La Commissione sull’Obesità Clinica raccomanda un nuovo approccio, con più sfumature, nel quale vengono usate in aggiunta al BMI anche delle misure del grasso corporeo
Cambiano la definizione ed i parametri per la diagnosi dell'obesità, prevedendo test più precisi che superano il vecchio concetto di Indice di massa corporea (Bmi) arrivando a definire quando tale condizione - una 'epidemia silenziosa' che colpisce ad oggi oltre un miliardo di persone nel mondo - diventa una malattia vera e propria. Il campanello d'allarme è fissato fagli esperti in 18 criteri, la cui presenza segnala che la condizione è patologica. E' il frutto del lavoro di una Commissione di 56 esperti mondiali, con l'endorsement di oltre 75 associazioni mediche, i cui risultati sono appena stati pubblicati su The Lancet Diabetes & Endocrinology.
Pur riconoscendo l’utilità del BMI come strumento di screening per individuare le persone potenzialmente con obesità, gli autori raccomandano di prendere le distanze dal diagnosticare l’obesità basandosi solo sul BMI. Raccomandano invece di confermare la presenza di una massa adiposa in eccesso (obesità) e di studiare la sua distribuzione corporea usando uno dei metodi seguenti:
Due nuove categorie di obesità: ‘obesità clinica’ e ‘obesità pre-clinica’
La Commissione fornisce anche un nuovo modello per la diagnosi di malattia nell’obesità, basato su misure oggettive di patologia a livello individuale. L’obesità clinica viene definita come una condizione di obesità associata a segni e/o sintomi oggetti di ridotta funzione d’organo o con una capacità significativamente ridotta di svolgere le normali attività della vita quotidiana (farsi il bagno, vestirsi, mangiare e la continenza), riconducibile direttamente al grasso corporeo in eccesso. Le persone con obesità clinica andrebbero considerate come soggetti affetti da una patologia cronica e ricevere un’appropriata gestione e trattamenti.
La Commissione fissa 18 criteri diagnostici per l’obesità clinica negli adulti:
L’obesità pre-clinica è una condizione di obesità in presenza di una normale funzione degli organi. le persone che vivono con obesità pre-clinica quindi non hanno patologie concomitanti, sebbene abbiamo un rischio variabile ma in generale aumentato di sviluppare obesità clinica e varie altre malattie non trasmissibili in futuro, compresi diabete di tipo 2, malattie cardiovascolari, alcune forme di tumori e di patologie mentali, tra le altre. Come tali, dovrebbero essere supportate per ridurre il rischio di patologie potenziali.
Le persone che vivono con obesità hanno bisogno di una presa in carico personalizzata
La riformulazione della definizione di obesità operata dalla Commissione è mirata ad assicurare che tutte le persone che vivono con obesità ricevano adeguati consigli di salute e trattamenti basati sulle evidenze, quando necessari, con diverse strategie per l’obesità clinica e l’obesità pre-clinica. Le persone con obesità dovrebbero ricevere trattamenti evidence-based tempestivi allo scopo di recuperare del tutto o di migliorare le funzionalità corporee ridotte dall’eccesso di grasso, piuttosto che limitarsi alla sola perdita di peso. Il tipo di trattamento e gestione dell’obesità clinica – stile di vita, farmaci, chirurgia, ecc. – dovrebbe essere scelto sulla base del rischio individuale, valutandone i benefici e individuandolo dopo un’attiva conversazione con il paziente.
Le assicurazioni sanitarie in tutto il mondo spesso richiedono la documentazione della presenza di altre condizioni associate all’obesità (es. diabete di tipo 2) per accordare la copertura delle terapie per l’obesità. In quanto patologia cronica di per sé, l’obesità clinica non dovrebbe aver bisogno della rpesenza di altre patologie per giustificare la copertura.
Le persone che vivono con obesità pre-clinica sono a rischio di malattie future ma non presentano al momento complicanze dovute all’eccesso di grasso corporeo. Di conseguenza, l’approccio alla loro presa in carico dovrebbe mirare ad una riduzione del rischio. A seconda del livello individuale di rischio, questo potrà richiedere il solo counselling e monitoraggio nel tempo o l’instaurazione di un trattamento attivo, se necessario per ridurre in maniera sostanziale l’elevato livello di rischio.
“Questo approccio sfumato all’obesità, consentirà un approccio evidence-based e personalizzato alla prevenzione, alla gestione e al trattamento degli adulti e dei bambini con obesità, consentendo loro di ricevere una presa in carico più appropriata, commisurata alle loro necessità. Questo consentirà anche di risparmiare risorse sanitarie, riducendo il tasso di sovradiagnosi e di trattamenti non necessari – afferma la Professoressa Louise Baur, University of Sydney (Australia), componente della Commissione”.
La Commissione ha coinvolto 56 esperti mondiali di un’ampia gamma di specialità mediche, comprese endocrinologia, medicina interna, chirurgia, biologia, dietologia e salute pubblica, in rappresnetanza di diverse nazionali e servizi sanitari. La Commissione comprendeva anche persone con obesità e ha considerato in maniera specifica il potenziale impatto delle nuove definizioni di obesità sul diffusissimo stigma della società. “Gli studi dimostrano che il modo in cui si parla di obesità può contribuire allo stigma legato al peso, rendendola così più difficile da prevenire, gestire e trattare. L’approccio proposto dalla Commissione può contribuire a fugare le convinzioni errate e a ridurre lo stigma. È urgente anche un migliore formazione degli operatori sanitari e dei decisori politici per affrontare questa questione – afferma Joe Nadglowski, rappresentante dei pazienti di Obesity Action Coalition (USA) e componente della Commissione -.”
La Commissione ha quindi fissato 18 criteri diagnostici per l'obesità clinica negli adulti e 13 criteri specifici per bambini e adolescenti, comprendenti: dispnea (affanno), insufficienza cardiaca, dolore al ginocchio o alle anche, alcune alterazioni delle ossa e articolazioni nei bambini e negli adolescenti in grado di limitare i movimenti, altri segni e sintomi causati da disfunzioni a livello di altri organi (compresi reni, vie respiratorie, sistema nervoso, urinario, iproduttivo). Un nuovo approccio per la diagnosi, dunque, con più sfumature e più accurato. Il Bmi, spiegano gli esperti, non rappresenta infatti una misura affidabile di salute o malattia e può portare a diagnosi errate.
A chiarire l'importanza del nuovo approccio è il presidente della commissione Francesco Rubino (nella foto), del King's College di Londra: "Le evidenze scientifiche raccontano una realtà molto più sfumata. Alcuni individui con obesità possono mantenere una normale funzione d'organo e un buono stato di salute globale, anche a lungo termine; mentre altri mostrano segni di malattia grave subito. La nostra riformulazione riconosce la realtà sfumata dell'obesità e permette un trattamento personalizzato. Questo comprende un accesso tempestivo ai trattamenti per gli individui con obesità clinica e strategie di trattamento per la riduzione di rischio per le persone con obesità pre-clinica. Ciò potrà facilitare una riallocazione razionale delle risorse sanitarie". Infatti, precisa Robert Eckel dell'Università del Colorado, "basarsi solo sul Bmi può rappresentare un problema perché alcune persone tendono a cumulare grasso in eccesso a livello del punto vita e all'interno o intorno i loro organi, come fegato, cuore o muscoli; questo si associa ad un maggior rischio per la salute rispetto a quando il grasso in eccesso è localizzato solo sottocute, a livello di braccia, gambe o in altre aree. Ma le persone con un eccesso di tessuto adiposo non sempre presentano un Bmi che li faccia riconoscere come individui con obesità, e questo significa che i loro problemi di salute possono sfuggire".
"Riconoscere l'obesità come una malattia, in particolare l'obesità clinica, ossia quella accompagnata da segni e sintomi specifici - spiega Geltrude Mingrone, direttrice Uoc patologie dell'Obesità del Policlinico Universitario Gemelli Irccs - consentirà di ridurre lo stigma associato a questa condizione. E' un passo fondamentale per definire i Livelli essenziali di assistenza e garantire trattamenti adeguati". Lo stigma, tuttavia, resta uno dei problemi: "È urgente anche una migliore formazione degli operatori sanitari e dei decisori politici per affrontare tale questione", conclude Joe Nadglowski, rappresentante dei pazienti di Obesity Action Coalition Usa e componente della Commissione.
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