La Rete regionale della Lombardia ha pubblicato il percorso diagnostico terapeutico per la malattia. Chi ha una diagnosi di neurofibromatosi 1 (NF1) basata sulla presenza dei soli segni cutanei potrebbe esserci un punto interrogativo. Recenemente infatti è stata individuata una nuova sindrome che con la NF1 ha grandi somiglianze ma che è legata ad una mutazione genetiva diffferente: si chiama Sindrome di Legius. La novità è contenuta in un documento recentemente pubblicato dalla Rete Regionale per le Malattie Rare in Lombardia guidata dall’Istituto Mario Negri. La Rete ha infatti pubblicato nel proprio sito una serie di PDTA, cioè i Percorsi Diagnostico Terapeutici e Assistenziali per le persone affette da malattie rare. Per ciascuna patologia c’è un percorso differente: attualmente ne sono stati pubblicati oltre 60 ma il lavoro di pubblicazione di altri percorsi riprenderà nei prossimi giorni e dunque questo è solo un primo gruppo di malattie che beneficiano di questo lavoro. Tra le patologie per le quali sono stati pubblicati i PDTA c’è la Neurofibromatosi I una malattia genetica a trasmissione autosomica dominante (eccetto alcuni casi sporadici) che ha tra i principali sintomi la presenza a livello cutaneo di macchie color caffelatte (CAL), neurofibromi cutanei, noduli a livello oculare o in una certa percentuale di casi anche difficoltà a livello di apprendimento ma raramente con un deficit intellettivo importante.
Ci sono tuttavia molti altri sintomi legati a alla NF1 e la malattia può presentarsi in maniera molto differente anche all’interno della stessa famiglia, cosa che crea qualche difficoltà in sede di diagnosi clinica. Per la malattia sono stati individuati alcuni geni coinvolti e proprio la ricerca genetica ha permesso molto recentemente di delineare una nuova condizione clinica, di fatto una malattia differente dalla NF1 se pur con molti sintomi simili. Si chiama sindrome di Legius e a causarla è una mutazione a carico del gene SPREDA1 localizzato sul cromosoma 15 in regione q13.2 (15q13.2).
Su questa malattia di recente individuazione c'è attualmente anche un progetto di ricerca italiano guidato dalla dottoressa Giovanna Zambruno del laboratorio di biologia molecolare e cellure dell'
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L’assunzione del principio attivo Baricitinib, il primo approvato nel 2022 per i pazienti adulti con alopecia areata grave si è dimostrata ancora più efficace sui pazienti curati nella vita reale rispetto a quelli trattati negli studi registrativi
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