Farmacie e parafarmacie tra liberalizzazioni conquistate e contese, progetti di riforma e conflitti. Era esattamente nel luglio 2006 che l'allora ministro Pierluigi Bersani (governo Prodi, centrosinistra), introduceva nel "campo minato" della farmaceutica primi elementi di mercato, con la possibilità di vendita nelle parafarmacie e Grande distribuzione (ma sempre con la obbligatoria presenza di un farmacista) di farmaci di automedicazione, senza obbligo di ricetta.
A tre anni da allora, con un governo che si dichiara "liberista e liberale", si prefigurano scenari meno aperti che inducono il presidente dell'Antitrust, Antonio Catricalà a lanciare l'allarme (relazione annuale al Parlamento), contro "l'approvazione di riforme che riportino indietro le lancette dell'orologio e ripristinerebbe di fatto il monopolio della farmacia tradizionale". Parole dure che il centro-destra contesta ipotizzando "riforme liberali" che prevedono distributori self-service di farmaci senza obbligo di ricetta in confezioni ridotte, su tutto il territorio nazionale (anche negli autogrill!) senza il bisogno della presenza del farmacista. Un accesso ai medicinali (meno degli attuali, però, che sono circa 1500) "libero e diretto" come ha sempre sostenuto l'Antitrust.
Il ruolo del farmacista resta per tutti centrale ("Non è pensabile che la dispensazione dei medicinali possa avvenire al di fuori della tutela esercitata da un professionista", ha affermato il presidente della Federazione Ordini Farmacisti, Fofi, Andrea Mandelli), recenti sondaggi tra i consumatori lo confermano, ma la concorrenza delle parafarmacie, sebbene vi sia sempre il professionista, sembra essere l'obiettivo primario.
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