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Tumori: lo studio, farmaci antidolorifici 'scudo' per il seno

Farmaci Redazione DottNet | 20/10/2008 11:19

Studiati per combattere il dolore, utili per prevenire i tumori. L'uso regolare di comuni farmaci antifiammatori sembra ridurre il rischio di cancro al seno. E' la conclusione di uno studio internazionale pubblicato sul 'Journal of the National Cancer Institute', condotto analizzando i dati relativi a 2,7 milioni di donne.

 

Sono stati molti, infatti, gli studi che in passato hanno tentato di chiarire il ruolo dei medicinali antidolorifici nella prevenzione del carcinoma mammario. Quest'ultima ricerca ha passato quindi in rassegna i risultati di 38 di queste indagini, combinandone i dati per fotografare meglio il fenomeno. Pare infatti che sia l'acido acetilsalicilico (principio attivo dell'Aspirina*) che l'ibuprofene, comunemente impiegati contro mal di testa o dolori articolari e appartenenti alla categoria degli antinfiammatori non steroidei (Fans), siano in grado di interferire con le infiammazioni presenti nell'organismo e che questa loro abilità abbia effetti positivi contro i tumori.


Ed ecco la spiegazione: due enzimi coinvolti nei meccanismi dell'infiammazione, chiamati Cox-1 e Cox-2, sembrano avere un ruolo chiave nello sviluppo del cancro, poiché influenzano il modo in cui le cellule si dividono e muoiono, la produzione di nuovi vasi sanguigni che possono 'nutrire' una neoplasia e perché regolano la risposta immunitaria del corpo.
I Fans, proprio inibendo queste due sostanze, possono dunque arrestare la formazione di un tumore: le donne che assumono acido acetilsalicilico corrono un rischio di cancro del 13% inferiore rispetto a quelle che non ne fanno uso, mentre l'ibuprofene riduce di un quinto il pericolo di insorgenza di una neoplasia mammaria. Gli esperti, in ogni caso, non consigliano certo l'uso di antidolorifici come prevenzione tumorale, almeno finché studi clinici su larga scala non saranno portati avanti per far luce sul profilo rischio-beneficio. Questi medicinali possono infatti provocare problemi gastrointestinali e cardiovascolari in alcuni pazienti.

 

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