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Epatite C, bene i primi dati real world del farmaco pangenotipico

Farmaci Redazione DottNet | 20/04/2017 12:11

Con Epclusa la terapia è più breve e ha meno effetti collaterali

Epclusa, la prima delle terapie di nuova generazione contro l'epatite C che è indicata per tutti i genotipi del virus, sta mantenendo anche nel 'mondo reale' le promesse fatte nei test clinici. Lo affermano diversi studi che sono presentati al congresso Easl (European association for the study of Liver) ad Amsterdam dal 19 al 23 aprile.     Il farmaco, che è composto da due differenti molecole, Velpatasvir e Sofosbuvir, è stato approvato dall'agenzia europea Ema nel luglio 2016, e a breve dovrebbe essere reso rimborsabile in Italia.

"Epclusa rappresenta il primo trattamento pangenotipico che può fornire un ciclo di durata breve, di 12 settimane, a pazienti con differente genotipo e differente severità di malattia - spiega Alessandra Mangia, esperta dell'Irccs Casa del Sollievo di San Giovanni Rotondo -.

I risultati sono in termini di successo elevati, sopra il 90% in qualsiasi sottogruppo di pazienti. Questo rende la vita del medico estremamente semplice perché un trattamento per tutti consente di gestire un numeroo elevato di pazienti. Inoltre solo con cirrosi scompensata sarà necessaria la ribavirina, quindi ci sono effetti collaterali minimi, e quindi la possibilità di gestire senza molti controlli un numero elevato di pazienti".   

Al congresso sono state portate le esperienze di diversi paesi, spiega Mangia. "Ci sono i dati generati negli Usa, dove dall'estate scorsa è prescrivibile, che hanno dimostrato come il farmaco nei pazienti con genotipo 2 e 3 è stato largamente impiegato e per entrambi ha ridotto la durata della terapia e l'utilizzo della ribavirina, cosa che nel genotipo 3 non era possibile. Esiste poi un altro studio, chiamato Target, di cui si hanno i primi dati, e non vi è nessun caso che dimostra ricomparsa del viurs alla sospensione del trattamento, non vi sono stati casi di scompenso durante il trattamento e non è stata utilizzata la ribavirina in una percentuale superiore al 20% dei pazienti. Una ultima coorte, sempre tedesca, si è focalizzata su pazienti con genotipo 3, che finora era una popolazione alla ricerca di un trattamento ottimale, e le risposte virologiche complete sembrano molto promettenti".

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