Il dosaggio automatizzato di renina attiva e aldosterone: uno strumento fondamentale nella lotta all’ipertensione arteriosa.
Le forme secondarie curabili d’ipertensione arteriosa sono molto più comuni di quanto generalmente ritenuto. Purtroppo spesso non vengono diagnosticate tempestivamente. Molti pazienti che potrebbero essere guariti in modo definitivo dall’ipertensione sono quindi ‘condannati” a una terapia farmacologica per tutta la vita e restano esposti al rischio di sviluppare danno agli organi “bersaglio” dell’ipertensione (cuore, rene ed encefalo), e quindi al rischio di eventi cardio e cerebrovascolari. La valutazione del sistema renina – angiotensina - aldosterone è la “chiave” per identificare con successo le forme secondarie più frequenti d’ipertensione arteriosa, che generalmente riguardano patologie renali e surrenaliche.
Per facilitare una diagnosi tempestiva delle cause d’ipertensione arteriosa, e quindi permettere una terapia etiologica, riducendo costi per il sistema sanitario derivanti dalle diagnosi mancate, lo sviluppo di metodi di dosaggio di renina e aldosterone semplici e accurati, eseguibili velocemente e in modo riproducibile, rappresenta quindi un progresso formidabile nella lotta all’ipertensione arteriosa.
Sin dagli anni ‘70 del secolo scorso la misurazione della renina era basata sulla determinazione dell’attività plasmatica della renina (PRA), che prevedeva un dosaggio con metodo radioisotopico dell’angiotensina I nel plasma del paziente prelevato in ghiaccio, un’aliquota del quale era mantenuta a 4°C e l’altra incubata a 37°C per alcune ore. Si calcolava quindi la differenza delle concentrazioni di angiotensina I tra i due campioni a 4 e a 37 C, che veniva poi divisa per il tempo di incubazione del secondo campione. Ovviamente, l’angiotensina I generata durante l’incubazione a 37°C dipendeva dalla disponibilità di angiotensinogeno (substrato della renina) nel plasma. Quest’alpha2-globulina di sintesi epatica purtroppo non è sempre presente in concentrazioni adeguate, specie nei pazienti epatopatici, o in quelli in scompenso cardiaco, e neppure nei pazienti con renina in circolo marcatamente elevata. Queste problematiche, oltre alla necessità di prelevare il sangue in ghiaccio, hanno per molte decadi limitato la diffusione del dosaggio della renina nell’uso clinico.
L’identificazione del sito attivo della renina seguito dalla generazione di anticorpi specifici per questo sito ha permesso negli ultimi anni lo sviluppo di un metodo diretto di dosaggio della renina attiva, denonimato direct (active) renin concentration (DRC). Questo metodo misura direttamente la concentrazione di renina attiva e non è affetto dalla disponibilità di angiotensinogeno. Pertanto un primo anticorpo riconosce la renina attiva e un secondo il complesso renina-anticorpo creando così un "sandwich" il cui segnale chemiluminescente è direttamente proporzionale alle concentrazioni di renina nel campione. Tale metodo è inoltre automatizzabile, il che ha reso quindi l’intervento manuale ridotto al minimo. Ciò si traduce in una maggiore riproducibilità dei risultati, oltre che in notevole riduzione della durata del tempo dal prelievo, che in questo caso è attuabile a temperatura ambiente perché non è necessario “congelare” l’attività enzimatica della renina, al risultato disponibile per il medico.
L’ulteriore sviluppo è stato applicare la medesima metodologia chemiluminescente al dosaggio dell’aldosterone plasmatico (PAC), allo scopo di eliminare la radioattività anche da questo dosaggio e di rendere la misurazione di DRC e PAC completamente automatizzata.
Ciò ha significato mettere a disposizione del clinico il dosaggio simultaneo di DRC e PAC a costi assai inferiori e in tempi assai più brevi. Vantaggio non trascurabile è stato la possibilitá di, eliminare totalmente la dispersione di radioattività nell’ambiente. Va ricordato che per diagnosticare la principale causa di ipertensione secondaria, l’iperaldosteronismo primario, si ricorre al dosaggio sia della renina che dell’aldosterone plasmatico, onde poter calcolare il rapporto aldosterone-renina o ARR.
Per queste ragioni il dosaggio in chemiluminescenza della renina ha rapidamente sostituito quelli della PRA in molti centri, nonostante l’assenza di dimostrazioni della sua accuratezza diagnostica rispetto alla metodica classica della PRA.
Secondo le linee-guida internazionali STARD (Bossuyt PM et al. 2003) la validazione di un test per usi diagnostici presuppone il confronto con un test di riferimento inequivocabile. Non è infatti accettabile validare un test verso un altro test in mancanza di tale gold standard.
Nel caso dell’ipertensione secondaria è evidente che il dosaggio di DRC e PAC in chemiluminescenza non poteva che essere fatto applicando prospetticamente tale dosaggio su una casistica sufficientemente ampia di pazienti ipertesi nei quali fosse disponibile una diagnosi definitiva circa la causa dell’ipertensione.
Non era invece accettabile valutare solo l’accuratezza diagnostica semplicemente confrontando la DRC con la PRA, in quanto ciascun test è gravato da una certa quota di falsi positivi e falsi negativi.
E’ stato quindi condotto uno studio prospettico mirante a valutare l’accuratezza della diagnosi di un nuovo saggio chemiluminescente automatizzato per DRC e PAC in una coorte di pazienti ipertesi in cui era stata poi raggiunta una diagnosi conclusiva circa la causa dell’ipertensione arteriosa.
Per tale scopo, sono stati inizialmente reclutati 260 soggetti ipertesi consecutivi afferenti dal Center of Excellence dell’European Society of Hypertension (ESH). 254 di essi sono stati analizzati in quanto presentavano dati completi e una diagnosi definitiva secondo le seguenti proporzioni:
L’accuratezza diagnostica del rapporto aldosterone-renina basato sul DRC (DRC-based aldosterone-renin ratio, ARRCL) è stato comparato a quello ARR basato sul valore PRA (PRA-based ARR, ARRRIA), usando come riferimento la diagnosi conclusiva di APA. Il dosaggio automatizzato in chemiluminescenza di DRC e PAC ha mostrato una stretta correlazione con i rispettivi valori di PRA e di PAC misurati con metodica radioisotopica (con coefficienti di correlazione di 0.92 e 0.93, rispettivamente p<0.0001 per entrambi), fatto nel complesso preventivabile, trattandosi di dosaggi eseguiti negli stessi campioni dello stesso paziente.
Fatto assai più rilevante sotto il profilo clinico è stato l’osservazione che ai fini della diagnosi di APA l’accuratezza diagnostica (basata sulla misurazione dell’area sottesa alla curva, AUC) dell’ARR calcolato su DRC e PAC misurati con la metodica in chemiluminescenza (ARRCL) è risultata significativamente migliore (0.974) di quella della ARR calcolata utilizzando la PRA e il PAC misurati con metodo radioisotopico (ARRRIA,0.894).
L’analisi ha inoltre consentito di individuare come cutoff ottimale per ARRCL, espresso come PAC in ng/dL e DRC in mIU/L, il valore di 2.06 che corrisponde ad una sensibilità del 92% e una specificità del 92%. Il riferimento soglia per ARRRIA è invece fissato a 38.7 (PAC in ng/dL e PRA come ng/mL/h) corrispondente ad una sensibilità dell’80% e specificità del 92%.
Lo studio ha permesso di concludere che i dosaggi automatizzati in chemiluminescenza di DRC e PAC, LIAISON® Direct Renin e LIAISON® Aldosterone, rappresentano delle tecniche più rapide e riproducibili rispetto ai classici dosaggi radioimmunologici PRA/PAC già validati ed hanno una migliore accuratezza diagnostica per l’identificazione dell’APA nei pazienti affetti da ipertensione.
Fonti bibliografiche:
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