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Anaao, la formazione medica è emergenza nazionale: la road map in sette punti

Professione Redazione DottNet | 31/05/2024 13:52

A Roma gli Stati Generali Anaao Assomed della Formazione Specialistica: le proposte per salvare la formazione dei futuri medici e sanitari e scongiurare il collasso della sanità pubblica

La formazione medica post laurea in Italia è a un bivio. Da un lato, la carenza di personale medico e sanitario, acutizzata dalla pandemia di COVID-19, rischia di mettere in ginocchio il nostro SSN. Dall'altro, l'aumento esponenziale delle immatricolazioni alle facoltà di medicina e chirurgia, senza un adeguato incremento dei posti di specializzazione, rischia di creare un esercito di medici senza futuro.

"Il sistema è in affanno", afferma con preoccupazione il Segretario Nazionale Anaao Assomed Pierino Di Silverio.

"Le Università, con il loro monopolio sulla formazione specialistica, non riescono a garantire una formazione di qualità all'intera generazione di futuri specialisti. Il sistema attuale è basato su un inquadramento anacronistico: i medici in formazione sono considerati studenti e non lavoratori, con tutte le conseguenze negative in termini di tutele, retribuzioni e diritti".

"Serve quindi una svolta epocale: per questo l’Anaao Assomed - annuncia Di Silverio - propone una riforma strutturale radicale del sistema di formazione medica post laurea in 7 punti:

Contratto di lavoro: trasformare i medici e i sanitari in formazione da studenti a lavoratori, con un vero contratto di lavoro dipendente, a tempo determinato e a scopo formativo, fin dal primo anno.

Ospedale di insegnamento: creare una rete di ospedali di apprendimento ("Learning Hospital") dove i futuri specialisti possano acquisire competenze pratiche attraverso un percorso formativo strutturato e supervisionato da tutor qualificati.

Tutoraggio: rafforzare il ruolo del tutor, figura chiave nel percorso formativo dello specializzando.

Competenze chiare e certificate: definire in maniera chiara e puntuale le attività pratiche che ogni specializzando deve acquisire durante il percorso di formazione, con certificazione telematica delle competenze acquisite.

Formazione teorica e pratica continua: potenziare la formazione teorica a distanza, con l'utilizzo di piattaforme digitali e l'obbligo di partecipazione a corsi di aggiornamento continuo.

Retribuzione crescente in base alle competenze fornite con l’introduzione di un sistema retributivo crescente, con incrementi automatici anno dopo anno;

Certificazione delle competenze: creare un sistema di certificazione delle competenze in tempo reale, basato su un libretto formativo elettronico nazionale e su certificatori terzi sotto un nuovo Osservatorio Nazionale della Formazione medico specialistica con una composizione più rappresentativa e un ruolo più attivo.

"La riforma proposta dall'Anaao Assomed – conclude Di Silverio - è ambiziosa, ma necessaria per garantire un futuro al nostro Servizio Sanitario Nazionale. Solo con una formazione di qualità e un sistema di reclutamento efficiente potremo avere i medici e sanitari di cui il nostro Paese ha assoluto bisogno.

RIFORMA DELLA FORMAZIONE SPECIALISTICA MEDICA E SANITARIA

Il timore di non ricevere cure adeguate da parte del SSN rappresenta attualmente, secondo molteplici analisi e robusti studi, una delle principali preoccupazioni dei cittadini italiani, ed è diventato un tema politico di primaria importanza per l’agenda governativa, nazionale e regionale. La carenza di personale medico e sanitario nelle corsie ospedaliere, presente da anni ed emersa con forza durante la pandemia COVID-19, rischia di dare il colpo di grazia al Servizio Sanitario Nazionale. Il fenomeno nasce certo dalla progressione della gobba demografica, che vede nei nostri ospedali la popolazione medica più vecchia del mondo nel secondo paese più vecchio del mondo, ma anche da una crisi vocazionale della professione medica legata alle condizioni di lavoro, allo stato giuridico, al livello retributivo.

Per contrastare questa "tempesta perfetta", il numero dei contratti di formazione specialistica finanziati dallo Stato per il prossimo quadriennio è stato portato a 12.000 l’anno. Tale iniziativa, se da un lato comporterà un innesto di giovani professionisti in un mondo del lavoro sempre più in difficoltà, nel breve e medio periodo ha contribuito all’instaurarsi di "un imbuto lavorativo asimmetrico", dovuto alla mancata assegnazione di decine di migliaia di contratti di formazione nel triennio 2021-2023. Le specializzazioni strettamente correlate con l’attività assistenziale ospedaliera, prima tra tutte la medicina d’emergenza–urgenza mostrano uno scarso appeal (ma come ci si può iscrivere ad una Scuola di Specializzazione in medicina di Urgenza senza PS?) al contrario di quelle caratterizzate da lavoro ambulatoriale e prospettive di attività privata.

Inoltre, il poderoso e sconsiderato aumento degli ingressi a medicina (100.000 nuove immatricolazioni nelle facoltà di medicina e chirurgia) rischia di creare, senza urgenti e dovuti accorgimenti e una reale programmazione dei fabbisogni, dopo oltre 50 anni, nuovamente la cosiddetta "pletora medica", vale a dire un esercito di laureati in medicina cui non si potrà , per ragioni economiche e organizzative, garantire formazione post-laurea e occupazione, condannandoli al precariato lavorativo e alla emigrazione transfrontaliera.

Con l’aumento delle immatricolazioni e dei contratti di formazione specialistica la capacità formativa delle Università non riesce a garantire una formazione di qualità ad una intera generazione di specialisti del domani, cui spetterà tutelare la salute di 60 milioni di italiani.

Mentre in pressoché tutti gli Stati Europei i medici specializzandi sono integrati e, spesso, dipendenti dei servizi sanitari nazionali, in Italia sono un ibrido tra studenti e lavoratori, una figura assai difficile da inquadrare nell’ottica di diritti e doveri, un "giano bifronte" anacronistico che non regge al passo dei tempi. L’Italia è l’unico Paese europeo nel quale la galassia Università ha il totale monopolio della formazione specialistica medica e sanitaria, la cui qualità, a detta degli stessi specializzandi in una recente survey Anaao con oltre 2000 partecipanti, è spesso insufficiente e, quando confrontata con quella delle strutture del SSN, nettamente inferiore.

La struttura legislativa che regola la formazione degli specialisti del domani è incardinata in un decreto dello scorso millennio (Dlgs 368/1999) che considera il medico e il sanitario in formazione più uno studente, titolare di un contratto di formazione para subordinato, che un professionista laureato e abilitato. Tale inquadramento, che non ha subito importanti aggiornamenti normativi fino al cosiddetto Decreto Calabria (Dlgs 145/ 2018, commi 547, 548 e 548-bis), rappresenta un unicum nel panorama legislativo europeo, ponendo il professionista in un limbo normativo anche in termini di responsabilità professionale in merito agli atti compiuti.

L’essere considerato "studente" comporta problematiche in tre ambiti:

    • Ambito Retributivo: la borsa di studio, percepita solo dai medici in formazione e non dai sanitari, creando una gigantesca disparità di trattamento che lo stesso Ministro Schillaci ha dichiarato in Senato necessario eliminare, non dà diritto all’indicizzazione correlata all’inflazione. Attualmente, gli specializzandi percepiscono 1.652€ al mese su 12 mensilità nel primo biennio e 1.711€ nei successivi due o tre anni, ridotti a circa 1.300€ dalle uscite obbligatorie correlate alla loro attività professionale (Assicurazione RC Colpa Grave, Tasse Universitarie, Iscrizione Ordine dei Medici e Pagamento Quota A ENPAM). Tale retribuzione ha subito, negli ultimi 15 anni, una perdita di potere di acquisto del 34,2%, non garantendo il normale sostentamento, soprattutto in quelle città dove il costo della vita è elevato.
    • Ambito Formativo: l’inquadramento "spurio" non garantisce una corretta e limpida certezza in termini di competenze e conseguenze degli atti medici che quotidianamente compiono i medici specializzandi, soprattutto nelle situazioni in cui si ritrovano senza la presenza di un tutor. La Suprema Corte di Cassazione (sentenza 26311/2019) è chiara: "[…] secondo la giurisprudenza penale di questa Corte, il medico specializzando non è presente nella struttura per la sola formazione professionale, né lo specializzando può essere considerato un mero esecutore d'ordini del tutore, anche se non gode di piena autonomia; si tratta di un'autonomia che non può essere disconosciuta, trattandosi di persone che hanno conseguito la laurea in medicina e chirurgia e, pur tuttavia, essendo in corso la formazione specialistica, l'attività non può che essere caratterizzata da limitati margini di autonomia svolta sotto le direttive del tutore".
    • Ambito Lavorativo: in considerazione dei bassi livelli retributivi, gli specializzandi ricorrono, quando non vengono obbligati a "lavorare" oltre l’orario consentito dalla legge, ad attività lavorative extra- formazione, a scapito del poco tempo a disposizione della vita privata. In un marasma normativo, arricchito negli ultimi 4 anni da molteplici interventi emergenziali, il medico specializzando può contare su diverse opzioni "per arrotondare", quali contratti co.co.co e libero professionali, contratti trimestrali nell’ambito della continuità assistenziale e per la raccolta di emocomponenti. Dall’altro lato, gli viene preclusa la possibilità di svolgere lavori in cui occorre la semplice laurea in medicina e chirurgia, come la attività di medico nelle RSA o di medico sociale nelle attività sportive e ludiche.

IL CONTRATTO DI LAVORO

Occorre, con urgenza, una riforma strutturale, le cui basi sono state poste, con risultati positivi, dal cosiddetto "Decreto Calabria", per passare dal vetusto ed anacronistico inquadramento di studenti a quello di professionisti in formazione–lavoro, cui siano garantite tutele assistenziali, previdenziali e assicurative. Si tratta, in sostanza, di anticipare l’ingresso nel mondo del lavoro attraverso un vero contratto di lavoro dipendente, a tempo determinato e a scopo formativo, incardinato nel Contratto Collettivo Nazionale (CCNL) fin dal primo anno di formazione. Gli specializzandi hanno diritto a tutte le tutele dei lavoratori mentre oggi sono privi di diritti che da decenni rappresentano la spina dorsale del più elementare contratto di lavoro. Non si può, nel 2024, vedersi negate o ridimensionate tutele che, in un qualsiasi Paese industrializzato, rappresentano l’essenza di ogni inquadramento lavorativo. Occorrono regole chiare su tutto il territorio nazionale per ferie, malattie, orari di lavoro, riposi, congedi di paternità e maternità, congedi matrimoniali, congedi per lutti gravi, congedo per assistenza ad un parente con invalidità, congedo per malattia del figlio minore, congedo per sostenere concorsi pubblici, trasferimenti, ricongiungimenti familiari, periodi di formazione fuori rete formativa in Italia e all’Estero. Il percorso di specializzazione si articolerebbe, come in tutte le realtà europee, attraverso la acquisizione progressiva di autonomia professionale fino al conseguimento del titolo di specialista, affiancata ad una rigorosa e minuziosa certificazione delle competenze. 

Ma, occorre, anche, mutare il paradigma formativo, oggi polarizzato verso un insegnamento teorico, shiftando decisamente verso quell’insegnamento pratico che in medicina appare di importanza imprescindibile al fine di formare professionisti di qualità. Più in generale, poniamo la questione di un forte rinnovamento dei percorsi formativi, iniziando a ragionare su un modello che non può più essere quello tradizionale delle facoltà, insufficiente per logiche e dimensioni a far fronte alla continua espansione di una domanda a carattere eminentemente pratico. Una discussione sui luoghi della didattica medica deve prendere in considerazione nuovi contenitori ove la preparazione teorica sia immediatamente embricata nella attività pratica con un rapporto docente-discente diretto e capillare e le funzioni tutoriali sul campo accompagnino e completino le conoscenze teoriche acquisite in aula. Ciò presuppone una nuova organizzazione che riconosca il valore formativo del SSN, dove diplomare, insieme all’Università, i giovani specializzandi, lavoratori contrattualizzati e non più studenti.

Se ogni specializzando deve acquisire conoscenze e abilità manuali di progressiva complessità, è possibile garantirgli un percorso formativo adeguato mettendo in rete una serie di strutture ospedaliere all’interno di un bacino d’utenza circoscritto, organizzando la sua presenza sia in strutture ospedaliere con casistica meno complessa, sia in ospedali di più elevato livello operativo.

L’OSPEDALE DI INSEGNAMENTO 

Il concetto di Learning Hospital

Le attività professionalizzanti pratiche non possono continuare a essere svolte in poche aziende ospedaliere, per lo più universitarie, attualmente individuate non attraverso parametri standardizzati sulla qualità e quantità di prestazioni erogate ma attraverso la soggettiva e inappellabile decisione dei consigli delle oltre 1200 scuole di specializzazione. Esse devono invece essere svolte in ospedali di apprendimento, i cosiddetti Learning hospital, individuati dalle Regioni e dalle Province autonome, capaci di trasmettere competenze professionali insegnando il ‘saper fare’ e il ‘saper essere’ del medico di domani.

Attualmente, le 1200 scuole di specializzazione italiane sono parti di altrettante reti formative, individuate non attraverso un parametro standardizzato in base alla quantità e qualità dei volumi assistenziali annualmente erogati ma dal Consiglio della scuola, che troppe volte segue regole di amicizia e simpatia. Molti ospedali di grandi dimensioni, con diversi reparti di eccellenza, non sono inseriti in alcuna rete formativa perché non hanno nel loro organico nessun medico universitario, privando medici e sanitari in formazione della possibilità di frequentare dirigenti medici in grado di effettuare una formazione eccellente al pari dei loro colleghi che lavorano in aziende ospedaliere universitarie. Il concetto di Learning Hospital è da decenni realtà in pressoché tutti gli altri stati europei: in essi i futuri specialisti, attraverso una rotazione che non viene loro imposta ma decisa in maniera collegiale in base alle competenze acquisite, non sono "ancorati" in pochi reparti ma hanno l’opportunità di impreziosire il loro curriculum di esperienze in tutti gli ambiti relativi alla loro specializzazione, con tutor che sono dirigenti medici e sanitari con almeno 5 anni di anzianità che subiscono una rigorosa valutazione annuale e triennale. La rete formativa deve rispondere alle reali necessità formative del SSN e, quindi, il numero dei posti di specializzazione deve essere definito in base alle reali necessità del Paese e la durata dei corsi alla media europea e non in base alle esigenze interne delle Università, come spesso avviene.

L’attività didattica è una prerogativa del personale SSN riconosciuta dalla legge (Art. 6, comma 2, Dlgs 502/1992) ma non appare regolamentata, formalizzata, riconosciuta e soprattutto retribuita. Se per il personale universitario l’attività di ricerca, didattica e assistenza è indissolubilmente legata, non si vede il perché non possa essere così per gli ospedalieri, anche se in proporzioni diverse. Fin dal 1984, l’Anaao ritiene "che sia l’ospedale la naturale sede per realizzare i percorsi di specializzazione e di tirocinio propedeutico. Noi riteniamo che l’ospedale debba essere il fulcro specialistico del sistema sanitario, con un proficuo rapporto con la medicina di base e con i presidi territoriali di accesso, nel quadro di un equilibrato rapporto con l’università che non penalizzi la componente ospedaliera". Se questa impostazione fosse stata accolta "l’imparare facendo" avrebbe assunto un ruolo importante nel curriculum formativo del medico. Già la riforma ospedaliera del 1968 affermava che "gli ospedali contribuiscono alla formazione professionale del personale sanitario e tecnico", posizione ripresa dalla Legge 833 istitutiva del SSN. Successivi provvedimenti legislativi in tal senso sono stati, però, colpevolmente, disattesi.

TUTORAGGIO

Se il medico in formazione al primo anno di specialità è ancora privo di autonomia, dal secondo potrà effettuare attività di base e attività specialistiche, sempre tutorate, fino ad arrivare nella fase finale a compiere atti e procedure cliniche in prima persona, con un tutor sempre disponibile in caso di bisogno e necessità. In questo nuovo sistema formativo il tutor, non necessariamente un universitario ma anche un dirigente medico con almeno 5 anni di anzianità, rappresenta una figura fondamentale. Oggi, troppo spesso, il tutor è presente solo sulla carta, senza alcun potere decisionale sulla formazione del giovane medico, ostaggio del volere del Direttore della Scuola di Specializzazione. Nel quadro riformativo proposto il tutor sarebbe titolare di una specifica funzione formativa, retribuita con una apposita voce stipendiale e valutata dagli stessi specializzandi e dal Direttore di Struttura ogni 3 anni, con possibilità di revoca dell’incarico.

COMPETENZE CHIARE E CERTIFICATE TELEMATICAMENTE

Lo specializzando deve conoscere in maniera precisa e puntuale tutte le attività pratiche che deve apprendere durante il percorso di formazione che lo porterà a diventare specialista. Il D.lgs. 402 / 2017 descrive le attività pratiche – professionalizzanti che ogni specializzando deve compiere ma, in troppe realtà universitarie, questo piano formativo resta solo su carta. Spesso lo specializzando è utilizzato come tappabuchi nei reparti delle Aziende Ospedaliere Universitarie, costretto a svolgere attività demansionanti e ripetitive, con la nefasta conseguenza di avere medici e sanitari in burnout che si dimettono dalla loro scuola di specializzazione per riprovare l’annuale concorso o, peggio ancora, per emigrare con ingente perdita economica dell’investimento formativo. Occorre un percorso formativo in cui lo specializzando periodicamente autocertifica le attività svolte mediante un libretto nazionale standardizzato e certificato dai tutor ospedalieri di riferimento, con automatico passaggio d’anno di corso al conseguimento di determinati cut-off e standard, fino allo svolgimento di tutte le attività previste dalla normativa. Una riforma strutturale deve prevedere anche il passaggio della gestione e certificazione della formazione specialistica pratica dal Ministero dell’Università e della Ricerca al Ministero della Salute, con rilascio del titolo da parte delle Università le quali continuerebbero ad offrire la formazione teorica partecipando al capillare controllo della qualità della formazione pratica erogata. L’iter formativo deve prevedere anche la possibilità di formazione all’estero, con una borsa di studio ad hoc della durata massima di 12 mesi, prolungabile, a scelta del medico, fino a 18 mesi, in regime di aspettativa. Inoltre, nel primo biennio, dovrà essere obbligatoria una formazione sulle urgenze emergenze attraverso tirocini nei PS e corsi di Bls-d, ALS e PTC

FORMAZIONE TEORICA CONTINUA

Uno specialista in ambito medico e sanitario non può non avere una formazione teorica di qualità, in un mondo in cui l’intelligenza artificiale sta iniziando a svolgere un ruolo di comprimaria importanza richiedendo che i processi vengano gestiti e non subiti. L’esperienza della pandemia COVID ha dimostrato che la formazione teorica a distanza rappresenta un plus di non poca importanza. Pertanto il medico e sanitario in formazione–lavoro deve partecipare alle lezioni teoriche dall’interno del Learning hospital il più possibile in modalità telematica, sotto l’egida della scuola di specializzazione alla quale paga le annuali tasse, senza alcuna votazione di fine corso o passaggio anno ma con la dicotomica valutazione certificato – non certificato.

RETRIBUZIONE CRESCENTE IN BASE ALLE COMPETENZE ACQUISITE

Il medico e sanitario in formazione specialistica non può continuare a percepire una retribuzione di entità così ridotta e mai indicizzata all’inflazione. Occorre prevedere un sistema retributivo crescente, in cui gli specializzandi del primo anno ricevano una retribuzione base (ps. uguale a quella attuale) con incremento dopo ogni passaggio d’anno fino ad arrivare, all’ultimo anno, a un livello di poco inferiore a quella del dirigente medico specialista del SSN. Mantenendo la possibilità di svolgere durante il suo percorso tutte quelle attività correlate con la sua specializzazione, anche per eradicare il fenomeno dei gettonisti che, da recenti analisi della Corte dei Conti, è costato negli ultimi anni 1,7 miliardi di euro.

CERTIFICAZIONE DELLE COMPETENZE MINUZIOSA E IN TEMPO REALE

Attualmente, la verifica delle qualità formativa spetta all’Osservatorio Nazionale della Formazione medico specialistica e alla rete regionale degli Osservatori Regionali. Tale sistema presenta numerose criticità: l’osservatorio Nazionale è composto da rappresentanti del mondo universitario in maggioranza assoluta, con solo 3 rappresentanti degli specializzandi sui 15 componenti, con la totale assenza di rappresentanti delle migliaia di tutor, anche ospedalieri. Inoltre, molti Osservatori regionali risultano non attivati da anni e l’Osservatorio Nazionale non è insediato da settembre 2023, con pressoché inesistente valutazione della qualità formativa delle scuole di specializzazione attraverso gli annuali accreditamenti e le rarissime site visits, in caso di evidenti problematiche e criticità. In tale contesto, gli oltre 60.000 specializzandi medici e sanitari non hanno un riferimento nazionale e/o ministeriale cui segnalare le criticità di qualsiasi livello: estremizzando, è come se un capoluogo di provincia di media grandezza non abbia una caserma in cui i cittadini possano andare a denunciare illeciti di qualunque natura. Serve un Osservatorio Nazionale come organismo dotato di finanziamento proprio, composto da tutti gli attori della formazione medica (Universitari, specializzandi, Tutor ospedalieri), con certificatori terzi che attraverso un libretto formativo elettronico nazionale verifichino in real time le attività formative svolte dagli specializzandi e l’insegnamento teorico e pratico svolto dai Professori Universitari e dai Tutor Ospedalieri. Infine, occorre un portale nazionale in cui ogni specializzando, attraverso credenziali criptate fornitegli ad inizio percorso, al fine di garantirgli la certificazione con relativo anonimato, possa segnalare criticità e problematiche cui deve obbligatoriamente seguire una risposta.

CONCLUSIONI

La formazione medica post-laurea è diventata una vera emergenza nazionale che richiede capacità di reclutare le intelligenze professionali, di tutti i livelli e di tutte le appartenenze, nella trasparenza degli obiettivi, delle strategie, della gestione, della capacità di darsi le regole e di farle rispettare. Senza un serio confronto che coinvolga tutti gli attori interessati al futuro del sistema sanitario e di quello formativo, e preveda un ripensamento delle attuali politiche, nazionali e regionali, si pongono solo le condizioni per la prevaricazione autoreferenziale.

L’Anaao Assomed rifiuta la teoria del "destino manifesto" che condanna i medici ospedalieri a cedere spazi e competenze alle Università per rifugiarsi nella riserva di un SSN povero e per i poveri, lasciando ad altri le magnifiche e progressive sorti della formazione e della didattica e della assistenza nei settori ad alta specializzazione. Con la forza della ragione continueremo a contrastare le ragioni della forza, per meglio rispondere all’interesse dei cittadini e alla valorizzazione delle professionalità che operano all’interno del Ssn.

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