E’ dell’Agosto 2010 il volontario ritiro dell’ASR™ Hip System effettuato dalla DePuy [1] sia che si trattasse di protesi di rivestimento (Fig. 1) che di sistemi acetabolari (Figg. 2, 3). La necessità del ritiro si è verificata per scollamenti delle componenti, per dislocazione, per sensibilizzazione ai metalli rilasciati dalle protesi o per la comparsa di dolore o tumefazioni periarticolari nei portatori di protesi che presentavano, logicamente, anche difficoltà nella deambulazione.
Stiamo parlando di protesi d’anca metalliche, note come MoM (Metal on Metal); il modello ASR è stato venduto in Italia dalla DePuy per la prima volta nel 2004.
Le protesi di rivestimento consentono di conservare tutta (resurfacing) o quasi tutta (emiresurfacing) la testa del femore. Ricoprono in sostanza la testa del femore e permettono di mantenerne, grazie proprio alle loro mega-teste, le dimensioni originali. Sono generalmente in metallo così come in metallo è il rivestimento acetabolare inserito a pressione (press-fit) e sono generalmente indicate per i pazienti più giovani ed attivi in relazione alla loro presunta prolungata durata.
Nel caso la protesi d’anca sia completa, la testa ed il collo del femore non vengono conservati, ma sono sostituiti da un’altra testa in metallo fissata ad uno stelo anch’esso metallico inserito nella diafisi femorale.
Una corretta funzionalità dell’articolazione protesizzata dipende da molti fattori biomeccanici. Le sollecitazioni determinate dalle forze applicate sull’articolazione sono assolutamente differenti da quelle che si verificano in un’articolazione normale e non è possibile conoscere completamente quale sia lo stato di sollecitazione del sistema osso-impianto o ancora lo stato di lubrificazione dell’articolazione stessa. Considerando che l’attrito dinamico ha un coefficiente di 0,002 in presenza di liquido sinoviale (a 43°C) in una articolazione di normale struttura, ci si accorge che questo raggiunge valori di 0,5 quando siano presenti accoppiamenti acciaio/acciaio; 0,35 è il valore in caso di accoppiamento CoCr/CoCr. Se, senza addentrarci in specifici concetti tribologici (la tribologia è la disciplina che si occupa delle superfici in relativo movimento tra di loro) che richiedono specifiche conoscenze ingegneristiche, consideriamo che i liquidi biologici sono fortemente aggressivi verso materiali metallici, titanio ed acciaio inclusi, e teniamo a mente i valori dei coefficienti di attrito poco sopra riportati, viene spontaneo concludere che protesi d’anca metalliche siano soggette a corrosione.
A causa di ciò, le conseguenze nocive per i pazienti, specie per interventi di artroplastica totale, sono non solo vari, ma a volte molto importanti e tanto più lo sono se il paziente è giovane, se le teste delle protesi sono grandi (oltre 36 mm di diametro, teoricamente più resistenti). I soggetti di sesso femminile corrono rischi maggiori rispetto a quelli di sesso maschile secondo il registro del National Joint Replacement Australiano.
Si può verificare già in corso di intervento chirurgico, quando si usi cemento, la drastica caduta della pressione arteriosa. Nel periodo post-operatorio è possibile il ritardo di guarigione della ferita con infezione profonda precoce o tardiva, tanto grave da dover determinare la necessità di espiantare la protesi, di eseguire l’artrodesi dell’articolazione o, addirittura di procedere, nei casi gravi, all’amputazione dell’arto. Sono possibili danni vascolari, formazione di ematomi, danni nervosi temporanei o permanenti che si estrinsecano in sensazioni di intorpidimento, comparsa di dolore a carico dell’arto protesizzato o peggio ancora paralisi dei nervi. Tralasciando effetti cardiovascolari importanti quali le trombosi venose, le embolie polmonari, gli infarti del miocardio, le calcificazioni o le ossificazioni periarticolari che a volte comportano la restrizione della mobilità articolare, gli pseudotumori (Fig. 4), le vasculiti linfocitarie asettiche (ALVAL, aseptic lymphocytic vasculitis-associated lesion. [2])
citiamo la dislocazione, la migrazione e/o la sublussazione dei componenti della protesi, l’allungamento o l’accorciamento dell’arto, le fratture trocanteriche o femorali, l’avulsione trocanterica. Chi poi volesse un elenco assai più completo di tutte le possibili complicanze può trovarlo nei data sheet allegati alle componenti protesiche che, detto per inciso possono anch’esse rompersi.
Quello che qui ci preme segnalare è non solo la ben nota osteolisi, (che, anche se asintomatica, è comunque conseguenza della presenza di materiale estraneo all’interno dell’osso) foriera di indesiderate fratture, ma soprattutto la formazione di particolati metallici o di altra natura, comunque di origine protesica, derivanti dall’attrito generatosi durante i movimenti articolari.
Di fatto l’applicazione di protesi metalliche (contatto metallo/metallo fra le varie componenti) è controindicata nei pazienti colpiti da insufficienza renale anche moderata o in soggetti di sesso femminile in età fertile per gli eventuali ignoti effetti di elevati livelli metallici sul feto in caso di gravidanza. E’ vero che le protesi MoM, specie se costituite da CoCrMo sono molto resistenti alla corrosione ed al logoramento, che la lega che li costituisce è relativamente passiva ed ha un basso indice di dissoluzione, ma una cosa è la sperimentazione in laboratorio che simula i movimenti della protesi ed alla fin fine ne controlla la resistenza ed altra cosa è il contatto permanente con tessuti viventi ove sono costantemente possibili variazioni del pH nella sede di impianto, l’esposizione a radicali liberi, il contatto con ioni Cloro, l’esposizione a ondate di pH acido, la formazione di biofilm proteinacei alla superficie degli impianti protesici che possono a volte proteggere a volte peggiorare il processo di corrosione, le reazioni linfocitarie e quelle macrofagiche. Insomma un conto è la resistenza alla pura corrosione tribologica e un altro conto è quella al dinamismo delle situazioni che si presentano in un organismo vivente. Nel caso della DePuy le protesi erano costituite di una lega Cobalto/Cromo/Molibdeno con superfici esterne porose coperte di Idrossapatite che consentiva di evitare l’uso del cemento per la fissazione all’osso. Costituite però in monoblocco non consentivano nel caso del sistema acetabolare di controllare il corretto orientamento della protesi rispetto alla testa del femore. Per un motivo molto semplice che il monoblocco era privo di quei fori che consentono al chirurgo ortopedico di controllare il corretto alineamento articolare dell’elemento protesico. Nel punto di congiunzione tra la testa metallica della protesi ed il resto della protesi femorale si verificavano importanti fenomeni di corrosione. Le conseguenze principali dovute alla corrosione erano la formazione di aree osteolitiche, di cavità cistiche all’interno dell’osso ed un’elevata concentrazione di ioni metallici (Cromo e Cobalto) nel sangue. L’attrito generatosi con movimenti banali ed usuali come alzarsi da una seggiola o salire le scale tra testa metallica e coppa acetabolare, con una sorta di ‘effetto scalpello’ aggravava la situazione incrementando la liberazione di ulteriori quantità di frammenti metallici (problema identico per tutte le altre protesi MoM). Si pensava sino a qualche anno fa che le protesi MoM rilasciassero frammenti in quantità nettamente inferiori (100 volte) rispetto a quelle in metallo/polietilene [4], ma ciò non si è rivelato, alla prova dei fatti corrispondente alla situazione reale. I difetti nascosti nelle protesi MoM hanno determinato danni tanto importanti da attirare l’attenzione anche di riviste non specialistiche: E’ del New York Times, tanto per citare un esempio l’articolo ‘Concerns Over'Metal on Metal' Hip Implants’ del marzo del 2010[5] che vale la pena di leggere per la sua incisività. I metalli liberati dalle protesi sono presenti non solo come nanoparticolato, ma in forma di ioni, sali, ossidi, complessi colloidali più o meno specificamente legati a materiale organico o intrappolate in molecole di deposito come l’emosiderina [6]. Le nanoparticelle metalliche liberate dalle protesi, di diametro medio pari a 0,05 micron, si distribuiscono ampiamente nell’organismo raggiungendo, per via ematica fegato, reni, midollo osseo, vescica. [7]. Non è detto che, quand’anche non attraversino le membrane cellulari, non possano comunque essere in grado di danneggiarne il DNA attivando un sistema di segnali che possono portare in maniera indiretta alla rottura delle catene di DNA e ad aberrazioni cromosomiche (double strand breaks nel caso di nanoparticelle Co/Cr). Le nanoparticelle ceramiche con analoghi meccanismi inducono, sperimentalmente single strand breaks [8].
La perdita di materiale protesico per logoramento fu calcolata, in riferimento allo spessore, intorno ai 4,2 micron all’anno per protesi metallo/metallo e di 0,1 millimetri per protesi metallo/polietilene [9], ma quanti ioni metallici sono presenti nel sangue dei pazienti portatori di protesi d’anca MoM? La media per il Cromo è di 1,61 mg/l (0,4-5,5) e di 0,67mg/l (0,23-2,09) per il Cobalto nel sangue intero. Se però si determinano i valori nel siero le quantità risultano essere 1,39 e 1, 37 volte maggiori [10]. Si tratta di livelli che di per sè già pongono il rischio di sviluppo di ipersensibilità ritardata [11] di IV tipo. Quanto alla possibilità di sviluppo di neoplasie, il rischio è ancora tutto da valutare. Aggiungiamo che. in persone che non sono portatrici di protesi, i livelli ematici di Co sono talmente ridotti da non poter essere dosati (limite di dosaggio: 0,3 ng/ml), per quanto riguarda il Cr i limiti di dosabilità sono di 0,03 ng/ml e nei soggetti non protesizzati se ne riscontravano im media 0,05 ng/ml. Le concentrazioni potevano aumentare sino ad oltre 2 ng/ml per il Cobalto e di anche 4,5 volte per il Cromo nei portatori di protesi, questi stessi metalli potevano essere agevolmente dosati nelle loro orine [6]. Gli effetti locali nel caso delle protesi MoM dimostrano che i tessuti a diretto contatto con i materiali protesici sono ulcerati (le ulcerazioni sono meno pronunciate in altri tipi di protesi) e presentano all’esame microscopico una diffusa infiltrazione linfocitaria perivascolare con accumulo di plasmacellule e macrofagi contenenti frammenti metallici. Linfociti e plasmacellule sono invece assenti se le protesi sono in metallo/polietilene [12]. Non possiamo qui parlare di tutti gli effetti generali nocivi che possono svilupparsi nei portatori di protesi d’anca specie se siano di giovane età. Possiamo però almeno citare la possibile comparsa di linfopenia che colpisce soprattutto i linfociti CD8+ e che è proporzionale ai livelli ematici di Cr e Co [13]
Soluzioni possibili al problema, pronte all’uso in clinica di fatto non ce ne sono, la ricerca però sta puntando su nuovi materiali nanoparticolati che sembrerebbero in grado di risolvere molti dei problemi causati dalle protesi metalliche.
Ci riferiamo ai nanodiamanti (Fig. 5) che potrebbero essere utilizzati come rivestimenti grazie proprio alla possibilità di farli aderire alla superficie delle protesi. Se è vero che, in genere, molte protesi cominciano a dare problemi ( non ci stiamo riferendo a quelli sopra descritti) all’incirca verso il decimo anno dall’impianto, il rivestimento dovrebbe allungarne la vita. I nanodiamanti non solo ricoprirebbero i metalli evitandone il contatto diretto con i fluidi biologici, ma sembrano attualmente rilasciare minori quantità di detriti di dimensioni ridotte rispetto a quelli liberati dalle MoM. Studi preclinici indicano che questi detriti non sono tossici per macrofagi in coltura (nanodiamanti sintetici alla concentrazione di 50 mg/ml, la stessa presente in vivo nei protesizzati) e non sarebbero in grado di innescare processi infiammatori, non almeno processi infiammatori importanti visto che il rilascio di citochine ad azione proinfiammatoria è limitato e sono anzi depressi geni responsabili sia della produzione di citochine che del riassorbimento osseo [14]. Test e ricerche più approfondite potranno darci forse, entro pochi anni nuove protesi più resistenti e più sicure per la salute di coloro che sono e saranno in numero crescente (questo almeno è il trend attuale) costretti a farne uso.
Intanto i ritiri di protesi metalliche proseguono.
E’ nuovissimo l’annuncio del richiamo delle protesi per anca MITCH THR System usato in vari continenti e, per ciò che ci riguarda, anche in Europa.
Si tratta di una protesi componibile in cui lo stelo femorale è prodotto non dalla MITCH, ma da differenti fabbricanti. Per coincidenza la testa modulare della protesi, in Cromo/Cobalto ad alto tenore di Carbonio, è prodotta dalla Finsbury Orthopaedics Ltd, acquistata dalla DePuy Orthopaedics nel 2009. Il rivestimento a contatto con l’osso è in titanio ruvido ed idrossiapatite applicati usando basse temperature [15]. Non è utilizzabile neppure lo stelo femorale (Accolade) della Stricker che veniva usato nell’assemblaggio del sistema MITCH THR. L’adozione di quest’ultimo obbliga, in almeno il 10,7% dei casi, a revisioni dopo soli quattro anni dall’impianto quanto le revisioni sono necessarie nell’1,7% o nel 2,7% dei casi trattati, rispettivamente, con protesi in ceramica o in plastica ed è tradizionalmente ammessa una massima percentuale di revisioni del 5% entro i primi 5 anni dall’impianto [16]. A mo’ di conclusione ricordiamo che procedimenti legali avviati dai pazienti interessano non solo la Depuy, ma anche la Biomet, la Zimmer, la Howmedica Inc., la Howmedica Osteonic Corp. l’Osteonic Corp. [17]. Le protesi di questi produttori sono o sono state disponibili con certezza anche in Italia [18].
[1] ASR™ Hip System Recall Guide for Health Care ProfessionalsIn: https://asrrecall.depuy.com/ukprofessional
[2] P. Campbell, E. Ebramzadeh, S. Nelson, K. Takamura, K. De Smet, H. C. Amstutz Histological features of pseudotumor-like tissues from metal-on-metal hips Clin. Orthop. Relat. Res. 468: 2321-2327,2010
[3] Y-M. Kwon, P. Thomas, B. Summer, H. Pandit, A. Taylor, D. Beard, D. W. Murray, H. S. Gill Lymphocyte proliferation responses in patients with pseudotumors following metal-on-metal hip resurfacing arthroplasty J. Orthop. Res. 28 (4): 444-450, 2010
[4] H L. Anissian, A. Stark, A.Gustafson, V. Good, I. C. Clarke Metal-on-metal bearing in hip prosthesis generates 100-fold less wear debris than metal-on-polyethylene Acta Orthopaedica 70 (6): 578-582, 1999
[5]B. Meyer Concerns Over 'Metal on Metal' Hip Implants New York Times March 3 2010
[6] JJ Jacobs, AK Skipor , LM Patterson, NJ Hallab, WG Paprosky, J Black, JO Galante. Metal release in patients who have had a primary total hip arthroplasty. A prospective, controlled, longitudinal study J Bone Joint Surg Am. 80 (10): 1447-1458, 1998.
[7] AJ Smith, P Dieppe, M Porter, A. W Blom. Risk of cancer in first seven years after metal-on-metal hip replacement compared with other bearings and general population: linkage study between the National Joint Registry of England and Wales and hospital episode statistics. BMJ 2012; 344 e2383.
[8] M. C. Parry,G. Bhabra, A. Sood, F. Machado, L. Cartwright,M. Saunders, E. Ingham, R. Newson, A. W. Blom,C. P. Case Thresholds for indirect DNA damage across cellular barriers for orthopaedic biomaterials Biomaterials 31 (16): 4477-4483, 2010
[9] L D. Dorr, Z Wan, DB. Longjohn, B Dubois; R.Murken Total Hip Arthroplasty with Use of the Metasul Metal-on-Metal Articulation : Four to Seven-Year Results The Journal of Bone & Joint Surgery. 82 (6):789-789, 2000
[10] P.-A. Vendittoli, S. Mottard, A. G. Roy, C. Dupont, M. LavigneChromium and cobalt ion release following the Durom high carbon content, forged metal-on-metal surface replacement of the hipJ Bone Joint Surg. 89-B (4): 441-448 , 2007
[11] M. Silva, C. Heisel, T.P. Schmalzried, Metal-on-Metal Total Hip Replacement Clinical Orthopaedics & Related Research: 430: 53-61, 2005
[12] A.P. Davies, H.G. Willert, P.A. Campbell, LD Learmonth, C.P. Case An Unusual Lymphocytic Perivascular Infiltration in Tissues Around Contemporary Metal-on-Metal Joint Replacements The Journal of Bone & Joint Surgery. 87 (1):18-27, 2005)
[13] A. J. Hart, J. A. Skinner, P. Winship, N. Faria, E. Kulinskaya, D. Webster, S. Muirhead-Allwood, C. H. Aldam, H. Anwar, J. J. PowellCirculating levels of cobalt and chromium from metal-on-metal hip replacement are associated with CD8+ T-cell lymphopeniaJ Bone Joint Surg Br 91-B (6): 835-842, 2009
[14] G. Williams Early study suggests nanodiamonds safe for implants UAB University of Alabama at Birmingham USA Friday, February 03, 2012
[15] Hip joint replacement recalled in New Zealand, AAP april 13 2012 in: https://www.news.com.au/breaking-news/hip-joint-replacement-recalled-in-new-zealand/story-e6frfku0-1226326065635
[16] Press release:MHRA updates advice for metal-on-metal hip replacements Tuesday 28 February 2012in:https://www.mhra.gov.uk/NewsCentre/Pressreleases/CON143784
[17] Hip & Knee Replacementsin: https://www.lawyersandsettlements.com/case/hip_and_knee_replacement_implant_failure.html
[18] AA.VV. Age.na.s HTA report – Prostheses for primary total hip replacement in Italy, Rome, September, 2008
L’articolo completo di figure comparirà nel Gruppo Nanoscienze e medicina
In Italia, si stima che la prevalenza dei soggetti osteoporotici over 50 corrisponda al 23,1% nelle donne e al 7,0% negli uomini (International Osteoporosis Foundation)
Chirurgia mini-invasiva e robotica le armi contro la stenosi del canale lombare
Potrebbe essere sfruttato come base di terapia per l'osteoporosi e per aiutare a guarire le fratture ossee
In uno studio su animali pubblicato sulla rivista Cell Reports Medicine il peptide, Pepitem, ha garantito la formazione di nuovo osso sano in topolini con problemi di osteoporosi
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