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Generici, il ministero della Salute chiarisce la norma. Ma gli esperti sono discordi: per Garattini il provvedimento è contraddittorio, lo Snami afferma che spetta solo al medico decidere. Bene per la Cgil

Farmaci Redazione DottNet | 25/01/2012 21:13

Per alleggerire i costi sulle famiglie, ''il farmacista è tenuto a dispensare, al posto del farmaco commerciale, il medicinale generico equivalente avente il costo più basso, a meno che il medico non abbia espressamente indicato in ricetta la non sostituibilità del farmaco prescritto o salvo diversa richiesta del cliente''. Lo precisa il ministero della Salute, chiarendo la corretta interpretazione del comma 9 dell'articolo 11 del decreto-legge n. 1 del 2012, cosiddetto decreto "Cresci Italia", con particolare riferimento al comportamento al quale è tenuto il farmacista.

 La norma stabilisce che "Il farmacista, qualora sulla ricetta non risulti apposta dal medico l'indicazione della non sostituibilità del farmaco prescritto, è tenuto a fornire il medicinale equivalente generico avente il prezzo più basso, salvo diversa richiesta del cliente". Un'interpretazione letterale della disposizione, sottolinea il ministero in una nota, ''potrebbe indurre a ritenere che al farmacista venga imposto di dare al cliente (che non esprima una diversa volontà) il medicinale con denominazione generica avente il prezzo più basso fra i medicinali di uguale composizione, anche quando tale prezzo risulti uguale o addirittura superiore al prezzo del medicinale "con marchio" indicato come prima scelta dal medico.

La corretta interpretazione della norma non può prescindere dalla ratio dell'intero comma 9, le cui finalità - prosegue la nota - sono dirette a favorire l'uso di medicinali equivalenti a più basso costo, in tutti i casi in cui non sussistano specifiche ragioni sanitarie che rendano necessario l'impiego dello specifico medicinale indicato dal medico''. L'espressione "equivalente generico", rileva inoltre il ministero, ''deve intendersi riferita a tutti i medicinali che risultino equivalenti a quello specificato dal medico, senza operare alcuna distinzione fra medicinali 'con marchio' e medicinali a denominazione generica''.

 

No di Garattini e Snami

 

Esperti discordi sulla norma del Dl Liberalizzazioni che prevede che il medico specifichi nella ricetta se il farmaco prescritto è ''sostituibile con equivalente generico'' oppure ''non sostituibile'' nei casi in cui sussistano specifiche motivazioni cliniche contrarie". Per il farmacologo Silvio Garattini la norma e' infatti ''contraddittoria'', mentre i medici del sindacato autonomo Snami sottolineano come la scelta spetti comunque al medico poiche' i farmaci generici possono avere azione diversa rispetto a quelli 'originali'. ''La norma - afferma Garattini - e' assolutamente contraddittoria: se il medico puo' infatti reputare che ci sono farmaci generici da non somministrare ai pazienti, vuol dire che abbiamo in giro farmaci generici che non funzionano, e questo non e' accettabile. L'azione dei farmaci generici e' infatti equivalente a quella dei farmaci 'originali'. Tale norma - sottolinea il farmacologo - fa invece passare l'idea che i farmaci equivalenti o generici siano in qualche modo di serie B, cosa non vera''. Discorso diverso, aggiunge Garattini, se ''e' invece il paziente che chiede di utilizzare il farmaco originale, pagando la differenza di prezzo''. La norma del Dl rappresenta invece ''una correzione a meta''' rispetto alla versione precedente (che prevedeva l'obbligatorieta' dell'indicazione del farmaco equivalente) secondo il presidente dello Snami Angelo Testa. Un farmaco equivalente, afferma, è ''sostanzialmente simile all'originale ma ci possono essere delle variazioni farmacocinetiche. Da qui la minor efficacia o un'accentuazione degli effetti collaterali''. Le norme consentono ad esempio che gli eccipienti (le sostanze ausiliarie della produzione di una forma farmaceutica), sottolinea, possano essere diversi rispetto a quelli utilizzati per il farmaco originale, per cui ogni casa farmaceutica che produce farmaci generici può utilizzare eccipienti con componenti differenti. Questo, assieme alla biodisponibilità del farmaco (ovvero la quantita' di farmaco somministrato che raggiunge la circolazione sistemica senza subire modificazioni di tipo chimico), ''che può anch'essa essere differente, può accentuare anche di molto - conclude Testa - la differenza verso l'originale''.

 

Il plauso della Cgil

 

La norma del Dl Liberalizzazioni in base alla quale il medico puo' indicare la sostituibilita' del farmaco, e' una ''norma di buon senso e che non lede la professionalità medica''. Lo affermano Massimo Cozza, Segretario Nazionle Fp-Cgil Medici, e Nicola Preiti, Coordinatore Nazionale Medicina Generale Fp-Cgil Medici. La disposizione sull'obbligo di prescrizione dei farmaci generici, così come pubblicata nel Dl liberalizzazioni in Gazzetta Ufficiale, affermano i due sindacalisti, ''è una norma di buon senso che non lede l'autonomia professionale dei medici. Informare il paziente nel prescrivere un farmaco dell'eventuale presenza in commercio di medicinali aventi uguale composizione in principi attivi, forma farmaceutica, via di somministrazione, modalità di rilascio e dosaggio unitario uguale, è infatti un atto di deontologia professionale che il medico già fa per un uso appropriato delle risorse''. Aggiungere a ogni prescrizione le parole "sostituibile con equivalente generico", affermano, ''è un fatto condivisibile perché questi farmaci sono scientificamente testati e hanno prezzi più bassi''. In paesi come Germania e Inghilterra, ricordano, ''il loro l'uso è tre volte superiore rispetto all'Italia, con vantaggio dei cittadini e senza danno per la loro salute. Studi scientifici dimostrano, ad esempio, che i farmaci equivalenti non modificano l'efficacia e la tollerabilità anche nelle terapie salvavita e nel solo 2010 il loro utilizzo ha prodotto risparmi per 600 milioni di euro''. Rimane comunque sempre al medico, come previsto dalla stessa norma, concludono i sindacalisti, ''la facoltà di prescrivere il farmaco "griffato" nel caso reputi vi siano specifiche motivazioni cliniche contrarie all'equivalente''.

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