I nuovi dati dello studio MARIPOSA, presentati alla World Conference on Lung Cancer 2024, hanno confermato una superiorità clinica a lungo termine della terapia amivantamab più lazertinib rispetto alla monoterapia con osimertinib
Presentati ai congressi World Conference on Lung Cancer (WCLC) 2024 e European Society for Medical Oncology (ESMO) 2024 i nuovi risultati degli studi MARIPOSA e MARIPOSA-2 su amivantamab, anticorpo bispecifico completamente umano, per il trattamento di pazienti con tumore del polmone non a piccole cellule (NSCLC) con mutazioni comuni dell’EGFR, ovvero delezione dell'esone 19 (ex19del) o la mutazione L858R, in stadio avanzato. First-in-class, è stato sviluppato da Johnson & Johnson per il riconoscimento dei recettori mutati del fattore di crescita dell’epidermide (EGFR) e della transizione mesenchima-epidermide (MET). Il NSCLC è la più frequente forma di tumore del polmone e riguarda circa l’85 per cento delle neoplasie polmonari di nuova diagnosi.
Ad agosto 2024, il farmaco ha ricevuto l’approvazione europea per il trattamento in associazione a chemioterapia di pazienti con tumore NSCLC EGFR-mutato, con delezione dell'esone 19 (ex19del) o mutazione L858R, in stadio avanzato, dopo un fallimento precedente di una terapia a base di un inibitore tirosin chinasico (TKI) dell’EGFR. L’approvazione si è basata sui dati dello studio MARIPOSA-2.5
Studio MARIPOSA
I risultati dello studio di fase 3 MARIPOSA presentati al WCLC 2024, tenutosi a San Diego dal 7 al 10 settembre, hanno mostrato un importante miglioramento della sopravvivenza globale (OS), endpoint secondario chiave di questo studio, con il trattamento in prima linea con amivantamab in combinazione con lazertinib rispetto a quello con osimertinib in monoterapia.1
In particolare, dopo 3 anni di follow up il 61 per cento dei pazienti trattati con amivantamab più lazertinib era ancora vivo rispetto al 53 per cento di quelli trattati con osimertinib, con una riduzione del rischio di decesso pari al 23 per cento.1 L’efficacia clinica primaria è stata invece determinata come sopravvivenza libera da progressione (PFS), come definito dalla blinded independent central review (BICR).1 I risultati hanno mostrato un miglioramento anche nel controllo della malattia a livello del sistema nervoso centrale. A 3 anni di follow up, la PFS intracranica osservata dopo il trattamento della combinazione di amivantamab con lazertinib è risultata il doppio di quella con la monoterapia di osimertinib (rispettivamente, 38 vs 18 per cento). Inoltre, dopo 3 anni un maggior numero di pazienti trattati con la combinazione non ha richiesto un trattamento successivo rispetto a coloro trattati con osimertinib (45 vs 32 per cento).1 Nei casi in cui è stato necessario un trattamento successivo, la PFS per la combinazione a base di amivantamab è stata del 57 per cento rispetto al 49 per cento per osimertinib.1
«I recenti aggiornamenti dallo studio MARIPOSA confermano un ulteriore progresso nei benefici del trattamento di prima linea, chemio-free, per i pazienti con tumore polmonare non a piccole cellule (NSCLC) e mutazioni comuni del gene EGFR. La combinazione innovativa di amivantamab e lazertinib, un inibitore tirosin-chinasico di nuova generazione con un'elevata capacità di penetrare il sistema nervoso centrale, rappresenta una vera svolta terapeutica grazie al suo duplice meccanismo d'azione», afferma Antonio Passaro, oncologo medico della Divisione di Oncologia Toracica dell'Istituto Europeo di Oncologia di Milano. «Rispetto al trattamento standard con osimertinib in monoterapia, la combinazione di amivantamab e lazertinib ha dimostrato un miglioramento sostanziale e a lungo termine come terapia di prima linea».
Studio MARIPOSA-2
I nuovi dati dello studio di fase 3 MARIPOSA-2 sono stati presentati all’annuale congresso ESMO 2024, in corso a Barcellona dal 13 al 17 settembre, e hanno mostrato i benefici clinici del trattamento con amivantamab in associazione a chemioterapia rispetto alla sola chemioterapia in pazienti con tumore NSCLC EGFR-mutato, con delezione dell'esone 19 (ex19del) o mutazione L858R, dopo un fallimento precedente di una terapia a base di un inibitore tirosin chinasico (TKI) dell’EGFR.2
A un follow up mediano di 18,1 mesi, il 50 per cento dei pazienti trattati con amivantamab più chemioterapia erano ancora vivi, rispetto al 40 per cento di quelli trattati con la sola chemioterapia (OS mediana di 17,7 vs 15,3 mesi, rispettivamente). L’associazione dei due trattamenti ha mostrato significativi miglioramenti anche nel tasso di interruzione del trattamento, con un numero di pazienti ancora in terapia dopo 18 mesi quasi 5 volte superiore rispetto a quello osservato con la sola chemioterapia (22 vs 4 per cento, rispettivamente). Inoltre, i pazienti trattati con amivantamab e chemioterapia hanno avuto una riduzione del 27 per cento del rischio di una progressione sintomatica della malattia (tempo mediano alla progressione sintomatica pari a 16 vs 11,8 mesi, rispettivamente). Il tempo al trattamento successivo è stato significativamente maggiore nel caso della terapia con amivantamab (12,2 vs 6,6 mesi, rispettivamente), con una conseguente riduzione del 36 per cento del rischio di una seconda progressione della malattia o di morte.2
«Negli ultimi dieci anni, il trattamento del tumore al polmone ha fatto grandi passi avanti, ma nonostante i significativi progressi terapeutici, il fenomeno delle resistenze ai trattamenti biologici rimane una questione critica per i pazienti con tumore polmonare non a piccole cellule (NSCLC) con mutazione EGFR, che richiede ancora lo sviluppo di terapie innovative» spiega Antonio Passaro, principal investigator dello studio. «La recente aggiunta di amivantamab alla chemioterapia platino-basata ha aperto nuove prospettive per quei pazienti che hanno visto la loro malattia progredire nonostante l’uso di osimertinib, il trattamento standard finora utilizzato in prima linea. In questi pazienti, questa combinazione terapeutica di amivantamab in associazione alla chemioterapia platino-basata, recentemente approvata dall'Agenzia europea per i medicinali, offre il nuovo punto di riferimento in termini di tasso di risposta globale e riduzione del rischio di progressione o morte. Inoltre, è stato dimostrato un significativo miglioramento della sopravvivenza senza progressione della malattia a livello cerebrale».
Bibliografia
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