La Legge di Bilancio 2025, attualmente in discussione presso la Commissione Bilancio della Camera, prevede modifiche significative nel settore farmaceutico, dall’impatto decisamente rilevante.
Tra le tante novità, è bene soffermarsi sul capitolo che riguarda la quota destinata alla distribuzione intermedia che comporterebbe, come prospettato, un trasferimento di risorse dall'industria farmaceutica al canale stesso.
Modifiche Proposte nella Legge di Bilancio 2025
L'articolo 57 della bozza del DDL Bilancio 2025 rivede in rialzo la remunerazione dei grossisti e dei distributori farmaceutici, con l’obiettivo di riequilibrare le dinamiche economiche della filiera.
Il disegno di legge prevede, tra le altre misure, un incremento della remunerazione per i distributori intermedi pari allo 0,65% sul prezzo dei farmaci di classe A, oltre a un contributo aggiuntivo di 5 centesimi per confezione per gli anni 2026 e 2027. L’aumento che potrebbe apparire esiguo, dal 3% al 3,65% è più precisamente del 21,67% è tutto a carico dell’industria farmaceutica. L'incremento della remunerazione per i distributori intermedi rappresenta costi aggiuntivi che sono ipotizzati per l’industria farmaceutica intorno ai 150 milioni. Nessuno pare citare una crescente concorrenza che ha indotto i grossisti a trasferire valore alle farmacie con sconti che non sono risultati sopportabili sulla lunga distanza. Insomma la misura appare come un supporto alla distribuzione che ha ecceduto nella scontistica alle farmacie.
Da una parte ci sono i grossisti che lamentano una contrazione severa dei margini
Uno studio dell’Università della Sapienza di Roma, ribadito in un'intervista dal Prof. Giorgio Matteucci, stima che ogni confezione consegnata generi una perdita di oltre 25 centesimi, con una riduzione del 70% dei margini sui farmaci di classe A dal 2009 al 2019.
Secondo quanto dichiarato da ADF e Federfarma Servizi, i due principali protagonisti, la filiera della distribuzione è in crisi per i costi gestionali ed operativi crescenti, per i margini di remunerazione diminuiti per impatto della legge di bilancio, per i medicinali rimborsabili non sufficienti però a recuperare i costi di distribuzione, e infine per il trend decrescente del prezzo medio dei farmaci rimborsabili. ADF ha una posizione netta, occorre, cioè, che il legislatore intervenga a salvaguardia del comparto citando problemi strutturali di sotto remunerazione.
Molte voci si sono alzate dalla parte della distribuzione per sottolineare l’importanza di questa manovra che affronta margini estremamente ridotti e perdite significative.
La recente fusione tra CEF e UNICO, due colossi da oltre 1 miliardo l’uno ha lo scopo dichiarato di consolidare il "mantenimento della capacità reddituale" per conseguire "riverberi positivi anche in termini di flussi di cassa generati e capacità di rimborso dei debiti bancari". Criticità nascenti da "un contesto di elevata competizione tra i soggetti operanti nella distribuzione intermedia del farmaco. I grossisti, guidati e impattati dall’aumento dei costi operativi e da altri fattori, hanno adottato politiche commerciali aggressive a livello nazionale e locale." Potremmo anche dire che questa fusione come altre operazioni sul mercato è conseguente di un crescente livello di concorrenza che sta portando il settore in crisi.
D’altronde il settore della distribuzione è decisamente vitale e il modello di efficienza raggiunta è altissima, con centinaia di migliaia di consegne giornaliere alle 18.000 farmacie italiane che consentono di portare i farmaci tempestivamente in ogni angolo del Paese.
Dall’altra l’industria farmaceutica lamenta l’ulteriore impatto di misure non sostenibili
Farmindustria, con il suo Presidente Cattani ed Equalia (rappresentante le aziende di farmaci generici equivalenti, dei biosimilari) guidata dal presidente Collatina, lamentano che la nuova legge di bilancio non adegua il tetto di spesa al fisiologico trend di crescita della spesa farmaceutica in ospedale, che resta nettamente sotto-finanziata. "Aggiungendo che resta" il payback a carico delle imprese, pari a oltre due miliardi di euro nel 2024, importi che continuano a crescere e ormai non sono più sostenibili". A questo si aggiunge, anche se di misura più modesta, l’ulteriore onere di previsti 150 milioni da consegnare alla filiera distributiva, un ulteriore aggravio ancora meno accettabile e comprensibile, viste le motivazioni.
Il solido rapporto con il Governo costruito sui successi di un comparto in crescita per numero di addetti, per valore e per export non sembra bastare ed ora le associazioni industriali contano su correzioni del disegno di legge in Parlamento per evitare "misure penalizzanti" che il presidente Farmindustria non esita a definire "un attacco all'industria farmaceutica, a un comparto che è campione in Europa nella produzione". Cattani non potrebbe essere più diretto.
Collatina non ci sta a questa nuova distribuzione delle quote di spettanza e avverte che "qualsiasi altro tentativo di rimodulazione delle quote di spettanza sui farmaci di fascia A si tradurrebbe in un "attacco" alla sostenibilità della produzione industriale del settore alimentando inevitabilmente i rischi di carenze e indisponibilità di medicinali essenziali, in particolare per le terapie croniche utilizzate ogni giorno da migliaia di pazienti". E chiede interventi migliorativi. Le industrie in questo disegno di legge sono penalizzate e non sembrano ricevere dal legislatore l’attenzione e la considerazione che meritano, nonostante gli sforzi eroici dei Presidenti. Insomma uno scontro tra produttori e distributori.
Ma perché?
L’articolo 57 recita che la rideterminazione è a sostegno ai distributori farmaceutici, e che la maggiorazione dello 0,65 per cento a favore dei grossisti è da considerarsi quale quota non contendibile, (sottraendola, in pratica, al regime della scontistica riconoscibile agli attori della filiera in primis le farmacie). E, al fine di garantire la sostenibilità economica e l’operatività dei soggetti che svolgono le attività di distribuzione all’ingrosso, la legge di Bilancio riconosce, a favore degli stessi, una quota pari a euro 0,05 per ogni confezione distribuita a favore delle farmacie territoriali, nel limite di 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2026 e 2027.
È evidente che, in questo mercato in cui è il payer a definire prezzi e sconti, qualcuno non ha fatto bene i conti e ha trasferito troppo valore a valle alle farmacie. Di fatto chi è in difficoltà finanziarie trova nella norma una piccola ancora di salvezza per aumentare i profitti, ma in effetti potrebbe farlo con più successo contenendo semplicemente gli sconti.
Possiamo auspicare che, proseguendo il vaglio degli emendamenti, il legislatore dia il merito al comparto industriale farmaceutico, un settore che ha fatto segnare negli ultimi anni trend sempre positivi per ricavi e numero di addetti, grazie anche alla crescita esponenziale dell’export e che, invece, è visto ingiustamente da molti governi che si sono succeduti come bancomat della spesa sanitaria.
Salvatore Ruggiero,
CEO Merqurio
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