabile a un vestito, che il Dna può mettere o togliere. Mentre il Dna è scritto a penna e non si può cambiare, il 'vestito' è scritto a matita e si può cambiare o con farmaci, oppure cambiando ambiente e stili di vita". Secondo l'esperto, lo studio dimostra anche quanto siano importanti i progetti sul Dna delle popolazioni, come Genome Canada, alla base dell'indagine. Per questo, ha aggiunto, anche in Italia "noi genetisti invochiamo da anni il progetto Genoma Italia".
Cuore e polmoni primi bersagli inquinamento
Cuore e polmoni sono i principali bersagli delle malattie causate dall'inquinamento, ma subiscono danni anche intestino, reni, ossa e cervello, al punto che una morte su sei a livello globale è dovuta al cattivo stato di salute dell'ambiente.
Lo indicano le ricerche internazionali sui rischi legati allo smog, come l'ultima pubblicata sulla rivista Nature Communications: secondo questa, gli inquinanti possono influenzare l'accensione di alcuni geni, piuttosto che altri, determinando la comparsa di malattie cardiache e respiratorie. Il quadro che emerge da questi studi è molto preoccupante: secondo il più completo, pubblicato sulla rivista The Lancet, circa 9 milioni di morti l'anno sono dovuti all'inquinamento. In particolare, l'inquinamento dell'atmosfera è responsabile di 6,5 milioni di morti l'anno, per malattie cardiovascolari e respiratorie; l'inquinamento dell'acqua di 1,8 milioni di decessi, per infezioni gastrointestinali; l'inquinamento legato all'ambiente di lavoro, cioè da sostanze chimiche, è responsabile invece di 0,8 milioni di morti annui, soprattutto dovuti ai tumori. Infine l'inquinamento da piombo è responsabile di mezzo milione di morti legati a ipertensione, insufficienza renale, malattie cardiovascolari.
Lo smog indebolisce anche le ossa, come ha mostrato la ricerca pubblicata sulla rivista The Lancet Planetary Health, e provoca danni al cervello, al punto che fino a un caso su dieci di Alzheimer potrebbe essere imputabile a questa causa, secondo uno studio pubblicato dalla rivista Lancet. C'è un collegamento anche tra malattie renali e ambiente: i ricercatori dell'americano Clinical Epidemiology Center hanno calcolato che oltre 10,7 milioni di casi di malattie renali croniche si possono attribuire ogni anno all'inquinamento dell'aria. Ingenti anche i danni economici: i costi delle vittime e delle malattie da inquinamento sono pari all'1,3% del Pil nei paesi a basso reddito e allo 0,5% nei paesi ricchi.
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