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Ue approva ampliamento indicazione mirikizumab in malattia di Crohn

Farmaci Redazione DottNet | 05/03/2025 14:15

L'antagonista dell'interleuchina-23p19 di Lilly era già validato nella colite ulcerosa attiva da moderata a grave

La Commissione europea (Ce) ha approvato mirikizumab, antagonista dell'interleuchina-23p19 (IL-23p19), per il trattamento della malattia di Crohn in fase attiva da moderata a grave nei pazienti adulti che hanno avuto una risposta inadeguata, hanno perso la risposta o sono risultati intolleranti alla terapia convenzionale o a un trattamento biologico. Il farmaco - informa Lilly in una nota - è già stato approvato nel 2024 in Italia dall'Agenzia del farmaco (Aifa) come trattamento per gli adulti con colite ulcerosa attiva da moderata a grave e agisce prendendo di mira una proteina specifica, l'interleuchina-23p19, fattore chiave dell'infiammazione intestinale nella malattia di Crohn, una delle principali malattie infiammatorie croniche intestinali (Mici).

Si stima che la malattia di Crohn colpisca in Italia circa 100 mila persone, con esordio soprattutto in età giovanile, tra i 15 e i 40 anni, sebbene possa manifestarsi a qualunque età. È associata a progressivo danno intestinale, disabilità e peggioramento della qualità di vita.

"Se non adeguatamente controllata, la malattia di Crohn - spiega Alessandro Armuzzi, responsabile Uo Ibd, Istituto clinico Humanitas di Rozzano (Milano) e professore ordinario di Gastroenterologia, Humanitas University - può portare a complicazioni che richiedono l'ospedalizzazione e l'intervento chirurgico. I pazienti, inoltre, spesso si rassegnano a una ridotta qualità della vita, con sintomi come diarrea cronica, dolore addominale e urgenza intestinale che hanno un forte impatto sul loro benessere psicologico e sulla socialità. È necessario dunque agire con trattamenti target che possano rappresentare una svolta nella gestione della malattia e della sintomatologia. Oggi, i pazienti hanno a disposizione un'ulteriore opzione terapeutica con un ottimo profilo di sicurezza ed efficacia per il trattamento della malattia e il controllo dei sintomi, per una migliore qualità di vita".

L'approvazione da parte della Ce rappresenta un importante avanzamento nella gestione della malattia di Crohn, offrendo ai pazienti un trattamento mirato in grado di migliorare significativamente la loro qualità di vita. "Con l'estensione dell'indicazione di mirikizumab - osserva Silvio Danese, direttore dell'Unità di Gastroenterologia ed endoscopia digestiva dell'Irccs Ospedale San Raffaele e professore ordinario di Gastroenterologia presso l'Università Vita-Salute San Raffaele - abbiamo un ulteriore strumento per aiutare i nostri pazienti a controllare la malattia di Crohn, con buone possibilità di raggiungere la remissione a lungo termine, nonostante precedenti fallimenti terapeutici. Sono ancora in molti, infatti, a convivere con questa patologia senza riuscire a tenere sotto controllo i sintomi invalidanti che impattano su molti aspetti della vita sociale e professionale".

Molti pazienti - precisa la nota - non raggiungono la remissione completa, nonostante i trattamenti, o non mantengono la malattia sotto controllo a lungo: fino al 40% dei pazienti non risponde ai farmaci inibitori del Tnf e il 50% di quelli che ottengono risultati quando iniziano il trattamento perdono i benefici nel corso del primo anno di cure. La decisione della Ce fa seguito al parere positivo del Comitato per i medicinali a uso umano (Chmp) dell'Agenzia europea per i medicinali (Ema) dello scorso dicembre e si basa principalmente sui risultati dello studio randomizzato controllato con placebo di fase 3 Vivid-1, i cui risultati mostrano che i pazienti trattati con mirikizumab hanno riscontrato un miglioramento significativo sia della remissione clinica (54,1% contro 19,6% di pazienti trattati con placebo) sia della risposta endoscopica a un anno, con una guarigione visibile del rivestimento intestinale (48,4% contro 9% di pazienti trattati con placebo). Mirikizumab è attualmente in fase di studio anche nel Vivid-2, che valuta l'efficacia e la sicurezza del farmaco fino a 3 anni in adulti con malattia di Crohn da moderata a severa.

"L'efficacia di mirikizumab - sottolinea Massimo Claudio Fantini, segretario generale di Ig-Ibd (Italian Group for the study of Inflammatory Bowel Disease) e professore ordinario di Gastroenterologia, Università degli Studi di Cagliari, direttore della Sc di Gastroenterologia, Aou, Cagliari - si evidenzia con lo studio Vivid-2 nei pazienti con 2 anni di trattamento continuo: tra coloro che hanno raggiunto una risposta endoscopica dopo un anno nello studio Vivid-1, oltre l'80% ha mantenuto la risposta endoscopica. Inoltre, tra i pazienti che hanno ottenuto sia la remissione clinica sia la risposta endoscopica dopo un anno in Vivid-1, quasi il 90% ha mantenuto la remissione clinica nel secondo anno di trattamento nel Vivid-2".

Lo studio Vivid-1 ha inoltre messo in evidenza come il 32,5% dei pazienti trattati con mirikizumab ha ottenuto un miglioramento della risposta endoscopica a 3 mesi (rispetto al 12,6% con placebo), un risultato importante nel trattamento di una patologia che ha un impatto significativo sulla vita dei pazienti. L'estensione dell'indicazione di mirikizumab per la malattia di Crohn, dopo l'approvazione in Europa e in Italia per il trattamento della colite ulcerosa da moderata a grave nei pazienti adulti, è un passo in avanti nel percorso di Lilly al fianco delle persone che vivono con Mici. "Questa approvazione rappresenta un'importante opportunità per migliorare la qualità di vita dei pazienti con malattia di Crohn - conclude Elias Khalil, presidente e amministratore delegato Italy Hub di Lilly - Il nostro impegno è quello di offrire soluzioni terapeutiche innovative e sicure, collaborando con la comunità scientifica per rispondere ai bisogni insoddisfatti di chi convive con questa patologia. Siamo convinti che mirikizumab possa contribuire in modo significativo alla gestione della malattia e al miglioramento del benessere generale dei pazienti".

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