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La difficile diagnosi di Adhd nell'adulto, il 25% teme di averla

Neurologia Redazione DottNet | 14/10/2024 14:01

Molti adulti si stanno rendendo conto che le loro difficoltà con la concentrazione e l'irrequietezza potrebbero in realtà essere dovute a questo disturbo non diagnosticato

 Il disturbo da deficit di attenzione e iperattività, noto anche come Adhd, è in genere considerato una condizione legata all'infanzia. Ma sempre più adulti si stanno rendendo conto che le loro difficoltà con la concentrazione e l'irrequietezza potrebbero in realtà essere dovute a questo disturbo non diagnosticato. Un adulto su quattro sospetta di soffrirne, anche perché i video sui social media hanno aumentato la consapevolezza sul problema. Ma pochissimi ne parlano e gli esperti mettono in guardia contro l'autodiagnosi e dal trattamento scorretto.   Si stima che il 4,4% delle persone tra 18 e 44 anni soffra di Adhd e alcune non vengono diagnosticate fino a quando non sono più grandi.

"Molti si rendono conto, una volta che i loro figli hanno ricevuto la diagnosi, che anche loro presentano questi sintomi, dato che si tratta di un disturbo genetico", spiega lo psicologo Justin Barterian, professore presso il Dipartimento di psichiatria e salute comportamentale dell'Ohio State.  A indagare su questo è stato un sondaggio su 1.000 adulti americani commissionato dall'Ohio State University Wexner Medical Center e dal College of Medicine.
Ne è emerso che il 25% degli adulti sospetta di avere Adhd non diagnosticato. Il disturbo infatti può essere difficile da individuare negli adulti, perché alcuni dei sintomi sono simili a quelli di depressione o ansia. L'iperattività è in genere meno presente negli adulti, mentre sono più frequenti problemi di memoria.  "Alcuni - aggiunge - potrebbero avere più difficoltà a concentrarsi o nell'organizzazione, mentre altre potrebbero avere più difficoltà sociali, come impulsività e difficoltà a seguire le conversazioni". Inoltre sintomi spesso peggiorano con stress o conflitti.  A preoccupare è però un altro dato emerso dal sondaggio: solo il 13% degli intervistati ha condiviso i propri sospetti con il proprio medico. "Bisogna far attenzione all'autodiagnosi" e in caso di dubbio, confrontarsi con un esperto, perché "il trattamento sbagliato può peggiorare invece di aiutare", commenta Barterian.

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