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Trasferte dello specialista ambulatoriale: le spese sono soggette a tassazione?

Professione Redazione DottNet | 05/02/2025 13:54

Sono le prestazioni che si svolgono presso il domicilio del paziente e presso altre strutture pubbliche, diverse dalla sede principale della Asl, individuate dall’Azienda

All’art. 32 dell’Accordo Collettivo Nazionale degli Specialisti ambulatoriali interni è disciplinata l’attività esterna di questi professionisti, intesa come attività professionale anche al di fuori della sede di lavoro indicata nella lettera di incarico. Si tratta di tutte quelle prestazioni che si svolgono presso il domicilio del paziente e presso altre strutture pubbliche, diverse dalla sede principale della Asl, individuate dall’Azienda (scuole, fabbriche, case della comunità, strutture protette, comunità terapeutiche, penitenziari, ed altro).

Al di là degli emolumenti forfettari aggiuntivi, che fanno parte integrante del compenso e sono assoggettati alla medesima disciplina fiscale, il comma 9 del citato art.

32 prevede testualmente che agli specialisti ambulatoriali, ai veterinari e ai professionisti, per compiti istituzionali e doveri d’ufficio, spetta, qualora non sia disponibile l’automezzo aziendale e si avvalgano del proprio automezzo, un rimborso pari a un 1/5 del prezzo "ufficiale" di un litro di benzina verde per km, nonché copertura assicurativa totale (tipo kasko). Ma questo rimborso come va considerato dal punto di vista fiscale? Va considerato come un vero e proprio rimborso, e quindi esentato dalla tassazione, oppure, dato che la sua determinazione segue un preciso criterio di calcolo e non la produzione di ricevuta o fattura, va anch’esso assimilato fiscalmente al compenso?

Su questo argomento si è recentemente pronunciata la Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Puglia, con la sentenza n. 3948/4/2024, affermando che queste spese, sostenute per le prestazioni in trasferta, non debbono essere parificate ai compensi, ma hanno natura risarcitoria. Se questo principio è ormai pacifico, non c’è invece accordo sull’individuazione di queste spese. La maggior parte della giurisprudenza di legittimità (fra tutte le sentenze di Cassazione n. 12075/24 e n.31299/24), in aderenza con quanto previsto dall’Accordo, sostiene infatti che la detassazione delle spese di trasferta vada riconosciuta soltanto se le prestazioni sono state svolte in un luogo diverso dal Comune dove è ubicata la propria sede di lavoro. Viceversa, debbono essere soggette a tassazione come reddito da lavoro le spese di accesso corrisposte ai medici convenzionati in funzione degli spostamenti che i professionisti compiono dal Comune dove risiedono al luogo dove sono chiamati a svolgere la loro attività.

Per esemplificare, se lo specialista risiede a Fiumicino e il suo ambulatorio è situato in una sede Asl di Roma, non dovrebbe avere ovviamente diritto alla detassazione per le spese per lo spostamento da casa all’ambulatorio, ma neppure per quelle che dovessero essergli riconosciute in caso di attività esterna fuori dell’ambulatorio, ma all’interno del Comune di Roma.  Secondo tale giurisprudenza, sono esenti da imposizione soltanto le indennità percepite per spostamenti temporanei in Comune diverso dalla sede lavorativa assegnata con la lettera di incarico, su richiesta e nell’interesse del datore di lavoro. 

La Corte di Giustizia Tributaria pugliese è andata tuttavia ben oltre questa linea, sostenendo che tutte le spese di viaggio sopportate per lo svolgimento dell’incarico professionale in luogo diverso dal Comune di residenza (ivi compreso il normale spostamento casa/lavoro), se riconosciute dall’Azienda, non hanno natura reddituale, in quanto percepite a titolo di rimborso spese ed aventi funzione restitutoria e di ripristino del patrimonio del professionista, anche perché determinate con riferimento al chilometraggio e non al costo reale documentato. Resta da vedere se questo orientamento resterà isolato oppure verrà seguito da altri giudici territoriali.

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