De Rango (Cimop): “Contratti fermi da 20 anni, è una vergogna”
La Cimop, il sindacato che rappresenta i medici dipendenti delle strutture sanitarie private accreditate con il Servizio sanitario nazionale e che fa parte della Federazione Cimo-Fesmed, è pronta allo sciopero per richiedere l’avvio immediato delle trattative per il rinnovo dei contratti, fermi in alcuni casi da 20 anni. “I medici dipendenti delle strutture afferenti ad Aiop sono ancora anacronisticamente inquadrati come ‘aiuti’, ‘assistenti’ e ‘primari’, e guadagnano meno della metà dei colleghi che lavorano nel pubblico Aspettano da 20 anni il rinnovo del contratto, che è in assoluto il contratto scaduto da più tempo in Italia”.
È quanto ricorda Carmela De Rango, Segretaria nazionale Cimop in vista dello sciopero nazionale dei medici della sanità privata il prossimo 13 febbraio. Giornata in cui i medici manifesteranno a Roma sotto il Ministero della Salute.
“Lo scorso dicembre il Ministero della Salute ci aveva assicurato che la situazione si sarebbe presto sbloccata e abbiamo dunque revocato lo sciopero del 13 dicembre dichiarando di essere pronti a riprendere la protesta in assenza di atti concreti – aggiunge De Rango -. A due mesi di distanza non solo non è cambiato nulla, ma se possibile la situazione è ulteriormente peggiorata. Da un lato Aiop ha dichiarato che non firmerà alcun contratto se non sarà integralmente finanziato dallo Stato; dall’altro il Ministero della Salute ha convocato le parti datoriali ed i sindacati, compresa la Cimop, sottolineando però durante l’incontro che il tavolo fosse dedicato solo al contratto del comparto, e non quello dei medici. E come se non bastasse, l’Aris (cui afferiscono le strutture sanitarie religiose) sostiene di non riuscire a sostenere ulteriori incrementi salariali senza un adeguamento del contributo statale per le prestazioni erogate”.
“Dinanzi a tale vergognoso scenario, che rappresenta una inaccettabile discriminazione dei medici dipendenti delle strutture private ed una evidente violazione dell’art. 36 della Costituzione, siamo quindi costretti ad incrociare le braccia e a scendere nuovamente in piazza, e non ci fermeremo finché i nostri diritti saranno finalmente rispettati” conclude il numero uno del sindacato Cimop.
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