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Melanoma, terapia con virus modificato per i casi difficili

Oncologia Redazione DottNet | 04/12/2024 13:55

Efficace nel 30% dei pazienti che non risponde alle altre cure

 Un trattamento basato sull'utilizzo di un virus dell'herpes simplex geneticamente modificato - denominato Rp1 -, insieme a un farmaco immunoterapico (nivolumab), può fornire una nuova chance terapeutica ai pazienti con una forma avanzata di melanoma e che non rispondono più all'immunoterapia standard. Uno studio clinico su 140 persone mostra che questo regime è efficace in circa un terzo dei pazienti che non avrebbero avuto altre opzioni di cura. A presentare per la prima volta in Italia questa nuova frontiera dell'immunoterapia sono gli specialisti riuniti da oggi a Napoli, in occasione della XV edizione del Melanoma Bridge e della X edizione dell'Immunotherapy Bridge.

  "Sebbene le opzioni di trattamento per il melanoma avanzato siano migliorate, molti pazienti non traggono alcun beneficio dalle terapie attualmente approvate", spiega Paolo A. Ascierto, presidente della Fondazione Melanoma e del convegno. "In particolare, alcuni pazienti trattati con immunoterapia anti-Pd1 non rispondono dall'inizio a questa immunoterapia e altri rispondono inizialmente e poi sviluppano una resistenza", aggiunge Ascierto, che dirige l'Unità di Oncologia Melanoma, Immunoterapia Oncologica e Terapie Innovative dell'Istituto Pascale di Napoli.
  Quello oggetto della sperimentazione è un virus oncolitico, vale a dire una forma di immunoterapia che utilizza virus per infettare e distruggere le cellule tumorali. Rp1, prodotto dalla farmaceutica americana Replimune, è un trattamento che si basa su un ceppo del virus herpes simplex progettato e geneticamente 'armato' con due molecole (Galv-Gp R e Gm-Csf) che rafforzare la capacità di eliminare il tumore e la risposta immunitaria contro le cellule tumorali.  "Le attuali evidenze dimostrano che Rp1 e nivolumab rappresentano una combinazione promettente che produce risposte oggettive in un terzo dei pazienti, con risposte durature, pari a quasi due anni", conclude Ascierto. "I dati indicano che si tratta di un trattamento sicuro e che la sopravvivenza è molto promettente".

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