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Cassazione, il dirigente medico che non comunica lo svolgimento della libera professione risponde di truffa aggravata

Medlex Redazione DottNet | 12/09/2024 12:04

In tema di truffa contrattuale, il silenzio può essere sussunto nella nozione di raggiro quando non si risolve in un semplice silenzio-inerzia, ma si sostanzia, in rapporto alle concrete circostanze del caso, in un "silenzio espressivo"

La Corte di Appello di Milano confermava la sentenza di condanna emessa nei confronti di un dirigente medico per truffa aggravata in danno della Azienda Socio Sanitaria Territoriale, con la quale lo stesso aveva un rapporto di lavoro intramoenia. Il dirigente era stato ritenuto responsabile di aver percepito indebitamente indennità collegate al regime di esclusività, omettendo di comunicare all'amministrazione l'esercizio della libera professione in forma privata. Lo riporta il sito IQ Notizie. Avverso la sentenza di appello il medico ha proposto ricorso per cassazione, lamentando, tra i motivi la violazione di legge (art. 640 cod. pen.) per aver la Corte territoriale attribuito al silenzio - ossia alla circostanza di aver taciuto all'azienda ospedaliera l'attività privata svolta - significato di raggiro, in mancanza di uno specifico dovere di comunicazione in tal senso, nell'irrilevanza altresì delle vicende relative alla richiesta di fatturazione dopo le prestazioni mediche indicate nel capo di imputazione.

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso (sentenza 13 giugno 2024 n. 23747, sez. III pen), condividendo le conclusioni raggiunte dal giudice di appello secondo cui, non solo l'omessa comunicazione dell'esercizio di attività professionale privata ma anche il silenzio maliziosamente serbato su circostanze rilevanti ai fini della erogazione di componenti retributive, espressamente indicate nelle voci stipendiali, integra l'elemento del raggiro, idoneo ad influire sulla volontà negoziale del soggetto passivo; condotta riconducibile al dirigente medico che, nel caso sottoposto ad esame, aveva omesso di far rilevare all'amministrazione l'indebita corresponsione dell'indennità e di restituirla, nella consapevolezza di non averne diritto.

Sul punto il Collegio ha ricordato che, in tema di truffa contrattuale, il silenzio può essere sussunto nella nozione di raggiro quando non si risolve in un semplice silenzio-inerzia, ma si sostanzia, in rapporto alle concrete circostanze del caso, in un "silenzio espressivo", concretizzandosi in un comportamento concludente idoneo ad ingannare la persona offesa; tanto era stato affermato dalla giurisprudenza di legittimità in una fattispecie, sovrapponibile a quella in oggetto, relativa alla condotta in cui un medico ospedaliero autorizzato all'espletamento di attività sanitaria in regime intra moenia, riconosciuto colpevole del delitto di truffa aggravata ai danni dello Stato per non aver comunicato all'ente pubblico lo svolgimento di attività professionale presso il proprio studio privato, sì da indurre l'ente stesso a corrispondergli lo stipendio maggiorato dell'indennità di esclusiva, sul presupposto che il rapporto si fosse svolto regolarmente, nel rispetto delle norme contrattuali.

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