Il caso dell'Umberto I, lezioni di teoria e pratica. Disinnescati già alcuni episodi
Contro le aggressioni ai sanitari, ormai all'ordine del giorno, c'è chi pensa ad il personale ospedaliero con le tecniche di difesa personale. Al Policlinico Umberto I di Roma ogni mese medici e infermieri, su base volontaria, frequentano lezioni tenute da esperti esterni, dove si insegna a mettersi in sicurezza, senza recare danno a chi si ha di fronte. A frequentare il corso è stato innanzitutto chi lavora in pronto soccorso, il reparto come sempre più esposto alle violenze. Le lezioni sono strutturate su una parte teorica, che insegna a captare i primi segnali della violenza e a mettere in atto precise tecniche di de-escalation dell'aggressività, e su una parte pratica di addestramento.
Il professore Giuseppe La Torre, ordinario di Medicina del Lavoro e direttore della Scuola di specializzazione di Medicina del Lavoro dell'Università La Sapienza di Roma, direttore scientifico dei corsi, ha avuto riscontri immediati.
Il ciclo dell'aggressività ha una curva conosciuta: si comincia a livello verbale per arrivare alla minaccia fino, in alcuni casi, alla violenza fisica. Le tecniche di de-escalation devono intervenire subito, al momento dell'aggressione verbale, per evitare che la curva salga, spiega la dottoressa Beatrice Bottini, medico assistente sanitario, con laurea magistrale in Scienze delle professioni sanitarie della prevenzione. Bottini, da poco laureata, ha scritto una tesi sulle aggressioni al personale sanitario all'interno del policlinico romano. Dai dati raccolti, spiega, è emerso che una parte dei sanitari, seppur minoritaria, concepisce la violenza come "normale" (funzionale, anziché disfunzionale, come dovrebbe essere) all'interno di una situazione di stress come può essere quella all'interno di un nosocomio. La normalizzazione delle aggressioni è lo stesso fenomeno che accade nei casi di violenza domestica e di genere. Laddove si normalizza una situazione violenta, la stessa viene accettata, compresa, non denunciata. C'è poi anche qui un divario di genere per le aggressioni in ospedale, perché le donne sono più esposte rispetto ai colleghi. Beatrice Bottini racconta di sentirsi più a rischio in quanto donna, ovunque e specialmente in una struttura sanitaria. Nonostante la giovane età, ha assistito ad episodi di violenza e aggressività verbale: nel suo caso è accaduto nel periodo Covid, in un'altra struttura sanitaria, durante la somministrazione dei vaccini.
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