Le vie di somministrazione dei farmaci sono molteplici e spesso invasive sia pure in gradi differenti. L’uso delle siringhe è comunissimo nella pratica medica sia a scopo diagnostico che terapeutico. Nella ricerca di modalità di somministrazione dei farmaci la via transdermica comincia oggi ad essere sempre più frequentamente utilizzata per l’assenza di invasività.
A parte le vie enterali, quelle parenterali sono tutte vie che comportano la messa in atto di una tecnica più o meno invasiva. L’ideale sarebbe poter sostituire le vie parenterali con una somministrazione topica del farmaco applicato direttamente su una porzione di cute e di farlo penetrare nel derma onde garantirne l’assorbimento sistemico. La via transdermica si presta a questo sistema ottimale di somministrazione ed è già comunemente utilizzata per la somministrazione di vari tipi di farmaci tramite cerotti (nitroglicerina, scopolamina, estrogeni, nicotina, fentanile, testosterone) a lento rilascio che peraltro determinano anche un lento assorbimento. Si tratta di veri e propri sistemi transdermici la cui complessità varia da quella più semplice dei cerotti medicati (di solito con antiinfiammatori, antidolorifici o ancora più semplicemente trattati con alluminio micronizzato ad attività batteriostatica) che rilasciano rapidamente il farmaco per un breve periodo di tempo, a quelli più complessi, (a rilascio modificato) costituiti da più strati con rilascio controllato e prolungato nel tempo.
Questi ultimi sistemi sono costituiti da ‘cerotti’ costituiti da cinque strati. Il primo è uno strato esterno impermeabile al disotto del quale troviamo un secondo strato che contiene la riserva del farmaco il cui rilascio è controllato da una membrana microporosa (terzo strato). Il quarto strato è quello adesivo ed infine l’ultimo strato, il quinto è quello che deve essere rimosso al momento dell’uso.
La penetrazione del farmaco è anche determinata e facilitata da solventi oleosi che ne favoriscono la penetrazione attraverso l’epidermide, garantendo il mantenimento costante della concentrazione plasmatica entro la zona di efficacia terapeutica.
Una via di somministrazione di questo tipo evita anche l’eventuale interferenza con i cibi, una perdita di farmaco per metabolismo epatico con risparmio sul dosaggio ed eventuali effetti collaterali su organi o sistemi.
I farmaci utilizzabili, nel caso si usi questa via di somministrazione, debbono comunque essere farmaci in grado di attraversare la barriera cutanea, debbono essere stabili nel tempo ed essere efficaci a basse dosi.
L’ area di contatto, l’età, il sesso, la sede di applicazione, la temperatura corporea possono influire sull’assorbimento del farmaco. Eventuali effetti avversi sono facilmente controllabili e di breve durata, essendo sufficiente il distacco del cerotto dalla cute.
Poiché non tutti i farmaci sono adatti al tipo di somministrazione descritta, la ricerca sta evolvendo sistemi più incisivi che potranno permettere la somministrazione di vari tipi di farmaci o vaccini sfruttando aghi ipodermici di dimensioni micrometriche la cui applicazione sia di per sé assai poco dolorosa. Microaghi metallici possono già essere fabbricati, ma pongono una serie di problemi che vanno dalla modalità di fabbricazione troppo rudi per mantenere la struttura delle molecole dei farmaci, alla difficoltà di controllarne il rilascio, dal rischio di infezione nei punti di contatto ago/epidermide alla possibilità di rottura dei microaghi con ritenzione di minuscoli frammenti metallici. Le tecniche odierne consentono di produrre microaghi in polimeri dissolvibili (PLGA, copoly lactic acid/glycolic acid) caricati con microparticelle di PLGA o carbossimetilcellulosa ripiene di farmaco. La loro fabbricazione tuttavia comporta l’uso del vuoto e di temperature superiori a 135° C che se sono utili per la fusione dei polimeri utilizzati, non lo sono affatto per molti farmaci di natura proteica o costituiti comunque da peptidi. L’uso di tecniche che permettono di lavorare a temperatura ambiente comportano la necessità di utilizzare, nella fabbricazione dei microaghi, microstrutture metalliche rivestite di polimeri in miscele contenenti ad esempio vaccini, altre tecniche permettono la fabbricazione di microaghi in materiali riassorbibili (carboidrati o polivinilpirrolidone). In quest’ultimo caso la velocità del riassorbimento non consente il prolungato controllo della velocità di rilascio del farmaco. In aggiunta a questi problemi va considerato che, se si lavora a temperatura ambiente, bisogna poi provvedere alla sterilizzazione del materiale esponendolo ai raggi ultravioletti e non tutti i farmaci sono in grado di sopportare questo trattamento.
Per l’applicazione pratica, in clinica, dei microaghi occorre perciò disporre di metodi di fabbricazione in grado di non danneggiare i farmaci o i vaccini con cui i microaghi debbono essere riempiti e di un materiale di fabbricazione biocompatibile, biodegradabile e che non rilasci, con la degradazione, prodotti tossici. Per di più il materiale utilizzato deve essere robusto e deve permettere il controllo del rilascio del farmaco.
Si tratta di una serie complessa di problemi che sembra attualmente essere in via di soluzione grazie alle ricerche del Dipartimento di Ingegneria Biomedica della Tuft University [1].
Il metodo di fabbricazione proposto avviene a pressione e a temperatura ambiente ed usa come stampo microaghi di Alluminio su cui viene colato del Polidimetilsilossano (PDMS).
Il PDMS, staccato dagli aghi di alluminio, costituisce uno stampo negativo che a sua volta viene riempito con una soluzione di farmaco e fibroina della seta.
Si ottengono così aghi costituiti di seta (fibroina) e farmaco lunghi approssimativamente 500 mm, con un diametro alla punta di circa 10 mm. La struttura della seta ed in particolare la quantità di foglietti beta della struttura secondaria della fibroina può essere controllata utilizzando procedimenti vari che consentono di modularne la solubilità, la cristallinità e, all’atto pratico, di controllare la cinetica di rilascio del farmaco a cui offre supporto. Si tratta di un controllo valido per ogni singolo microago. E’ ovvio perciò che la quantità di farmaco rilasciata potrà anche essere variata in relazione alla densità dei microaghi presenti nella patch costruita. Gli aghi che con questo metodo si ottengono sono sufficientemente robusti per penetrare nell’epidermide che, nella sperimentazione riferita, è di topo.
Altra soluzione recente, proposta dalla Emory University della Georgia, testata su cute porcina per la sua somiglianza a quella umana, è quella dei microaghi in polivinilpirrolidone, prodotti a temperatura ambiente, solubili in acqua, resistenti alla pressione, biocompatibili e riempiti con vaccino antiinfluenzale [2]. Si ottengono aghi lunghi circa 650 mm con punta del diametro di circa 10 mm. E’ sufficiente una modesta pressione (0.13+ 0.03 N) per applicare la patch in cui sono inseriti con un ampio margine di sicurezza, per ciò che riguarda l’eventuale rottura, rispetto alla forza necessaria per rompere un singolo ago (0.058 N). Il tempo occorrente ad una dissoluzione significativa dei microaghi è di circa 5 min per la cute porcina, di circa 15 min per quella di topo (in vivo). Il vaccino liofilizzato viene mescolato con il vinil pirrolidone liquido prima della sua polimerizzazione e mantiene la sua efficacia immunogena garantendo anche una risposta particolarmente robusta quando si effettui il richiamo della vaccinazione.
La differenza tra le due invenzioni presentate è che nel primo caso la metodica di produzione dei microaghi è utile per la somministrazione controllata ed a lungo termine di farmaci. Nel secondo caso l’utilità riguarda la somministrazione di vaccini per i quali il rilascio non deve essere protratto nel tempo.
In ambo le condizioni la lunghezza dei microaghi permetterebbe di evitare la stimolazione delle fibre nervose di cui è ricco il derma e di evitare che l’applicazione sia particolarmente dolorosa dato che lo spessore dell’epidermide varia tra i 40 mm ed i 1500 mm. Naturalmente è sempre possibile che i microaghi stimolino le terminazioni nervose libere, importanti per la percezione del dolore, che raggiungono e penetrano l’epidermide stessa.
Soluzioni commerciali sono già disponibili ad esempio presso la Debiotech S.A.Medical Services, nella vicinissima Svizzera.
I progressi tecnologici consentono comunque di ridurre ulteriormente le dimensioni degli oggetti onde poter passare dalla produzione dei micro a quella dei nanoaghi con la possibilità di un’ampia diffusione commerciale.
L’articolo completo di figure sarà reperibile nel Gruppo Nanotecnologie e nanomedicina.
[1] Konstantinos Tsioris, Waseem K. Raja, Eleanor M. Pritchard, Bruce Panilaitis, David L. Kaplan, Fiorenzo G. Omenetto Fabrication of Silk Microneedles for Controlled-Release Drug Delivery Adv.Funct. Mater. Article first published online december 2 2011 https://dx.doi.org/10.1002/adfm.201102012
[2] Sean P Sullivan, Dimitrios G Koutsonanos, Maria del Pilar Martin, Jeong Woo Lee, Vladimir Zarnitsyn, Seong-O Choi, Niren Murthy, Richard W Compans, Ioanna Skountzou & Mark R Prausnitz. Dissolving polymer microneedle patches for influenza vaccination. Nature Medicine, 16 (8): 915-921, 2010.
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